Come già evidenziato, i Perigeo è un gruppo Jazz-Rock alquanto raffinato, non di rado atmosferico, a volte addirittura un po’ onirico; quindi parecchio meno aggressivo, provocatorio e virato sulla velocità e virtuosismi dei colleghi Area.
Azimut è interamente composto da Tommaso, coadiuvato da Franco D’andrea (tastiere), Tony Sidney (chitarra), Claudio Fasoli (sax) e Bruno Biriaco (batteria e percussioni).
Seppur ancora un po’ acerbo, è il trampolino verso i tre dischi successivi (Abbiamo Tutti Un Blues Da Piangere, Genealogia e La Valle Dei Templi), che saranno splendenti stelle per la musica strumentale italiana.
Posto di non so dove, Grandangolo, Aspettando il nuovo giorno, Azimut, Un respiro, 36º parallelo.
Questi i brani, tutti e sei di buona qualità compositiva e solistica, con policrome zone e soluzioni musicali, che vanno da cantati ieratici a roventi improvvisazioni su impulsivi, minimi, riff.
I temi sono anch’essi piuttosto brevi e semplici; le armonie e i ritmi seguono quest’impostazione lineare di base, non ci sono grandi sinuosità, se non negli efficaci soli di D’Andrea e Fasoli, che stilisticamente discendono dalla grande lezione coltraniana e mccoytyneriana.
Tuttavia, un po’ come per contrappeso, c’è qualche sprazzo free, quasi rumoristico (finali di Grandangolo e 36º parallelo; non dissimile come formula strategica al disco d’esordio dei King Crimson).
Il brano che dà il titolo all’album, Azimut, si eleva un po’ rispetto agli altri, col suo ampio intro, coi suoi temi, distribuiti tra i vari strumenti. elementari e pentatonici, ma nell’insieme più articolati e ariosi.
Insieme con il suggello del bel solo di pianoforte, basato prevalentemente su cellule di scale pentatoniche traslate nell’ambito armonico, per conseguire particolari traiettorie tensivo-risolutive (molto validi pure i soli in Posto di non so dove e di piano elettrico filtrato in Grandangolo).
Ma c’è ancora una piccola perla del disco, un po’ dimenticata, è Aspettando il nuovo giorno; avviciniamo anch’essa per riscoprirla.
A 1’28, con un riff di Tommaso in SOL, ancora basato sugli armonici, il brano prende corpo, con Biriaco che accompagna sui piatti del charleston.
Segue un’amplissima arcata melodica chitarra elettrica-sax (soprano) all’unisono in SOL minore (di quasi un minuto), ma strutturata con intervalli più moderni, con un largo uso di quelli di quarta e quinta; poi si trasla in FA per due sole misure. Di seguito la ripetizione del tema, fino al rapido dissolvimento terminale in una piccola nebulosa sonica.
L’estetica e la poetica di questo brano di nemmeno quattro minuti è notevole, contenuti e forma (Intro- A -A -Coda), senza alcun solo, stanno ancora qui a generare bellezza e insegnamento dopo oltre mezzo secolo. C’è ancora molto da ascoltare e imparare.
E ancora grazie.