Ciò perché, seppur il precedente Genealogia è il loro apogeo creativo, questo è quello più esplicativo nel senso di jazzisti che “guardano” al Rock; La Valle Dei Templi è il loro disco più vario in quanto ad assetto strutturale e di apporti compositivi dei vari musicisti.
Dunque l’abile e arguto leader Giovanni Tommaso ha ulteriormente incoraggiato (a sua volta spronato dal crescente successo della band) la partecipazione di D’Andrea, Fasoli, Sidney e Biriaco nella “scrittura” del disco (con il primo pezzo scritto in collettivo), e condotto con perizia il tutto giungendo a realizzare un’opera più prismatica delle altre e allo stesso tempo mantenendo una peculiare organicità.
Tra i fattori di tale omogeneità di fondo sono l’ospite Tony Esposito alle percussioni e l’uso del sinth (suonato, oltre che dal leader, anche da Franco D’Andrea). Percussioni e sintetizzatore sono discreti e pervasivi sia nelle parti sia nel missaggio: raffinatamente efficaci per la connotazione del suono complessivo dell’opera; quasi non si notano, ma se si togliessero si sentirebbe parecchio la loro mancanza.
Tamale (Tommaso)
Un brano (di velocità medio-alta) che a tutta prima potrebbe essere di un gruppo rock con venature funky, basato su un banale riff doppiato con bicordi di chitarra distorta e sincopi ritmiche di accompagnamento. Però il regale incipit con l’articolato tema doppiato col sax all’unisono e il solo di piano elettrico fanno sospettare un’origine meno popular…
Si continua su un simile registro popular, tuttavia c’è la loro collaudata frattura in due: dopo un’entrata solenne, con tanto di gong, scansione quasi sacrale in unisono del gruppo, si stacca una rapida e sincopata sequenza di pianoforte doppiata e sostenuta da altri strumenti che fa da sfondo a uno ieratico Tommaso che col contrabbasso con l’archetto e la voce intona una semplice ma evocativa melodia.
Dissolvenza... a 2’35” si giustappone la seconda parte del pezzo incentrata su una vivace quanto consumata progressione discendente di 4 accordi di piano elettrico con l’incalzante coppia basso-batteria a sostegno su cui si staglia un brioso tema in unisono chitarra elettrica-sax che poi si sviluppa.
Prosegue Sidney con un bell’assolo che aumenta il tasso rock del pezzo.
È un rapido e breve brano terzinato in cui protagonisti sono piano elettrico, basso e batteria ed è basato su un cantabile tema tripartito (elettrica + soprano distribuito su 11 battute di cui l’ultima è di 3/4) e uno spazio di 4 battute su un unico accordo in cui si distende il piano elettrico.
Qui il Rock ci entra poco, non tanto per il linguaggio della melodia o il ritmo in sé (non c’è alcuno swing, walkin’ e affabulazioni di scale) ma per l’abilità di questi di suonare estemporaneamente le parti previste con variazioni e varianti, pressoché in modo continuo e uno contemporaneamente all’altro, che per quanto minime siano fanno la grande differenza con gli altri generi. Basterebbero gli interventi dell’ottimo Biriaco…
E di là del gran solo di D’Andrea (inusitato per un rocker), l’agilità esecutiva e la fantasia nelle improvvisazioni delle parti assegnate rendono questo brano una piccola gemma, paradigmatica per comprendere il fenomeno delle fusioni tra generi.
Specie di mini suite che riassume parecchio dei primi due pezzi, ampliando. Apre in modo suggestivo con una lunga introduzione senza scansione di tempo (una caratteristica del Perigeo), arpeggio di chitarra e sax che espone liricamente note che si immergono in pacifiche ondate di suoni (il basso in assolvenza di volume, molto efficace)… pausa. Serrato riff di basso con una suddivisione del 5/4 che lo rende particolarmente fluido (tutto il pezzo è in questo metro), accordi in controtempo (bravissimo Sidney), segue in sovrapposizione la melodia (solita accoppiata chitarra+sax) che è uno sviluppo del riff.
A 2’02” nuova sezione (che dà un po’ di respiro) con il basso protagonista. Di seguito c’è la ripresa della sezione introduttiva che sfocia in una nuova sezione con un intrigante obbligato in unisono basso+piano elettrico che conduce alla ripresa del riff con susseguente assolo, come il solito molto efficace, di Sidney (con D’Andrea che contrappunta accordalmente in modo magistrale).
Qui più che in altri brani si apprezza il lavorio in congiunzione delle percussioni e del sinth.
Breve pezzo di due minuti, col pianoforte (Biriaco) è tracciato un tema riflessivo, non patetico, anzi…
Dopo un minuto via il pianoforte, intervengono piano elettrico e basso (che contrappunta finemente e sovente in registro alto) col sinth protagonista per un quieto dialogo nel quale ripresenta la melodia del pianoforte, in uno scenario caldo e raffinato.
Stranamente senza alcun preambolo il rapido incedere di un reiterato motivo ascendente cromatico, doppiato basso+chitarra col piano elettrico di tessitura, segue il sax che armonizza; batteria e percussioni serrano i ranghi di un tempo aguzzo di 11/4 + 11/4 + 15/4. Tutto alquanto thrilling.
Altre tre sezioni si avvicendano (in 4/4) mantenendo un po’ di tensione (la terza è quella più distesa), con incisivi interventi solistici del soprano di Fasoli interpolati da Sidney; emergono efficacemente anche Esposito nella prima sezione e D’Andrea nella seconda (nella terza c’è un sinth un po’ da Luna Park).
L’intera struttura si ripete per poi andare a conclusione.
Un minuto per una bruciante frase di tutti con linguaggio bebop di una misura in tempo medio-veloce, nota lunga ribattuta per 4 misure mentre la ritmica si “distende”; ripetizione. Pausa, due misure e si innesta una strana marcetta in 3/4 con un motivo di 4 misure, esposto da Sidney e un “timido” Fasoli, e ripetuto.
Ancora frase unisono, fine.
Di grande atmosfera, principia col basso, poi via via si connettono rapidamente tutti gli altri, fino a quando appare un rapido pulsare sul piatto risonante…
E prende corpo un segmento musicale piuttosto ansiogeno e sospeso, di sole due note (chitarra+sax) al proscenio (cui la seconda tenuta e trillata per oltre 15/4), con gli altri che le girano intorno, per quasi due minuti così… Termina in dissolvenza con la strenua pulsazione del piatto.
Il titolo lo preconizza, un raffinato brano “parente” di Looping il cui nucleo di pochissime note e accordi è ribadito continuamente, con qualche variante…
Inizia col pianoforte (tempo medio-veloce) che anticipa due parti che saranno elementi modulari del nucleo principale del pezzo (due sezioni delle tre). La coda in 11/8 della prima sezione costituita di tre misure (in 4/4) esposte tre volte, e l'intera seconda di sei misure (che si ripresenterà a 1'00").
Tutto è giocato, oltre a questa particolarità strutturale, sui cambi armonici che offrono all’ostinato melodico un sapore sempre differente (menzione particolare per il raffinato contrappunto di Tommaso).
A 1'14"si giunge alla terza sezione, ed è una area diversa, piglio risoluto, molto cinetico, per poi riatterrare.
Si sovrappone il soprano di Fasoli, sussegue a 2’18” il solo di pianoforte, ripresa tema, conclusione.
È uno dei brani più peculiari dell’intero catalogo dei Perigeo (in assoluto espressione rara nel Rock figuriamoci nel Jazz): elementare, atmosferico, onirico, generato da timbri e solo tre note. Effetti, voci e strumenti filtrati (anche sinth, lastre metalliche, gong e quant’altro) che si accumulano sovrapponendosi; creano un ambiente inquietante, una sensazione di incombente pericolo.
La lenta ma incessante reiterazione di tre note iniziate da Fasoli, come di un atavico richiamo e riprese a canone dagli altri, inesorabili echi sommersi ciclicamente da ondate di suoni senza tempo, produce una graduale e perpetua oscillazione, di senso di attesa e stasi; come di un ponte instabile su un precipizio… Dopo circa due minuti e mezzo lo scenario cambia un poco, le tre note (con un lancio ascendente di quattro aggiunte) vengono esposte a tempo medio e inizia un basilare ritmo di batteria, la strutturazione è appena asimmetrica: si alternano due moduli metrico-melodici, 16/4 e 15/4.
Al quarto minuto improvvisamente cessa il martellamento, ma non l’ossessivo, lento, richiamo; riprende come da principio, andando verso la fine.
Il disco si conclude, dopo quella sorta di gara (iniziata con Alba Di Un Mondo) a chi realizzava un brano con meno note e che ha materializzato un apice di tensione con lo straordinario 2000 E Due Notti, con un pacato pezzo che inizia con una lunga introduzione di chitarra classica. Pausa…. si riprende con un arpeggio di Sidney e liriche note di soprano. Poi si aggiunge il sinth, seguono un leggero ma serrato ritmo percussivo, il pianoforte e un riff di basso d’ispirazione afro-latina con reminiscenze coltraniane.
Una voce doppia il tema e lo contrappunta, accennate percussioni; continua con un assolo di pianoforte su cui, in dissolvenza, termina il brano.