Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Jimmy Page, chitarrista arcobaleno

18/1/2016

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Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra
​
Jimmy Page, ben più dell’eroe elettrico tutto assoli e gesti eclatanti. Ha suonato tutto quello che somigliava a una chitarra, pure alla lontana, e con tutto quello che le mani potevano impiegare (plettri, bottleneck, archetti). Ha pure suonato l’aria!
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La chitarra elettrica (solista) ha avuto dei padri fondatori, e li troviamo senz'altro nel Jazz a cominciare da Charlie Christian a cavallo tra i ’30 e i ’40 del secolo scorso.
Ma è con il R&R, Blues ecc. che si hanno le prime specializzazioni, con uno sfruttamento un po’ più intenso delle possibilità che l’elettrica offriva in termini di una differente articolazione (in pratica con note più legate e sostenute) insieme con impatto sonico più incisivo; ciò a cavallo tra i ’50 e i ’60 con i protagonisti dell’epoca (T. Bone Walker, C. Berry, S. Moore ecc.). Ulteriormente nei ’60 con i tre King (soprattutto Freddie). In seguito, dopo che si era da poco affacciato alla ribalta, e alla grande Eric Clapton, è atterrato Hendrix…
Jimmy Page è nato, cresciuto e cominciato a prosperare in questo crogiolo di incandescenti amplificatori e altoparlanti quasi fatti esplodere di energia dalle vibrazioni delle corde di metallo tirate e percosse allo spasimo e trasmesse dai corpi pieni delle chitarre che, vibrando così, stavano solidificando sempre più e duramente un genere e uno stile di Rock che fece epoca, e i suoi echi ancora sentiamo forti e chiari.
Hendrix e Beck chi per un motivo chi per un altro erano casi a parte, sfuggenti... Il primo per il tantissimo che aveva riversato risultando una specie di marziano stordente, il secondo per il suo stile flashing poco incline al fraseggio e alla costruzione; pure dei brani. Clapton e Blackmore quasi antitesi della chitarra elettrica, il primo legatissimo al blues, il secondo pochissimo.
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Jimmy Page è stato un chitarrista che ha aperto un ampissimo varco alle possibilità d’impiego della chitarra

Dunque Page è un chitarrista che è stato sempre un punto di fusione tra questi in termini stilistici, ma con in più una predisposizione al lavoro compatto di gruppo, in studio di registrazione, al servizio di un progetto musicale per il quale è sempre stato molto dedito, assumendosi sempre la responsabilità di essere timoniere e capitano della nave volante. I Led Zeppelin sono una sua creatura che ha allevato con esiti che moltissimi conoscono. È dopo l’importante esperienza degli Yardibirds che Page ha avuto in mente l’idea di fare una sua band nella quale riversare ed esprimere la sua giovanile e vigorosa creatività, quando ci riuscì si distinse anche da tutti quelli citati prima che erano i grandi maestri della chitarra elettrica: la sua musica di gruppo gli ha permesso di fare delle cose che quegli altri non avevano fatto e né avrebbero compiuto in seguito.
Lui il chitarrista arcobaleno dalle mille sfumature di colori, tessitore di sontuose trame sonore con molte parti che si sovrappongono armonizzandosi.
Uno dei tratti distintivi di Page è che lui ha usato qualsiasi cosa per ottenere i paesaggi musicali che aveva in mente, e questo a cominciare dalla chitarra finanche a effetti negli studi di registrazione, effetti reverse, echi e riverberi usati in modo particolare e slide (You Shook Me). Perciò sin da subito ha usato la chitarra acustica (Babe I’m Gonna Leave You), anche quella 12 corde (Gallows Pole), quegli altri no. E fu una differenza non da poco… ​
Poi archetto violino (Dazed and Confused), che aveva già usato con gli Yardibirds, e in Whole Lotta Love compendio di tutta una serie di strumenti e accessori (slide ecc.) compreso il Theremin! Accordature alternative (Black Mountain Side, Friends), il banjo (Gallows Pole), pedal steel e dulcimer (That’s The Way).
Insomma al netto dei poderosi riff e gli interventi a note singole dell’elettrica e i suoi bellissimi assoli disseminati in tutta la discografia dei LZ, Jimmy Page è stato un chitarrista che ha aperto un ampissimo varco alle possibilità d’impiego di questo strumento al servizio della musica.
Menzione particolare per il live del ’73 The Song Remains The Same, nel quale troviamo Page con assoli e performance al top, e con un arrangiamento per chitarra del brano The Rain Song (nell'originale ce n’erano principalmente due che facevano differenti parti, una acustica e una elettrica) in termini di inventiva e tecnica semplicemente stupefacente: uno zenith per la chitarra rock che nessun altro ha mai raggiunto.
Page di là dei LZ non ha collaborato con nessuno, ovviamente per sua precisa scelta. Dopo i primi due clamorosi dischi LZ del ’69, il terzo principalmente acustico; il IV compendio dei primi tre, e Houses Of The Holy apice delle sperimentazioni chitarristiche e musicali. Da qui comincia la parabola discendente, che però ha riservato qualche grande colpo di coda, in testa i brani Kashmir e Achilles Last Stand, poi, dalla fine dei LZ, dagli ’80, in sostanza poco o nulla. Ma quel che ha ci lasciato in eredità è una enorme miniera che ancora è da scoprire interamente, in fondo pochi dischi, ma pregiatissimi.

Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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