Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Musiche indiane e arabe, sono poi così lontane dalla nostra?

15/9/2022

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Seppur la stragrande maggioranza di noi occidentali sia ben felice del proprio patrimonio musicale, quale che sia il genere, Classica, Pop, Jazz, Rock, Funk ecc., questa stessa maggioranza conosce le peculiarità delle musiche indiane e arabe, ossia di essere esclusivamente ritmiche e melodiche (non hanno accordi).
Per contrappeso, oltre alla sofisticatezza ritmica, hanno un ancor più sofisticato sistema per melodizzare.
​Lo abbiamo intuito tutti.
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Affronteremo, seppur in modo sommario, questo argomento perché, oltre a essere parecchio sconosciuto, quel poco che si sa è anche alquanto scorretto; ma soprattutto perché è molto più legato alla nostra musica di quanto si creda.
Da oltre trecento anni il nostro sistema musicale si basa sulla divisione equalizzata (temperata) dello spazio musicale detto di ottava (per esempio da Do a Do) in 12 semitoni: questa divisone progressiva delle altezze è chiamata scala Cromatica. La scala generale.
Da questa sono estratte le scale cosiddette diatoniche (Maggiore, Minore, Dorica ecc.), e altre come la scala Pentatonica, Diminuita, Esatonale ecc.
Dunque le note “giuste” sono precisamente determinate, come per alcuni strumenti tipo l’organo, il pianoforte, il vibrafono e così via; in parte anche per gli strumenti tipo la chitarra. Gli archi, come il violino, il contrabbasso ecc., no. Va da sé che negli strumenti a fiato, pur avendo sistemi che permettono di scegliere le altezze, l’intonazione dipende dall’emissione energetica con l’apparato fonatorio; un po’ come per chi canta.
Nel sistema indiano lo spazio di ottava è diviso in 22 intervalli, e 24 in quello arabo “moderno”; dunque le loro “scale cromatiche” prevedono differenziazioni di altezze (note) ben più sottili delle nostre. 

Tuttavia, ci sono cose che coincidono con le nostre: le loro scale sono eptatoniche, cioè come le nostre diatoniche lo spazio di ottava è divisa in 7 intervalli (8 note).
Però, al netto che sono basate non sul temperamento equabile ma su una divisione simile a quella adottata da Gioseffo Zarlino circa mezzo millennio fa (detta Naturale* o di giusta intonazione) pure essa di 22 intervalli frequenziali (quindi d'intonazioni leggermente difformi dalla nostra odierna), tutte le note in più che hanno le scale indiane e arabe non sono escluse, ma incluse tra le note principali della scala eptatonica.
In altre parole, è come se tra il nostro Do e Re oltre al Do# (chiamato anche Reb) ce ne fosse un’altra o due, e tutte queste (tra Do e Re) possano esser suonate (e non come da noi vietate, o quasi, dal post Sei-Settecento), non sono “fuori tonalità”, ma dentro. Comunemente si dice siano quarti di tono (metà dei semitoni), ma per vari motivi non è così, è un’approssimazione.
Quindi ecco che i sistemi indiano e arabo (e in generale quello medio orientale) permettono molte più intonazioni melodiche, inflessioni più o meno rapide che noi chiamiamo anche melismi o ornamenti.
Giova rammentare che la scala occidentale più antica è di origine greca, quindi un po’ dell’est, ed è denominata Pitagorica, e divide lo spazio di ottava in 21 intervalli frequenziali.
Dunque sia la Pitagorica sia la Zarliniana (mutuata da Tolomeo, altro greco del II secolo), hanno parecchio in comune con le indiane e le arabe.
I melismi dei bizantini dell’Anatolia del primissimo (e successivo) Medioevo** che quindi erano dell’Impero Romano d’Oriente, sono stati assimilati nei primi canti occidentali, poi a mano a mano resi meno “bizantini”, infatti, il canto gregoriano è più lineare, meno mobile del precedente ambrosiano sulle singole note.
Riassumendo, la scala Pitagorica è divisa in 21 intervalli, la Zarliniana in 22, il sistema indiano in 22, quello arabo in 24.
La Pitagorica è l’unica che, similarmente alla nostra Cromatica, tra Mi e Fa e Si e Do non ha alcun intervallo; ne ha 3 sia tra il Fa e il Sol sia tra il La e il Si, 2 per le restanti note.
La Zarliniana ha 2 intervalli tra tutte e 7 le note, per esempio tra Do e Re ci sono distintamente il Do# e il Reb, come tra Mi e Fa ci sono distintamente Mi# e Fab; infatti nella nostra musica pre Sei-Settecento si distinguevano queste note, intonandole.
In alcuni casi, per esempio per il grande Georg Friedrich Händel (1685-1759), sono stati costruiti strumenti a tastiera con molti più tasti per riuscire a intonarle anche con questa tipologia di strumenti.
Direttamente ne discende che il nostro odierno sentire intonate o stonate le note è alquanto relativo, abbiamo un’esperienza e quindi una sensibilità piuttosto ridotte***.
​
Altresì nel Novecento si è ampiamente diffuso in Occidente l’afroamericano Blues (e il Jazz): tra le principali caratteristiche ha non solo fraseggi che prevedono vari glissati tra le note temperate, ma zone d’intonazioni variabili (micro-inflessioni di altezze) che coincidono con le scale suddette. Come d’altronde le alterazioni d’intonazione mediante micro intervalli e glissati della Classica contemporanea, trascendendo il sistema temperato.
​
Insomma, senza arrivare allo smodato uso odierno dell’auto tune nella trap e dintorni (ma in fondo perché no), i punti di contatto tra la nostra musica, a partire da quell’arcaica fino al Sei-Settecento, per poi (in maniera differente) riprendere nel Novecento, e quelle di altri continenti e culture, sono significativi.

* L’aggettivo naturale deriva dal corretto concetto che i suoni generati dai rapporti (più semplici) tra numeri interi sono i più armonici ossia i più consonanti; non dagli armonici ossia quelle note addizionali che si sviluppano insieme con la fondamentale, che ancora si dovevano scoprire.

** I turchi hanno un sistema diviso in 24 intervalli, e si presume sia stato influenzato da quello arabo, per vicinanza geografica e connessioni storiche. D’altra parte in Spagna ancora oggi si sente l’influenza araba.
 
*** Il pianoforte, che è considerato il re degli strumenti cui peraltro comunemente ci si riferisce per intonarsi, è uno strumento complessivamente già all’origine stonato, sia rispetto al temperamento equabile sia al sistema pitagorico e zarliniano: per cause strutturali la sua accordatura è frutto di vari compromessi in tal senso.
 

Per approfondire gli argomenti:
Roberto Perinu : La musica indiana. I fondamenti teorici e le pratiche vocali e strumentali attraverso i tempi (Zanibon)
Pietro Righini: La musica araba nell'ambiente, nella storia e le sue basi tecniche (Zanibon)
Pietro Righini: Le Scale Musicali (Zanibon)
Stuart Isacoff: Temperamento (EDT)
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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