Una singola parte di un qualcosa deve inserirsi coerentemente in un più ampio alveo per poi costituire una totalità, altrimenti è “lettera morta”; è fine a se stessa, infecondo seme.
Accordare le differenti porzioni di un insieme, trovando un rapporto, in questo consiste l’armonia.
Dunque, che sia del micro o del macro (singola parte o un tutto), quando si parla di coerenza (e quindi dell’eventuale suo contrario con le gradazioni tra le due possibilità) che s’intende?
È il bilanciamento compositivo tra varie forze opposte, il governare le differenze di potenziali tra di esse in modo tale da compensarsi fra loro, questo fornisce coerenza.
Filosofia, architettura, poesia, cosmologia, insomma, scienza ed estetica si saldano, e tradizionalmente la tetractys pitagorica (nella prima figura il piramidale 1-2-3-4 col sommatorio numero perfetto 10), gli sviluppi di Platone e la divina proporzione, il numero aureo di Luca Pacioli (Vitruvio, Leonardo e Keplero tra i più noti applicatori, nella seconda figura l'espansione geometrica con la spirale aurea), sono i riferimenti più conosciuti per generare l’armonia, governando forze diverse in qualche misura antagoniste: fusione concorde del molteplice discorde.
Dall’armonia musicale pitagorica generata dalla divisione proporzionale di una corda vibrante, producendo così i fondamentali rapporti di ottava (2:1), quinta (3:2) e quarta (4:3), si è quindi giunti non solo alla relazione tra note simultanee sia di differenti linee melodiche (polifonia) sia di agglomerati sonori (accordi pure con le loro concatenazioni) e di ritmi, ma anche a una proiezione pressoché totale di concetto di armonia più o meno intrinseche di forme, della loro peculiare regolarità basate su complesse simmetrie. E dalla loro comprensione, che siano percepibili mediante sensazioni quasi subliminali che siano intelligibili mediante attuazione della pura ragione (e l’insieme delle due), si è giunti a concetti di bellezze più o meno estrinseche.
Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace?