LZ III ha una sua sofisticata ruvidità, questa peculiarità è fornita da alcuni elementi musicali differenti dai canoni rock (che loro stessi con i primi due dischi avevano contribuito a stabilire e stabilizzare), ma suonati con la consueta spontaneità. A volte i brani acustici sono suonati molto aggressivamente, quelli elettrici con finezza.
Più acustico e folk, meno blues, meno assoli infuocati di chitarra elettrica, più aperto e allo stesso tempo più omogeneo; meno prevedibile. Strumenti non consueti come il dulcimer, banjo e pedal steel, tante accordature aperte, tutto ha contribuito ad aumentare il volume espressivo del gruppo.
LZ III è un disco semplice e complesso allo stesso tempo, che non si basa sull’energia e bravura dei singoli che, a cominciare da Plant per finire a Bonham, è diventata quasi proverbiale; non si basa sull’impatto della elettrica distorta… Si basa su un collettivo che ha mirato, mediante un’indagine delle proprie origini britanniche (episodicamente anche quelle più esotiche), a realizzare un’opera che avesse la coesione di una moderna classicità del Rock; fatta per durare.
LZ III è semplice come materiale musicale, complesso come soluzioni nel presentarlo, dunque comporlo ed eseguirlo. Nuove dimensioni del Blues, del Folk e del Rock duro e pesante. Unico.
Jimmy Page è uno dei protagonisti del mio libro Eroi Elettrici - I grandi solisti della chitarra