E Sgt Pepper è una stupenda messa in opera di queste sinergie: scrittura di brani con il predominante processo realizzativo in studio e un modo decisamente più organico di innestare altri strumentisti, soprattutto coagulati in sezioni orchestrali (compresi alcuni musicisti indiani).
Il disco, primariamente pianificato da McCartney, è costituito da 13 brani, alcuni legati tra loro; per paradosso i più notevoli dal punto di vista musicale sono quello esotico indianeggiante di George Harrison, Within You Without You, punto di arrivo della sua ricerca etnica (realizzato solo da Harrison e musicisti esterni), e quello prevalentemente scritto da John Lennon, A Day in the Life.
Appresso a quelle due, a livello qualitativo, c’è l’ottima ballata (espressivamente un po’ patetica) She's Leaving Home, non suonata dai Beatles e solo cantata da McCartney (e Lennon) con strumentisti esterni (archi ecc.); si distingue anche il frizzante pezzo Getting Better, questa volta suonato solo dai Beatles (con Martin per qualche nota di pianoforte), con le chitarre in bell’evidenza magistralmente contrappuntate da basso e batteria. Un ottimo contrappeso in termini timbrici e di mood.
Per quanto Sgt Pepper sia stato celebrato ed elevato tra i capolavori dei Beatles, e quindi del Rock tutto, va rilevato che, a livello musicale, i brani che compongono quest’opera non sono superiori ad altri loro, anche raffrontandoli semplicemente a quelli del disco precedente (Revolver) e successivo, alquanto sottovalutato, The Magical Mistery Tour. E considerato l’apprezzamento generale e l’enorme popolarità - anche in termini di copie vendute - dell’album, è da notare che poco sia stato ripreso da esso in termini di cover (le più diffuse sono quelle di With a Little Help from My Friends e Lucy in the Sky with Diamonds).