Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Modulazione di tonalità tra storia e generi musicali

27/9/2022

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Nei generi musicali tra le discriminanti più importanti vi è la cosiddetta modulazione*.
In un brano la modulazione è il cambiamento di tonalità, ossia la variazione della scala basamento della melodia e armonia correlate.
Può essere temporanea o permanente, cioè si può modulare ulteriormente andando a un’altra tonalità o ritornare a quella di partenza (o rimanere fino al termine del brano a quella raggiunta), per esempio da LA maggiore a MI maggiore e poi a SI minore o tornare a LA maggiore (o rimanere in MI maggiore).
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Si può raggiungere la nuova tonalità molto rapidamente o molto lentamente, può durare molto poco o molto a lungo.
Può essere “morbida” o “dura” ovvero si può andare da una tonalità a un’altra avente molte note in comune oppure molto poche (aggiuntivo gradiente di morbidezza e durezza è dato dalla lentezza o meno con cui si realizza la modulazione).
Altresì ci sono modulazioni raffinate ossia con sofisticati percorsi interpolativi di note, e quella rozza cioè la traslazione pari pari dell’impianto armonico (usata prevalentemente nel Pop, spesso ascendente per intensificare l’impatto emotivo, per esempio Sunny di Bobby Hebb (1966) ** 
Dunque è facile reputare che la modulazione è per i compositori una notevole risorsa strategica per ottenere più varianti e colorazioni melodiche e armoniche rispetto a una unica scala matrice.
Nel Medioevo, e per parecchi secoli a seguire, nella nostra musica Classica le modulazioni erano poche, lente e morbide. Progressivamente aumentarono in tutti questi fattori.
​
Una transizione importante ci fu nell’Ottocento, Wagner in primis, per giungere a cavallo col Novecento a un’accelerazione delle modulazioni e rapidamente a successive estremizzazioni, anche perché parallelamente ci fu la rivoluzione dodecafonico-seriale per opera di Arnold Schoenberg (cui ciò non è nemmeno contemplato), pertanto fornendo sensibilità e intellettualità fino allora inusitate e impensabili.
Contemporaneamente, nel primo Novecento, ci fu lo sviluppo del Jazz e del Blues, e da circa metà secolo in poi, dei loro derivati ancor più facili e ballerecci e quindi popolari del Rock'n'Roll, Rhythm and blues/Soul, Rock e via via fino all’odierna musica.
Una sostanziale differenziazione tra il Jazz e il Blues è proprio data dalle modulazioni e già in nuce (poi sempre di più, divaricando così maggiormente i due generi): nel Blues sono in pratica assenti mentre nel Jazz sono presenti, e aumentano molto nel corso dei decenni sia in quantità sia in qualità. Tra i più noti brani c’è Giant Steps di John  Coltrane (1959): famigerato tour de force modulativo.
Similarmente al Blues il Rock'n'Roll. Mentre nel Rhythm and blues/Soul e nel Rock cominciano ad apparire le modulazioni.
E, alquanto rapidamente, dopo la metà degli anni ’60 nel Rock si cercano nuove vie melodico-armoniche, pertanto si giunge a un uso più diffuso e sistematico delle modulazioni; e il ramo Progressive si distingue anche per ciò, facendo ricorso ancor più alla risorsa modulativa (non a caso questo genere è molto influenzato dalla Classica), pur non arrivando a impiegarla in modo quantitativo e qualitativo come il Jazz.

Dopo questa età aurea del Rock e dintorni, durata circa dieci anni, c’è una regressione.
Fatte salve le eccezioni si ritorna a motivi melodici che somigliano a filastrocche infantili, spesso ​con le aggravanti di non essere compensate da raffinate armonie (e ritmi) ed esecutori particolarmente bravi, anzi.
Insomma, l’evoluzione musicale passa pure attraverso questa strutturale invenzione musicale chiamata modulazione: i compositori di oggi e di domani dovrebbero rammentarlo.
​
​
* Da differente prospettiva ho esposto l’argomento qualche anno fa https://www.carlopasceri.it/blog/le-modulazioni-di-tonalita-e-un-celebre-caso-italiano
** A 1’01” da MI minore a FA minore, sale ancora a FA# minore a 1’31”, fino al SOL minore a 2’01”.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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