Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Il rito vudù dello sciamano Miles Davis

3/3/2015

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Il testo che segue è un estratto dal mio libro Dischi da leggere - Collezione 1. Ti consiglio di ascoltare il brano (più sotto c'è il link youtube) di pari passo con la lettura.
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Miles Runs The Voodoo Down è l’unico brano di Bitches Brew che non ha in pratica incollaggi e quindi è frutto semplicemente di un’intonsa sessione di registrazione; d’altra parte anche se in forma diversa era un pezzo che già da qualche mese era rodato durante i concerti.
È un pezzo di 14’ assolutamente semplice basato su un lento groove di basso e batteria (58/59 bpm) funkeggiante modal-bluesy, punteggiato dai mini-accordi di chitarra, con un motivetto e lunghe improvvisazioni.
Come il solito la batteria inizia il pezzo, ma questa volta è il percussionista Don Alias a suonarla poiché è proprio lui a proporre questo bel ritmo “New Orleans” molto sincopato e molto in levare della scansione che comunque pulsa lenta.
Subito dopo il basso suona solo quattro note (FA-MIb-FA-LAb): inizia in battere sul primo quarto ma gli accenti e il LAb (terza minore del FA) marcano il levare del secondo battito, andando così a stabilire sia il carattere minore del mini-riff sia il carattere spiccatamente in levare. 
Miles aumenta l’ambiguità sia tonale sia ritmica: entra sul secondo movimento (quello cosiddetto debole) della misura con il motivetto che inizia con un un LAb appena crescente che modula fino quasi a LA, su e giù tra LAb e LA per chiudere con SOL-FA-DO, quindi un rivolto dell’accordo FAadd.9, che si percepisce prima minore poi maggiore.
Miles continua a fraseggiare frammentariamente interazioni con la minima attività della base musicale offerta dagli altri, con cellule semplicissime sul registro medio-alto e spesso con queste piegature molto espressive delle note di altezze (LAb-LA) e quindi funzioni armoniche sofisticate considerato che la base è alquanto statica e dunque per accumulo ogni nota suonata va a tessere una trama con un disegno più facilmente distinguibile.  
Sembra un cantante, anzi un predicatore più che un musicista: è fenomenale constatare su quante e quali pochissime note è basato il suo assolo, eppure tiene viva la musica (in questo ricorda il pezzo It's About That Time nel disco In A Silent Way).
Tuttavia a 2’29” Miles esegue lunga una frase fitta e con cromatismi, però sceglie di terminarla con un lick blues per rientrare in un alveo ortodosso e tradizionale. Anche a 3’32” fa una cosa simile terminando ancor più semplicemente con le note del mini-riff MIb e FA.
Il suo assolo è durato circa tre minuti e mezzo, e appena uscito dalla scena, a 4’10” un piano elettrico freme: sembra voglia spingere in avanti tutta la musica suonando sul terzo e quarto battito due semicrome di un dissonante FA#. Lo sfondo emerge. 
McLaughlin intesse un avvincente assolo composto come di duetti con se stesso e il piano elettrico. Ma poi a 6’15” è il soprano di Shorter a prendersi il tempo e lo spazio per un bell’intervento solistico di architettura canonica, e a 8’01” lascia il posto al piano elettrico di Corea per il suo assolo più bello, libero ed espressivo, comunque punteggiato benissimo dal collega Zawinul.
Tutti si acquietano e a 10’41” rientra Miles e lui per un minuto circa si limita a inseguire idee semplici piegando le note e rendendole molto espressive e bluesy in maniera non dissimile dal primo intervento fatto. 
Poi cambia registro, dinamica, infittisce l’eloquio, tutto si infiamma anche perché il gruppo lo segue docile come un cagnolino e flessibile come un gatto, scende di nuovo (bellissima la parte del piano elettrico di Corea da 12’05” a 12’42”), per poi riprendere e poi discendere fino alla fine del quattordicesimo minuto di questo rito vudù. 

Trovi l'analisi completa di tutto il disco "Bitches Brew" nel mio libro Dischi da leggere - Collezione 1.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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