Poi Internet a metà dei Novanta con la successiva grande e perdurante crisi economica (e sempre più Internet…) falcidiarono tutte quelle ottime testate adulte e professionali.
Da tanto tempo, troppo, le pubblicazioni musicali sono regredite a uno stadio adolescenziale; sono ormai soprattutto in forma di libri, pertanto con ancor più dannosa incisività culturale e formativa.
Sorvolando su quelle che si occupano di tutt’altro che di contenuti musicali (sembrano le fanzine degli Ottanta/Novanta o riviste tipo Sorrisi e Canzoni fatti libri), allorquando qualcuno si arrischia di trattare davvero di musica (pure nel caso di quella più semplice) le approssimazioni, le omissioni e gli errori sgomentano assai.
Ho sempre amato l’informazione scritta, la ritengo fondamentale per l’evoluzione degli appassionati di musica e reciprocamente della musica stessa, dunque continua il mio piccolo contributo nel tentativo di riparazione dei tanto invalsi quanto strazianti testi sul Rock; segnatamente sui King Crimson.
La “penna rossa” questa volta segna il brano Exiles, un pezzo contenuto nel disco dei King Crimson del 1973 Larks’ Tongues In Aspic, riferendomi a un libro di recentissima pubblicazione che tratta in modo specifico di quest’opera.
Musica dal linguaggio piuttosto elementare ma egregiamente organizzata, fu insieme con Easy Money (sempre di Larks’) uno dei loro cavalli di battaglia dell’epoca.
Exiles è un pezzo scarno e prevalentemente acustico; nella sua sostanza armonico-melodico-ritmica diremmo quasi banale: ma allora perché lo sentiamo particolare, interessante?
Perché, oltre a essere suonato da abilissimi musicisti, ha molte singolarità e di varia natura. Exiles sta a una canzone rock come i Led Zeppelin stanno ai Rolling Stones.
Le sezioni sono costituite da numeri anomali di battute: 9, 6 e 15; e alcune di esse in tempi di 7/8 e 3/4; è basato su una sequenza armonica in RE misolidio, e ha un’intera sezione iper modulante non basata sui convenzionali dettami diatonico-tonali. È melodicamente ridondante, non ha l’usuale sviluppo del ritornello. Altresì la batteria suona soltanto nelle parti più convenzionali (le A), non suona affatto per molti minuti: all’inizio, alla fine e centralmente.
1’56” A1 strumentale [9 mis]
2’25” A2 cantato [6 mis]
2’43” ponte (parziale intro) [senza batteria]
3’25” A1 strumentale
3’53” A2 cantato x2
4’30” B (special) [15 mis senza batteria]
5’18” A2 cantato
5’37” A2b vocale x2
6’15” A2c solo chitarra
7’19” Coda [senza batteria]
La conseguente minima melodia è sinuosa e sagomata in modo alquanto discendente, inizia dal Fa#: nota che vedremo assumerà ulteriormente importanza nel finale, poi Mi, Re, Do (non Do#), Si e La.
Dopo la lunga (quasi due minuti) Intro costituita da molti strati di suoni manipolati in studio (percussioni, versi ecc.) che a mano a mano s’intensificano (la cui seconda parte si ripresenterà a mo’ di sospensivo Ponte), emerge una congerie di note nel registro grave (base Mi), con una breve cellula di quattro note di violoncello riprodotte dal Mellotron (scala pentatonica minore di SI).
Poi le usuali sezioni A1 e A2, con il flauto di Cross che contrappunta la melodia (omesso nel testo), velocità media con metro 4/4 e ritmi batteria semplici (non con rullante sul battere del primo movimento e levare del terzo). Peraltro Bruford qui sulle orme stilistiche di Mike Giles: minimale, pochi colpi, praticamente pochissimo charleston e piatti, col rullante in costante flam (raddoppio ravvicinatissimo di due colpi), tutto con piccole variazioni.
Dopo alcune ripetizioni segue (a 4’30") l’importante innesto della sezione B: il tempo quasi si ferma, fragranze etniche… Sorta di special, un lungo e peculiare segmento cantato con pianoforte, senza batteria e percussioni, che si presenta soltanto una volta: s’incastra benissimo, ma più antitetico al resto di quanto possa sembrare.
Quindi pianoforte, voce, violino che contrappunta la melodia e basso (qua e là Fripp con l’acustica); regna una progressione modulante che principia col RE alterato melodicamente nel modo Lidio, poi DO#m, prosegue in SOL lidio: questi tre accordi sono in 7/8, con la voce di Wetton che di volta in volta trasla in parallelo la cellula melodica (di profilo linearissimo: ascende/discende scalarmente a gradi congiunti). Si prosegue così per altre dodici battute con altri accordi modulanti, giungendo all’ultima battuta (5’15”) che aumenta l’armonia con FA# e LA# (di rinforzo l’acustica di Fripp) prima di ritornare sul RE della sezione A2: effettuano una cadenza di armonia esatonica. (Nei contenuti, sezione omessa nel testo)
Riprende la strofa cantata (A2). Poi si replica con minime variazioni, con vocalizzi e tenui cori…
Segue l’assolo di chitarra elettrica, sempre sulla medesima serie di accordi di sei misure di A2: Fripp opportunatamente semplicissimo in tutto e per tutto, lineare e melodico (trascrizione assolo disastrosa, colma di approssimazioni ed errori). Si giunge (6’54”’) a una dinamica quasi in sfumando, e ci si prepara per il finale (7’07”) su due note reiterate mentre il violino s’inerpica in alto e la ritmica che tambureggia quasi minacciosa sul SIm per rilasciare l’energia con quinte divaricate nello spazio (7’19”): in basso Mi e in alto Fa#.
Ed ecco l’interessante appendice terminale (Coda), parecchio tensiva, basata su un arpeggio di Fripp (chitarra acustica) in 3/4 (o 6/8) con nota fondamentale Fa# che alterna le sue asprezze (accordo FA#sus b2b4)… qualche sbuffetto di flauto e il violino che tiene sul registro molto alto la nota fondamentale, fine. (Nei contenuti, sezione omessa nel testo)
Seppur estremamente semplice nel linguaggio e nella forma, Exiles è un pezzo stravagante in maniera avveduta, perché strutturalmente pregno dell’avvicendamento di vuoti e pieni sonici (forniti soprattutto dalla simmetrica assenza/presenza della propulsione ritmica di Bruford nei segmenti iniziali, finali e centrali), porzioni strumentali e cantate, dalle ricorsive 9 e 6 misure delle sezioni A che offrono circolarità diatonico-tonale armonicamente stereotipate, contrappesate dalla irregolare dilatazione della sezione B di armonia non tonale e strutturata con 15 misure (di cui le prime tre di 7/8) modulanti e speziate di etnico.
Non è insolito che i KC raccolgano pezzi di vetro dalla strada e li orientino con somma abilità verso il sole in modo da generare colori sorprendenti; questo è il discreto fascino di Exiles: bilanciamento e naturalezza nel fluire di un’inconsueta musica realizzata in massima parte mediante modelli e materiali modesti, archetipi diatonici in 4/4, con tutt’altro.
Sui King Crimson ho pubblicato l'analisi di Red disponibile in brossura e in versione elettronica.