Carlo Pasceri
  • HOME
  • BLOG
  • BIOGRAFIA
  • DISCOGRAFIA
    • Curvatura 9
    • Cannibali Alchimie
    • No Gravity
    • Real Koob
    • Blue Challenge
  • PUBBLICAZIONI
    • Libri
    • Riviste musicali
    • Jazzitalia
  • DIDATTICA
    • Corso "Tecnica Audio"
    • Seminario "Percorsi Melodici"
  • STRUMENTAZIONE
  • MEDIA
    • Audio
    • Video
    • Foto
  • CONTATTI
Libro Eroi Elettrici

L'origine delle blue notes: quando il musicologo va oltre il buon senso

23/11/2022

0 Comments

 
Picture
Sfido tutti gli appassionati di musica (pure musicisti, dilettanti o professionisti che siano) di far intonare con la voce da altra persona (o anche da sé) una nota qualsiasi e individuare 8 armoniche (note addizionali che si sviluppano insieme con la fondamentale); e intonarle.
La più che stragrande maggioranza non ci riuscirà. 
​Questa sfida perché l’etnomusicologo di fama internazionale Gerhard Kubik (come c’informa il noto musicologo nostrano Stefano Zenni nel libro “I segreti del jazz”) da decenni sostiene la più che ardita tesi che le cosiddette blue notes (in uso pure nel Jazz) siano date dal fatto che:

“alcune popolazioni di aree remote del Sudan centrale avevano sistemi pentatonici che derivavano dalle formanti del parlato umano la cui consapevolezza esplicita arrivava fino alla nona armonica”. In aggiunta “Già in Africa occidentale ho trovato tracce che l’ambito delle armoniche da 6 a 9 (ambito di quinta) può essere usato in combinazione con la sua trasposizione una quinta sotto per formare una scala, come se la stessa melodia fosse articolata prima da una donna poi da un uomo.”

Dunque, un sistema di suoni derivante dall'interferenza tra due sub-scale di armoniche naturali generate da due note poste a distanza di una quinta (nemmeno intonate da un canto ma generate e quindi percepite dal banale parlato), dalle quali (le sequenze delle armoniche) si desumerebbe un’intera scala con le due blue notes di terza minore e settima minore*. Sbalorditivo.
Kubik quindi asserisce che la scala blues deriva da questo eclatante virtuosismo percettivo-cognitivo; nonché parecchio intellettuale, infatti, le armoniche oltre a essere desunte da due sequenze di note percepite semplicemente dal parlato (estraendone le due fondamentali in questo caso Do e Fa), poi vanno scelte, interpolate e messe in ordine nell’ambito dello spazio di ottava per formare la definitiva scala. E tutto ciò sarebbe stato fatto a orecchio, verbalmente e mnemonicamente. Stupefacente iperselettività**.
Peraltro la scala blues di Kubik riprodotta e “sposata” da Zenni è di ben 11 note su quasi due ottave di cui 8 diverse (altro che pentatonica blues). 
Picture
Altresì è parecchio eccentrica: inizia dal Re acuto (o dal grave Fa) e termina in Fa (o in Re), pur riferendosi alla tonica di Do... Ordinata correttamente, correlandola al Do:
Do-Re-Mib-Mi-Fa-Sol-La-Sib (Do)***.
Picture
​Facciamo un passo indietro e inquadriamo la questione pentatonica: è acclarato che le varie culture e popolazioni del mondo arcaico avevano (e hanno) una scala pentatonica come fondamento melodico musicale.
Nessuno sa davvero perché, ma alcuni fatti fanno supporre che ciò derivi dalla sovrapposizione (empirica o razionale) delle note per intervalli di quinte giuste. L’intervallo di quinta è quello più consonante di tutti (dopo quello di ottava), ha una qualità affatto simile, si fonde (e confonde) perfettamente con esso.
Quindi se si inizia da una frequenza poniamo nota Do, la sua quinta (frequenza che sta in rapporto 3/2) è Sol; questa a sua volta ha il Re che ha il La che a sua volta ha il Mi****.
Messe in ordine nello spazio di ottava ecco l’invalsa scala pentatonica: Do-Re-Mi-Sol-La-(Do).
La sua struttura è T-T-1,5T-T-1,5T; pertanto è costituita da intervalli di tono e tono e mezzo, senza semitoni, anemitonica. Peculiarissimo modello melodico, un po’ scala un po’ arpeggio; efficientissimo per scolpire agevolmente incisive melodie con pochissime note.
Allorquando volessimo trovare le agognate blue notes (e magari la scala octofonica di Kubik) basterà semplicemente intonare tre quinte discendenti dal Do: Fa, Sib e Mib. Nessun supervirtuosismo prossimo a divine capacità. (E questa non è l’unica elementare procedura.)
Picture
​Quindi ecco l’arcana scala afrokubikiana Do-Re-Mib-Mi-Fa-Sol-La-Sib (Do): lapalissiana unione d’intervalli di quinte ascendenti e discendenti di Do. 
Picture
(Non è altro che una convenzionalissima scala Misolidia con aggiunta la terza minore o Dorica con terza maggiore – bebop minor; in India è chiamata Raga Zilla)
 
Insomma, avere il preconcetto che il Blues (e il Jazz) provenga essenzialmente dall’Africa porta a esacerbate forzature per sostenere (quasi ideologicamente) la propria convinzione, o tesi precedentemente esposte*****. Avevo già scritto qualche anno fa a tal proposito.
Ribadisco che il Blues (come il Jazz) è frutto dell’incontro dei neri d’America con la cultura musicale americana (e quindi pure europea), e che le blue notes a sé stanti non esistono, hanno colore “bluesy” se collegate a particolari concatenazioni intervallari (meglio con micro inflessioni di altezze) e relativamente a una nota tonicizzata (meglio a un accordo maggiore)******.
Come d’altronde il portato del Blues (e del Jazz) è pure quello di avere, affatto differentemente dalla Classica (ormai dimentica dei melismi medievali), diffuse zone d’intonazioni variabili (non solo tra terza minore/maggiore o eseguire la settima naturale – quella dell’armonica), al fine di ottenere peculiare espressività e quindi individualità mediante queste flessibilità.

La musica è già una faccenda molto complessa, che non si renda inutilmente tanto complicata quanto poco credibile: spiace ancor più quando tali cose sono propalate da studiosi di fama.

​
* Tralasciando ininfluenti dettagli tecnico-teorici inerenti al fatto che alcune armoniche non corrispondono esattamente alle frequenze della scala temperata (adottata solo dal ‘700, non senza difficoltà e resistenze protrattesi per molto tempo: prima di allora in Occidente le frequenze delle note erano perlopiù di intonazione naturale o di temperamento mesotonico).

**  
Giova rammentare che le armoniche sono state intuite solo nel ‘600 da Cartesio e provate definitivamente nel ‘700 dal fisico e matematico francese Joseph Sauveur. Prima di allora, pur moltissimi avendo analizzato e praticato per oltre due millenni, da Pitagora in poi, nessuno ne aveva dato notizia: non ci fu consapevolezza che alcune note dell’intonazione naturale (Tolomeo-Zarlino) coincidessero con alcune armoniche della nota matrice. L’aggettivo naturale discende dal concetto che i suoni generati dalle proporzioni (più semplici) tra numeri interi sono le più armoniche, ossia le più consonanti; non dal fenomeno fisico delle armoniche.

***  
Se della scala rappresentata si considerasse invece solo il segmento da Do a Do (Do-Mib-Mi-Fa-Sol-Sib-Do), è una tradizionale scala conosciuta in India come Raga Bhanumanjari.
Se si selezionasse solo il segmento Do-Do sarebbe una prestazione percettivo-cognitiva ancor più inverosimile: delle 18 armoniche presuntivamente percepite prima se ne selezionano 11, che peraltro vanno riordinate, poi l’iperselettivo perfezionamento a 7.

****  
Tuttavia ci si potrebbe chiedere perché limitarsi a cinque, non continuando oltre il Mi; da considerare che la sua quinta è il Si, che va a infrangere la coerenza strutturale (peraltro alla fine del segmento) quindi la sua peculiarità, perché introduce un intervallo di semitono (sul Do).
Dunque è plausibile ipotizzare che sia stata una questione soprattutto di effetto e prassi: una scala di soltanto 6 note, ma con ben 3 classi di intervalli, non solo ha un suono tanto più sofisticato quanto meno diretto e incisivo, ma è più difficile da gestire e intonare.
Non va dimenticato che stiamo vagliando antiche culture tribali. Quella greca, la razionale e intellettuale per eccellenza, è andata ben oltre.

*****
  Ancor più diffusa l’errata idea che i ritmi “identitari” del Blues e del Jazz discendano da quelli africani: sono le musiche caraibiche con i loro fantasmagorici ritmi che hanno questa discendenza.

​******
  Se fosse vero che la terza minore e la settima minore (e la quarta diesis) sono in assoluto note “blues” appena si suonano queste note quale che sia il contesto e la circostanza si giungerebbe perlomeno a bluesizzare il brano: dunque in tutta la musica medievale, rinascimentale, barocca ecc. o mai si sono suonate quelle note o, se è stato fatto, hanno bluesizzato ante litteram e quindi anacronisticamente quei brani, senza peraltro avere alcun contatto con la musica di “alcune popolazioni di aree remote del Sudan centrale” e dintorni.
0 Comments

Your comment will be posted after it is approved.


Leave a Reply.

    Immagine
    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


    Foto
    TEORIA MUSICALE
    Foto

    Archivio

    Marzo 2023
    Gennaio 2023
    Dicembre 2022
    Novembre 2022
    Ottobre 2022
    Settembre 2022
    Agosto 2022
    Dicembre 2021
    Maggio 2021
    Marzo 2021
    Settembre 2020
    Agosto 2020
    Luglio 2020
    Giugno 2020
    Maggio 2020
    Aprile 2020
    Marzo 2020
    Gennaio 2020
    Dicembre 2019
    Settembre 2019
    Luglio 2019
    Giugno 2019
    Maggio 2019
    Aprile 2019
    Marzo 2019
    Febbraio 2019
    Gennaio 2019
    Dicembre 2018
    Novembre 2018
    Ottobre 2018
    Settembre 2018
    Agosto 2018
    Luglio 2018
    Giugno 2018
    Maggio 2018
    Aprile 2018
    Marzo 2018
    Febbraio 2018
    Gennaio 2018
    Dicembre 2017
    Novembre 2017
    Ottobre 2017
    Settembre 2017
    Agosto 2017
    Luglio 2017
    Giugno 2017
    Maggio 2017
    Aprile 2017
    Marzo 2017
    Febbraio 2017
    Gennaio 2017
    Dicembre 2016
    Novembre 2016
    Ottobre 2016
    Agosto 2016
    Luglio 2016
    Giugno 2016
    Maggio 2016
    Aprile 2016
    Marzo 2016
    Febbraio 2016
    Gennaio 2016
    Dicembre 2015
    Novembre 2015
    Ottobre 2015
    Settembre 2015
    Giugno 2015
    Maggio 2015
    Aprile 2015
    Marzo 2015
    Febbraio 2015
    Gennaio 2015
    Dicembre 2014
    Novembre 2014
    Ottobre 2014
    Agosto 2014
    Luglio 2014
    Marzo 2014
    Febbraio 2014
    Settembre 2013
    Luglio 2013
    Maggio 2013
    Marzo 2013
    Febbraio 2013
    Gennaio 2013
    Dicembre 2012
    Novembre 2012
    Ottobre 2012
    Settembre 2012

    Feed RSS

    Categorie

    Tutti
    Analisi Musicale
    Basso
    Batteria
    Blues
    Cantanti
    Cantautori
    Cd
    Chitarra
    Classica
    Critica
    Dischi Da Leggere
    Funk
    Fusion
    Hard Rock
    Heavy Metal
    HiFi
    Jazz
    Jazz Rock
    Jazz-rock
    Krautrock
    Libro
    New Age
    Pianoforte
    Pop
    Progressive
    Recensione
    Rhythm And Blues
    Rock
    Soul
    Storia Musicale
    Tecnica
    Tecnologia Musicale
    Tecnologie
    Teoria Musicale
    Vinile

   Home   Blog   Biografia   Discografia    Tecnologia Musicale   Didattica   Pubblicazioni    Strumentazione   Media   Contatti    Bookmark and Share

© Carlo Pasceri - E' vietata qualsiasi riproduzione anche parziale - Risoluzione minima 1024x768

designed by ALi

Powered by Create your own unique website with customizable templates.