Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Caro Bonzo, quanto ci manchi!

31/5/2017

3 Comments

 
Facile esser acclamato se si fa parte di uno dei gruppi più celebrati della storia della musica; ancor più se batterista di genere Rock, quello davvero roccioso, visto che soprattutto chitarristi, cantanti e batteristi sono assiduamente alla ribalta. Precisione, “tiro e gran botta”, sono per un batterista il biglietto d’ingresso per partecipare legittimamente alle grandi messi tipiche di un genere come il Rock (ancor più se duro e pesante).
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E John Bonham aveva queste caratteristiche: era esplosivo, duro e pesante. Tuttavia non molto di più (peraltro non era rapidissimo), almeno per i primi tre dischi.
Può sembrare strano, però va considerato che il suo gruppo, i Led Zeppelin, ha sin da subito mietuto, non solo brani di gran successo, pezzi che nella loro composizione erano effettivamente significativi e che quindi hanno contribuito notevolmente ad accrescere negli ascoltatori la stima individuale dei musicisti protagonisti. 
E già, a ben pensarci in quel tempo (’69-’70) oltre qualche chicca disseminata (il lavoro di cassa di Good Times Bad Times da 2’13”, alcuni passaggi di Moby Dick e pochissimo altro…) il nostro non ha realizzato molto di più in termini tecnici e creativi rispetto a quello che allora c’era tra i batteristi più bravi.  
Bohnam ha cominciato a elevarsi nel ’71, dal quarto disco in poi (e relative esibizioni live) è cresciuto; esemplare scioltezza insieme con la potenza nel districarsi e restituire gran musica tra le asimmetrie di Black Dog, l’intro di Rock And Roll, Four Sticks, il suono e il groove di When The Levee Breaks.
​
Bonzo in crescita esponenziale e in modo diffuso nel disco successivo, quello più avanzato e sperimentale del catalogo LZ: Houses Of The Holy (registrato nel ‘72). Questo disco è colmo di esempi delle sue gesta, con novità tecniche e creative (dall’uso delle spazzole ai moltissimi tempi dispari e asimmetrie formali): se ne consiglia l’attento ascolto fosse anche per gioire appieno dell’arte di Bonham.
Maturità sua (e del gruppo) confermata e ampliata nel magnifico live registrato nell’anno di grazia 1973: The Song The Remains The Same.​
Physical Graffiti del 1975, pur essendo un disco per la maggior parte costituito di scarti degli anni precedenti, conferma l’avvenuta maturazione: si distinguono i ritmi e le esecuzioni dell’intro di The Rover e In My Time Of Dying. Comunque verrebbe la tentazione di affermare che per passare alla storia sarebbero bastati i successivi Nobody‘s Fault But Mine e Achilles Last Stand (da Presence del ’76), con le loro modulazioni metriche e i complessi obbligati che Bohnam ha suonato senza sacrificare un grammo della sua grande potenza, suono e precisione, che sempre ha espresso in tutta la sua parabola artistica.
L’ultima zampata del leone Bonzo è nel disco che chiude la storia dei Led Zeppelin, In Through The Out Door (‘79): il brano Fool In The Rain ha (oltre all’inedita - per i LZ - sezione latino-americana) un bellissimo ritmo shuffle, strepitosamente suonato, che ha fatto indirettamente storia poiché Jeff Porcaro, batterista degli ottimi Toto, lo riprese, variandolo appena e semplificandolo un po’, per la Hit mondiale Rosanna.​
Successivamente, nel Rock più duro, pesante e metallico, si è imposto un altro stile, molto più serrato e macchinoso, compresso e rapidissimo; sono così emersi una pletora di batteristi tutti bravissimi a pestare più colpi possibile, e tutti simili. Anche per questo di John Bohnam, dotato di una straordinaria energia propulsiva ma anche raffinato e preciso, si nutre ancor più affetto e rispetto: lui, il batterista per eccellenza del Rock potente e articolato, più arioso e meno ottuso. Ci manca.
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3 Comments
Morgan
8/4/2022 12:15:21

Grande batterista.
Fu accusato di cavarsela male coi ritmi swing , ma secondo Jones, l' unico genere che suonava male era il reggae perché lo odiava..( peccato).

Nel 1977 suonò la sua versione più tecnica di Moby Dick, un fantastico assolo di 20 minuti, in cui si ispirò al grande Buddy Rich.

Curiosità: se va in YouTube e digita " Led Zeppelin No Quarter demo", si può sentire la prima versione di No Quarter del 71 ( erroneamente Indicato 70) in cui si rimane sorpresi.. perché i nostri suonano le strofe in stile bossa nova brasiliana...da ascoltare!

Reply
Martins77
31/5/2022 19:15:59

Di quel periodo lui e Bill Ward dei Black Sabbath i miei preferiti.

Reply
Roberto
25/9/2022 16:02:42

No comment! Ha già scritto fin troppo bene tutto lei Carlo Pasceri, ottima descrizione dei Led Zeppelin e del mitico John Bonham.

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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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