Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Bohemian Rhapsody, la suite della Regina

31/10/2017

2 Comments

 
Queen, 1975, A Night at the Opera è l’album che li indica come grandi protagonisti della scena Rock del dopo Progressive e Hard rock europeo, sintetizzandolo col Pop; peraltro hanno fortemente assimilato la lezione dei Beatles, traendone chiaramente più di uno spunto, ma sviluppandola abilmente.
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Qualità delle composizioni e cura della loro realizzazione, insieme con una giusta dose di ammiccamento Pop ed edonismo a cura del grande istrione Freddie Mercury, fanno in maniera che i Queen da qui in poi scaleranno classifiche mondiali e s’imporranno, sulla scia dei loro predecessori inglesi (Deep Purple, Led Zeppelin) come un grande gruppo compatto e al contempo pure capace di manifestare grandi personalità al proscenio (cantante e chitarrista). 

​Voci, pianoforte, chitarra elettrica, basso e batteria per un brano straordinario (scritto da Mercury), Bohemian Rhapsody, che amalgama molte delle componenti che fanno la differenza tra i Queen e tutti gli altri: in meno di sei minuti una mini suite che sarà un grande successo, duraturo, meritatissimo…
Lunga introduzione, inizialmente con voci a cappella in 9/8, poi a 15” pianoforte che accompagna la sinuosa melodia armonizzata da molte voci.
A 49” pianoforte, basso e voce (Mercury) per l’inizio della sezione strofica, a 1’23”, si aggiunge la batteria proseguendo la narrazione e aumentando il tasso di grinta; ponte col piano, poi a 1’48” si riprende, e si prosegue col cantato fino a quando entra a 2’19” la chitarra satura di Brian May, che sottolinea il movimento melodico dei bassi discendenti della sequenza armonica (entrano anche altre voci); segue il breve ma eccellente assolo di May che è melodico ma senza ricalcare il disegno del cantato.
A 2’58” importante transizione che preconizza una modulazione armonico-melodica alquanto drastica, che avviene a 3’03” col piano che scandisce gli ottavi inaugurando una sezione del tutto differente. Potenti e fantasmagorici cori in alcuni passaggi rinforzati dalla ritmica, in un crescendo “drammatico” molto operistico: insieme con l’introduzione è ciò che più caratterizza questo brano.
A 4’07” altra sezione con cambio tempo e modulazione armonica, un genuino hard rock con riff di chitarra e cantato del tutto differente come registro e intenzione espressiva precedente; dura poco, a 4’43” dopo una serie di passaggi cadenzali sottolineati da motivi scalari suonati da May, si giunge a un'altra sezione con ancora protagonista la solista di Brian, che a 5’03”, con la consueta maestria, moltiplica la sua chitarra in un’armonizzazione polifonica stupenda, tanto magnifica quanto funzionale nel prendere delicatamente per mano il pezzo a 5’08” con specie di sussurri che fanno da tappeto al rientro del grande Mercury per la pacata coda senza ritmica, quasi in dissolvenza...​
​
Bohemian Rhapsody è il brillantissimo risultato di una minuziosa ingegnerizzazione di sezioni che prese singolarmente non sono straordinarie (fatta salva quella centrale); fu il primo di una lunga serie di brani ove i Queen riuscirono a coniugare qualità con commerciabilità, e rimane a tutt’oggi l’emblema musicale più potente di questo grande gruppo.

​Brian May è uno dei protagonisti del mio libro Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra
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2 Comments
Ivan
14/8/2022 06:59:25

Hai fatto un'analisi del brano ineccepibile sia dal punto di vista armonico che melodico-ritmico. Pur condividendo l'analisi stilistica dei Queen che hai saputo indicare, avrei insistito un pó in piú sulla lezione dei Beatles (quelli dell'ultima fase anni 67_70) che hanno acquisito e rielaborato all'ennesima potenza nelle armonizzazione e nella qualità dei suoni.
Complimenti a te.

Reply
carlo pasceri
21/8/2022 06:46:12

Caro Ivan, grazie, e scusami per il ritardo, ho avuto problemi col sito.
A presto

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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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