Appena dopo rapidi convenevoli si è affrettato di dirmi una cosa che non rammentavo, ossia che all’epoca gli avevo registrato una cassetta con una selezione di brani jazz-rock e fusion (Brand X, Weather Report, Spyro Gyra, Perigeo ecc.).
Lì per lì non mi ha sorpreso più di tanto, anche se con lui, pur avendo una simpatia di fondo, non avevo un rapporto che andasse oltre le ore di scuola.
Quel che mi ha sorpreso è ciò che ha aggiunto: quella cassetta, in qualche misura, ha influenzato la sua vita.
A sua volta ha tentato entusiasticamente di trasmettere la sua passione ad amici e compagne.
Tutto ciò ovviamente mi ha fatto piacere, mi ha emozionato; la scarica di adrenalina che ho avuto è stata potente.
Immagino che molti abbiano accolto quell’”ora di lezione” di cui ha scritto Massimo Recalcati, così fondamentale “in una società senza padri e senza maestri, svelandoci come un bravo insegnante sia colui che sa fare esistere nuovi mondi”.
E ritengo che, facendo la tara che insegno musica dal 1989, il contagio sia tanto più potente quanto più sia non automatico e svuotato di senso dalla normalizzazione data dal mestiere di alzarsi la mattina e incontrare gli allievi tutti i giorni; avvertirli come una massa più o meno anonima e indistinta, un recipiente più o meno vuoto nel quale versare il “sapere”.
Dunque, nel nostro caso nessun pericolo di abitudine e di trasfusione dall’alto, giacché ero praticamente un pari del mio compagno di classe; uno come tanti altri che aveva imparato a suonare da pochissimi anni, ma che con tanto entusiasmo fa una cassetta per suscitare e poi condividere, ormai verbo consumatissimo, qualcosa che stava diventando importante.
Siamo la somma dei maestri e maestre che abbiamo incontrato, che siano padri, madri, amici e amiche, insegnanti; a volte basta un’ora di lezione per accelerare noi stessi, e poi noi nel mondo.
Altre volte basta un oggetto, un singolo episodio.