Il più importante di questi fu Creed Taylor, che dopo aver lavorato in case discografiche come la Verve e la A&M, ne ha fondata una propria: la CTI (Creed Taylor Inc.).
Dunque, pur considerando che sul finire degli anni ’60 ci furono alcuni ottimi dischi di fusione*, nel gennaio del 1970 si riuniranno quattro giovani leoni del Jazz moderno per registrare in tre giorni una tappa fondamentale di una ulteriore ibridazione del Jazz: per Red Clay Freddie Hubbard chiamò a sé Herbie Hancock (piano elettrico e organo), Ron Carter (basso elettrico e contrabbasso) e Joe Henderson (sax tenore e flauto); sembra che avrebbe dovuto esserci Tony Williams alla batteria, ma declinò l’offerta e raccomandò l’impiego di un appena ventenne: Lenny White.
Red Clay, rispetto ad altri dischi di questo particolare tipo di crossover musicale, sorta di “neo-jazz” che in quegli anni stava maturando, non è l’alto esercizio di maestri improvvisatori che un po’ elettrificatosi applicano meccanici ritmi binari a strutture armonico-melodiche di stampo modale oppure blues; e nemmeno sfrutta l’adattamento di qualche canzone pop o rock.
È una sintesi che in quattro lunghi brani, oltre a improvvisazioni magistrali da parte di tutti, prevede ritmi funky (Red Clay), jazz-valzer e binari terzinati (Delphia), swing da medi a rapidissimi (Intrepid Fox e Suite Sioux), pure con modernissime quanto precisissime polimetrie (White nel finale di Suite Sioux). Peraltro si ha pressoché tutto questo inserito, in modo fluidissimo, nei circa otto minuti di Suite Sioux.
Insomma, l’importanza di Red Clay è di aver fornito ai susseguenti artisti interessati all’estrema ibridazione dei generi una piattaforma ulteriore per innalzare il Jazz e dintorni**, che poi sarà chiamata Fusion.
* Di là dei fondamentali Crusaders (all’epoca The Jazz Crusaders), tra i nomi che iniziavano a imporsi in questo particolare crossover musicale c’era quello del vibrafonista Roy Ayers, nel 1969 pubblicò l’ottimo “Duddy Bug and the friends”. Per tutti gli anni ’70 dette alle stampe notevoli dischi di carattere fusion, una deriva easy qua e là cantata e quasi ballereccia, precorritrice dell’acid jazz degli anni ’90.
**Purtroppo nel versante Rock non c’è stata una fronda di musicisti in grado di ibridarsi in questo modo: sarebbe stato un ulteriore passo in avanti per la musica moderna.