Pertanto Davis fu un grandissimo compositore musicale nell’accezione più ampia del termine, non tanto quello tradizionale, con penna e pentagramma in mano a vergare segni che poi saranno interpretati e tradotti in musica dai suoi collaboratori, quanto il contrario. Ebbe costantemente il progetto di realizzare musica inaudita, elaborando continuamente tattiche per riuscirci. E lo ha fatto tantissime volte, per nostra fortuna…
Nel mondo jazz quegli anni erano percorsi da due correnti musicali principali, vitali. C’erano due spinte di potenza simile ma di natura contraria: il dirompente free jazz e il rassicurante R&B/soul. Il primo impattava in modo violento e iconoclasta, l’altro col coinvolgimento canterino e danzereccio. Ornette Coleman e i suoi seguaci da una parte, e dall’altra tutta la filiera agglutinatasi principalmente nell’etichetta Blue Note, che sfornava soprattutto in quell'epoca musica jazz di facile presa, con riff e ritmi “giovanili”, disimpegnati.
Davis e i suoi alfieri hanno fuso queste due componenti forgiando degli organismi musicali evolutissimi, e Nefertiti fu l’ultimo e il più peculiare senza la componente elettrica: di questa, successivamente, Davis non ne farà più a meno.
Nefertiti preconizza con un’eleganza inarrivabile il futuro, musica con nuove forme di progettualità e libertà, meno radicali e iconoclaste rispetto a quella del free e meno povere in fatto di linguaggio dell’hard-bop che si stava amalgamando col soul-rhythm and blues, ma ben più creative. Collisione artistica, coll’allora presente e passato, con crudezza calcolata, sofisticata da talenti immensi, che ancor oggi desta sensazione di modernità, ma non tanto perché qualcuno abbia reso attuale quello stile riprendendolo oggi, quanto, al contrario, perché ancora inusitato.
Per la collana Dischi da leggere ho analizzato due capolavori di Miles Davis. Sono inclusi nel libro Dischi da leggere - Collezione n.1.