L’Africa, l’India, il Medio Oriente e in generale l’Est (anche dell’Europa) hanno nel ritmo una formidabile propulsione musicale, a noi sconosciuta.
A livello teorico, nei manuali e trattati musicali di tutti i gradi (pure quelli jazz), stiamo come per le cose melodico-armoniche: parzializzazioni, confusioni, arbitrarie invenzioni offerte come fossero le uniche e universali, dettate dalla natura; invece sono solo funzionali a un certo tipo d’espressione musicale, ossia quella della musica Classica e suoi derivati (pure Pop-rock).
L’importante comparsa, avvenuta durante il secolo scorso, del Jazz (e del Blues) ha indotto un arricchimento ritmico volto a slegare quei secolari meccanismi: lo shuffle e lo swing con la fluidità d’espressione dei solisti ha dischiuso notevoli orizzonti.
Peraltro significative “contaminazioni” tra la musica afro-cubana e il Jazz*** (pure quello più scritto e orchestrale) avvennero negli anni del Be-bop e appena appresso per opera di giganti come Dizzy Gillespie, George Russell e Stan Kenton.
Francisco Raúl Gutiérrez Grillo, noto come Machito, fu fondamentale in tal senso; poi Chano Pozo, Chico O'Farrill, Willie Bobo e altri, ma soprattutto Mongo Santamaria.
Nei primi anni Cinquanta registrò alcuni dischi fra cui il fondamentale Chango (1953, più volte edito e ristampato anche con titoli diversi); ne seguirono tanti altri, con luminose collaborazioni a nome di altri.
Otto brani, alcuni composti da Olatunji, altri dei tradizionali arrangiati da lui; la differenza con precedenti registrazioni di altri, per esempio di Mongo, risiede nel fatto che questo disco è più aderente alla tradizione africana, meno sofisticato dalle rielaborazioni ritmiche cubane (o centro americane) e più cantato in coro.
Non solo plagiò Jin-Go-Lo-Ba appropriandosi dei diritti d’autore pubblicandolo col titolo Marabout, ma ancor più sfacciatamente copiò Kiyakiya e Akiwowo (sempre del disco Drums of Passion di Olatunji) che divennero Joanna e New York – USA.
Concludendo, le caratteristiche dei ritmi africani e afrocubani (e di simili discendenze) non è quella di essere dispari, con complicate torsioni asimmetriche, come quelli dell’India e di altre culture, ma quella di avere una sofisticata intelaiatura di semplici ritmi che si sovrappongono ciclicamente, e che spesso generano un’ambiguità tra il metro di 2/4 terzinato e il 3/4 (o loro multipli), dunque 6/8 (o suoi multipli).
Rammentando pure che la dimensione temporale (insieme alle proprietà delle note – le armoniche) è quella che distingue la musica da tutte le altre arti e discipline, e che il ritmo è una peculiarità anche melodica e non solo meramente percussiva, quindi di enorme importanza, sorprende che ancora oggi l’Occidente non si sia aggiornato, riformulando le sue superate teorie ritmiche, propalando ostinatamente precetti e prescrizioni retrive e oscurantiste.
Circostanziamo brevemente, limitandoci all’argomento “africano”.
Siccome per l’Occidente i metri (o tempi) devono avere prestabilite suddivisioni e accenti, p.e. il 6/8 è necessariamente un derivato del 2/4 (come il 9/8 dal 3/4, il 12/8 dal 4/4 ecc.), perché, si teorizza e statuisce, questi tipi di tempi devono sempre avere una precisa condotta ciclico-ritmica in TRE, ossia eventi suddivisi in 3 spesso pedissequamente accentati (peraltro ignorando per l’occasione la terzina), chiamandoli tempi composti.
In altre parole per l’Occidente un 6/8 (o un 9, 12, 15, 21 ecc.****) non può che avere un predeterminato andamento ciclico-ritmico con la pulsazione in 2 come base, non altri; peraltro così si tende a confondere tra loro i concetti di tempo (o metro) e di ritmo, giacché un tempo avrebbe intrinsecamente delle suddivisioni ritmiche predefinite.
È strabiliante che ciò perduri, pur essendo non solo contestabile a livello teorico, logico-aritmetico, estetico ecc., ma che sia stato ampiamente e pubblicamente confutato dalla produzione musicale, dalle prassi secolari di milioni di persone; e non solo africane.
* Tradizionalmente negli altri continenti e culture in sostanza non esiste l’armonia, c’è solo l’aspetto melodico (e naturalmente quello ritmico).
** Dal Novecento c’è un’importante e costante accelerazione di fusione tra culture e tradizioni.
*** Afro (1954) di Gillespie (con Chico O’Farrill e Mongo Santamaria) e Orgy in Rhythm, Volumes One & Two (1957) di Art Blakey sono tra i più noti e rilevanti.
**** Un 9 avrebbe quindi come radice sempre e solo il 3, un 12 il 4, un 15 il 5, un 21 il 7 ecc.