La particolarità dei Weather Report è stabilita dal fatto che loro non hanno usato la classica forma che si è concretata con il Jazz più diffuso, ossia una forma base tutto sommato assimilabile a quella di una canzone, con la melodia e i solisti che si susseguono.
Loro non hanno adottato nemmeno la formula del free-jazz, ossia quella che in sostanza realizza la destrutturazione della forma canzone e, regnando in questo stile una sorta di parificazione gerarchica dove tutti sono "solisti", concreta la riempitura di tutti gli spazi sonori a disposizione.
Questi ne hanno adottate altre…
Nei Weather Report la libertà è inserirsi in spazi saggiamente e sapientemente lasciati dagli altri o precedentemente stabiliti ma in congiunture non facilmente preconizzabili dall’ascoltatore: gli accordi, quasi sempre delle tastiere, sono usati (anche) come macchie di colori, concorrendo con le percussioni ad espandere la paletta cromatica, percussioni che perciò sono spesso intese nell'impiego in modo paritario a tutti gli altri strumenti.
L'incantesimo sta proprio nel raggiunto equilibrio di questi musicisti nelle loro opere tra vuoto e pieno, tra tensione e risoluzione, tra sospensione e staticità, tra prestabilito ed estemporaneità: gli spazi comunicanti di queste forme musicali costruite su un originale rapporto dialettico fatto di rispettosa misura insieme con una simile sensibilità di partenza e finalizzazione di un obiettivo condiviso.
Con i Weather Report c'è l'inaugurazione ufficiale della cosiddetta world music, e le percussioni (per eccellenza gli antichi strumenti folcloristici di tutti i popoli) non sono usate solo per "colorare" ma come importante soluzione di continuità: una novità nel Jazz.