Carlo Pasceri
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La soggettività della pulsazione ritmica: un celebre "caso"

5/4/2024

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È cosa risaputa che la musica ha la speciale dimensione del tempo; il suo inesorabile fluire.
E tutti i musicisti, chi in modo più consapevole e dotto, chi meno, chi in modo abilissimo esecutivamente, chi meno, devono tenere in considerazione questo fattore fondamentale, determinante.
Certamente per la stragrande maggioranza di chi ascolta ciò è alquanto ineffabile; infatti, al netto di quando si ascolta la musica per ballare (pertanto in maniera utilitaristica ci si sincronizza con la pulsazione* dominante che è appositamente più che palese), sovente si presta attenzione ad altro: melodie, suoni, ecc.; sebbene questo non significhi che i ritmi siano snobbati, no, ma…
​Se è ovvio che chi non è istruito musicalmente non può comprendere gli aspetti melodici e armonici pure di un brano semplicissimo, l’aspetto ritmico** può essere desunto e inteso: basta percepire correttamente la pulsazione (il metronomo o click), “andare a tempo” e contare.
Certo, più facile a dirsi che a farsi, se addirittura l’ottimo Agostino Marangolo in una video intervista di pochi anni fa testimoniava il fatto che ha incontrato molti musicisti che non avevano capito dei passaggi ritmici del brano Musica Musica da lui suonato nel disco Nero a Metà di Pino Daniele; financo l’intro (questo ancor più semplice) di A me me piace ‘o blues (tutte e due normalissimi 4/4 solo con alcuni cosiddetti controtempi). 
Dunque, l’elemento primario per comprendere i ritmi e i metri, il prerequisito per poterli misurare, è intendere qual è la scansione del tempo (pulsazione); poi non lasciarsi ingannare da eventuali controtempi e complicazioni varie per poter correttamente “andare a tempo” in modo continuativo con la pulsazione.
Di solito si può sentire la pulsazione almeno in due maniere: stretta o larga; una è il multiplo (o sottomultiplo) dell’altra. Nei tempi binari il doppio o la metà.
​
Un ottimo esempio di come si può intendere la pulsazione addirittura in tre modi è il brano La Villa Strangiato dei Rush; segnatamente da 3’33”, quando tutto si quieta per lasciar spazio al solo di chitarra, con la batteria che esegue un minimale groove in 7, con pochissimi colpi: semplice ed efficace. 
​La scansione mediana è circa 142 bpm, pertanto quella più serrata è 284 bpm e quella più lenta e ampia, doom, 71 bpm.
La cosa interessante in un ritmo come questo, dispari in 7, è che la velocità di scansione adottata lo fa sentire in maniera piuttosto differente. La percezione dell’andamento ritmico varia in modo rilevante a seconda della pulsazione scelta.
Solitamente, quando la velocità è medio-lenta si intendono metri in quarti (semiminime), medio-rapida in ottavi (crome), rapidissima in sedicesimi (semicrome)***.

Ecco perché ho messo solo “in 7” per il ritmo di Neil Peart: se s’intenderà con la velocità mediana (142) della pulsazione si può denominare quel groove una battuta di 7/8. 
Va da sé che allorquando s’intenderà la pulsazione di velocità doppia (284) della mediana il groove non sarà costituito solo da una battuta, ma da due di 7/16; se a metà velocità (71) della mediana di 7/8, sarà una battuta di 3/4+1/8, ossia 3,5/4.

Appresso ho trascritto il ritmo nelle tre modalità differenti, non usando il tradizionale pentagramma, ma una griglia a tre strati: in quello basso ci sono i colpi della cassa (X nera), in quello centrale il rullante (X rossa), in quello alto il charleston (X verde).
Altresì ho colorato diversamente le zone temporali inerenti i movimenti forti e mezzoforti (i dispari) e i deboli (i pari) delle scansioni in ottavi e in quarti, affinché si possa meglio comprendere l’andamento del flusso con le sue fasce ritmo-metriche.
​Ovviamente i numeri corrispondono alla pulsazione metronomica adottata; il quadratino corrisponde alla segmentazione temporale minima basilare (in questo caso i sedicesimi, le semicrome).
Infatti, si può presumere (lo sa solo Peart) che la strutturazione ritmica sia avvenuta in sedicesimi: così è più agevole esser precisi. Peraltro si può rilevare dalla trascrizione che in questa modalità l’elemento più presente - il charleston - è continuamente nei movimenti pari donando scorrevolezza****.
Invece, sentendo questo ritmo alla velocità più normale e consona, quindi in 7/8, il ritmo diviene più complicato e imprevedibile, invertendo i movimenti forti (dispari) e deboli (pari). Infine, sentandolo nella maniera più lenta, doom, che è quella tipica del backbeat, in quarti (semiminime), fornita da cassa sull’1 e rullante sul 2, dopo ciò si hanno notevoli controtempi con pure una piccola accelerazione finale.
​
Insomma, nel caso più rapido, precisione e “parificazione” della struttura, ma difficoltà per la velocità e sensazione più meccanica. Velocità mediana più imprevedibile per l’inversione dei colpi nei movimenti, più jazz-rock. Nel caso più lento, doom-funky coll’accelerante saltello dell’ottavo finale che vale metà pulsazione (nella griglia denominata e).
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Per comprendere la musica bisogna applicarsi un po’, studiare ciò che i musicisti hanno pensato ed eseguito; nel caso dei ritmi e dei metri, quindi nel decisivo dominio del tempo, la cosa non è complicata come sembra. Però se mai s’inizia mai si saprà.

 ​* La pulsazione, mediante l'isocrona spaziatura temporale, stabilisce l'unità di tempo di riferimento, quindi la velocità dell'intero flusso musicale.
** Si può capire pure l’aspetto delle strutturazioni formali dei brani (le varie sequenze ricorsive di intro-A-Ponte-B-Coda ecc.) senza avere una particolare istruzione musicale: ma è più che utile, a volte necessario, avere un minimo di consapevolezza del fluire del tempo, della sua scansione.
​*** Nel Jazz invece quasi sempre in quarti; rare deroghe.
**** In questa modalità a semicrome il codice d'impulsi che "coagula" il groove è 4+3 + 2+2+3.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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