Carlo Pasceri
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La collisione tra le note e le differenze tra i generi musicali

3/11/2022

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Il movimento vitale è dato da collisioni più o meno marcate, più o meno sfumate tra oggetti. Attriti energetici; potenza dinamica del calore.
Senza questi urti, contrasti, divergenze, resistenze, ci sarebbe la rigida, glaciale, immobilità.
Dunque nel nostro vivere siamo continuamente alle prese con attriti di ogni tipo.
​Naturalmente pure in musica esiste ciò.
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Si ritiene che le diversità tra i generi musicali siano date da alcuni semplici fattori (e certamente non è errato).
Per esempio il Pop, l’Hard-Rock, il Jazz e la New Age (che differiscono parecchio tra loro), tra i fattori più evidenti che subito emergono nel loro distinguersi c’è il timbro; i suoni, gli strumenti usati. La voce. Nei primi due è diffusissima (nel Pop un po’più presente dell’Hard-Rock) e nei secondi due no (comunque nel Jazz più presente che nella New Age).
Un altro manifesto fattore è il ritmo; poi c’è anche l’affabulazione di note (quantità e qualità relativamente al tempo).
Quindi timbri, ritmi e quantità e qualità di note.
Nei ritmi e tra le note ci sono costantemente attriti: le molte gradazioni di essi determinano le “qualità delle note” (intendendo quindi in questo caso non come valore artistico-creativo ma solo come quote di attriti)
Tutto ciò è vero anche per il timbro che tralasciamo giacché più complicato spiegarne la natura e quindi comprenderne il concetto e la pratica.
Dunque in musica* ci sono sempre contrasti, quando tanti e/o qualitativamente forti c’è tensione, quando pochi e/o qualitativamente deboli c’è risoluzione; insomma, movimento e riposo. 
Un ritmo differisce da un altro perché ci sono quantità e qualità diverse di urti tra i suoni; basti pensare, nel caso di una batteria, la differenza tra suonare un semplice e “dritto” 4/4 e un qualunque dispari, asimmetrico e con molti colpi: poco tensivo il primo, molto tensivo il secondo (l’equivalente in armonia di consonante e dissonante).

Comunque nella musica chi impera sono le note, perciò melodia e armonia.
Ne consegue che oltre i timbri e i ritmi, quel che essenzialmente differenzia di più i generi musicali (ma anche ciò che può rendere parecchio difformi un brano da un altro dello stesso genere) è la quantità e qualità delle collisioni tra le note; le loro convergenze e divergenze, le loro dinamiche vitali.
In musica, si sa, sono chiamate consonanze e dissonanze.
Però attenzione, ciò consiste nel concetto fisico, scientifico, di tensioni (dissonanze) e risoluzioni (consonanze), da non confondere col soggettivo (e fuorviante) concetto di sgradevolezza e gradevolezza.
E se è vero come è vero che consonanze e dissonanze sono state da molto tempo classificate, pertanto nei manuali di teoria musicale troveremo la lista graduata degli intervalli (distanze tra note) più consonanti e più dissonanti (ma nel corso dei secoli è variata proprio perché si associava gradevole=consonante/sgradevole=dissonante), nella normale percezione a orecchio è semplicemente questione di abitudine e quindi di gusto (ed ecco il cortocircuito con sgradevole/gradevole).**
Per esempio nel Pop e nell’Hard-Rock le strutturali tensioni musicali tra le note (quantità e qualità) sono simili, mentre differiscono parecchio rispetto al Jazz e alla New Age: nei primi due generi sono poche e di qualità minima, moltissime e massima qualità nel Jazz, quasi assenti nella New Age.***
Difatti comunemente il Jazz è reputato stancante da seguire, troppo imprevedibile e quasi caotico nel susseguirsi dei suoni; mentre al contrario la New Age troppo statica e ripetitiva, quindi noiosa e fredda.
Tutti e due questi generi, casomai, sono relegati come esili sfondi a ben altre attività piuttosto che all’ascolto attivo.
E non per caso la stragrande maggioranza del pubblico predilige il Pop e l’Hard-Rock.

Se è vero che le tipologie dei brani di questi due generi hanno poche tensioni strutturali è pure vero che sono più presenti quelle sovrastrutturali (soprattutto nell’HR e quindi è essenzialmente ciò che lo contraddistingue dal Pop), fornite principalmente da timbri, volumi, registri e velocità.
Ed è ciò che i compositori di tutti i generi (pure gli autori di assoli) cercano: i punti di equilibrio proporzionali tra le differenze di potenziale energetico (tensioni e risoluzioni) nelle varie parti dei brani per generare e far fluire la loro musica come desiderano.
Le scelte decisive per ottenere questi risultati nella percezione di chi ascolta sono innanzitutto tra quell’organico e complesso potenziale musicale, strutturale e sovrastrutturale (tra note e ritmi e tra timbri, volumi, registri e velocità), poi all’interno di ognuna di queste.
Lo studio fondamentale per i compositori e solisti (per quelli dei generi più semplici può essere anche solo empirico) è quindi di queste gradualità di proporzioni tra tensioni e risoluzioni, dunque gli effetti che producono per poi usarle nel creare musica.
 
 
* Ovviamente evidentissime diversità pure nel macro genere della Classica: a titolo di esempio, l’enorme differenza che intercorre tra i brani di Corelli o Vivaldi e quelli di Debussy o Stravinsky è data dalla quantità e qualità degli attriti, delle tensioni, tra i suoni.
** Nella pratica dei brani, le vere e proprie pure consonanze non esistono, accadono sempre gradazioni di dissonanze.
*** Va da sé che variano da brano a brano e da stile e stile dei vari generi e autori. 
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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