Il blues è l’unico genere musicale che se non corrisponde a quei minimi fattori con i quali è in effetti costituito da oltre un secolo, non è in sostanza considerato come blues.
Il blues in pratica gira su 4 precise NOTE melodiche e 3 accordi maggiori.
Quelle 4 note melodiche sono avvicinate e ornate da altre: ma quelle 4 pure variamente espresse sono appunto i 4 punti cardinali del blues e da lì non si scappa.
Tutti i generi, anche quelli più poveri e minimali, come il funk, non hanno queste zavorre linguistiche e grammaticali: il funk si è evoluto in molte sfaccettate direzioni che non solo hanno dato esiti di seminali sottogeneri ecc., ma si è direttamente arricchito poiché innovato non rinnegandosi.
Oltre a ciò va detto che il blues “nel” rock (rock-blues), e quindi quelle musiche che tanto sono diventate popolari, con l’avvento della chitarra elettrica con il suono distorto (metà anni ’60), si è fermato molto prima: si sono tutti contentati di realizzare accattivanti ritmi shuffle/binari sottolineati pesantemente dalla batteria, con la fantastica espressività appunto della chitarra elettrica spremuta benissimo dai suoi alfieri, che con pochissime note riuscivano di rivaleggiare con la voce umana, donando pure qualcosa in più…
Ed è (per fortuna) l’unico genere cui accade questo: tutti gli altri, persino i sottogeneri con i loro stili, si sono dimostrati permeabili e quindi si sono RINNOVATI e pertanto hanno PROGREDITO.
Andiamo direttamente alla fonte per ascoltare tutta quell’enorme massa di brani e assoli qualitativamente migliori che abbiamo negli anni accumulato, considerando pure che sono quelli originali e non degli scimmiottamenti. (Si può comprendere un po’ di entusiasmo se assistiamo direttamente ai concerti di questi moderni musicisti rock-blues, giacché siamo direttamente partecipi in quei momenti di potenti energie; e magari sperare che quell’evento possa essere la scintilla per andare a (ri)scoprire le matrici.)
Il successo di questo chitarrista/cantante frena la possibile evoluzione della sensibilità degli appassionati di musica che, di nuovo schiacciati e compressi da cotanta restaurazione calligrafica di un genere e di uno stile che si basa su schemi così minimi e quindi prevedibili, retrocederà inevitabilmente in una conseguente richiesta di semplificazione di tutto quello che sarà anche al di fuori del genere stesso, frenando collateralmente tutto.
Lo slogan è sin troppo facile: Bonamassa fa cattiva massa!