Pure negli anni successivi ha realizzato alcuni notevolissimi dischi solisti ("Faster Than the Speed of Light", "Speak No Tech", "Requiem"), passati inosservati, ma che avrebbero meritato ben più attenzione, almeno pari a quella dei celebratissimi suoi connazionali come David Bowie e il già citato Gabriel. D'altronde Arthur Brown mai si è concesso a facili commercializzazioni, in tutti i sensi (né canzonette, né atteggiamenti alla moda, né tante altre cose…), e ne ha pagato il salato prezzo dell’insuccesso.
Folletto fantascientifico di una fascinazione cupa e oscura, un po’ gotica: piace pensarlo dopo averlo ascoltato. Da (ri)scoprire e “ammirare”, se non amare.
Eccolo nel 1975 in un'interpretazione del suo brano più noto: Fire.