Per forza propulsiva, flessibilità anche nel dialogo con altri strumenti, precisione, fantasia, inventiva e originalità in tutto, anche timbrica, Trilok Gurtu è il batterista-percussionista (e compositore) che più si è distinto nei decenni successivi ai grandi maestri del Jazz-Rock dei Settanta.
Trilok spesso si esprime nel mezzo di tempi complicati, esplicitandoli con ritmi complessi ma fluidi, suonati con estrema scioltezza, naturalezza verrebbe da dire. Ma anche frasi (fill) e interventi mirati a far “cantare” i ritmi, tanto che spesso doppia o duetta con se stesso tramite la propria voce. Non tralasciando di sottolineare in unisono intricati obbligati.
Dunque Gurtu è riuscito a connettere la sua cultura indiana, estremamente virata e versata verso il ritmo complicato ma limitato a pochi suoni e meno stratificato (per il singolo esecutore), con quella occidentale ove il ritmo è più semplice ma più polifonico, mediando ed esprimendosi in modo originale: pertanto un caposcuola partito dalle radici della sua terra e che ha fatto tesoro dell’esperienza jazz-rocker/fusion.
Enorme energia e sensibilità con ricerca e messa in opera originalissimi fanno di Trilok Gurtu un preziosissimo maestro, così di alto rango che è difficile seguirlo: come tutti i fuoriclasse ha infatti prodotto poca scuola. Speriamo di più nel futuro.
P.S. Per iniziare a comprendere una minuscola frazione della sua naturale versatilità e bravura si potrebbe fare particolare attenzione nel video proposto il passaggio a 3’08” ove dopo un accompagnamento fast-swing (non sostenuto dal walkin’ del basso) si rapprende in un ritmo 4/4 tribal-dance per quattro misure per riprendere a 3’12” in totale scioltezza il fast-swing in crescendo dinamico… D’altra parte tutto il suo suonare in questo estratto fonde allo stesso tempo arioso swing con incisiva percussione tribale (in particolare accompagnando il solo di McLaughlin).