È una piccola antologia di brani del compositore estone arrangiati per coro e orchestra d'archi da Tõnu Kaljuste, dirigendo l'Orchestra da Camera di Tallinn e del Coro da Camera Filarmonica Estone.
Potrebbe essere un’occasione per iniziare a conoscere questo musicista così tanto apprezzato anche da ascoltatori poco avvezzi alla Classica.
Il risultato è una musica devozionale, solenne, né eccessivamente statica né granché mossa e intricata; tra sospensioni ieratiche e garbati moti dinamici.
Usa di solito una strumentazione ridotta, prediligendo voci in cori, pianoforte e sezioni di archi.
Chiavi di volta sono l’estrema semplicità formale e di contenuti, i tempi lenti, e il cosiddetto tintinnabuli, che ci informa Pärt “è la connessione matematicamente esatta da una linea all'altra… Tintinnabuli è la regola in cui la melodia e l'accompagnamento (la voce accompagnatoria) sono una cosa sola.”
Un po’ criptico, vediamo meglio, ancorché tentando una sintesi semplice di come il compositore estone riesca a far suonare la sua musica arcana, arcaica, ma non scontata. La procedura compositiva è moderna, pandiatonica.
Al netto dell’onomatopeico neologismo che rammenta il tintinnamento, in questo caso quello delle campane che Pärt qua e là inserisce davvero, la elementare cellula iniziale melodica (solitamente lenta e contrappuntata in modo retto o parallelo e isoritmico*) sovente si dipana in una progressione scalare per gradi congiunti diatonicamente (dando origine a parecchie variazioni), è sovrapposta e accostata da accordi elementari da cui si traggono “tintinnanti” arpeggi reiterati (basso albertino) e/o note per armonizzare ulteriormente in contrappunto, compiendo una parabola di climax generale di altezze di note e d’intensità.
Questa strutturazione dà un esito non scontato: la polifonia che si produce non è copia di quella medievale o del successivo barocco, giacché gli intervalli che si creano non sono solo di quinta o di quarta, o di sesta o di terza, ma non di rado anche di seconda; intervallo alquanto dissonante, vietato all’epoca.
Altresì, oltre al bordone che spesso è presente, che essendo nel registro basso dona un sostegno e coerenza strutturale al tutto, la reiterazione, sia arpeggiata sia come accostamento polifonico alla linea melodica delle note tratte dalla triade tonale posta come fondamento, offre da un lato una specie di ipnotico mantra invocativo, dall’altro un’inedita fusione tra il medievale e il barocco**, un po’ modale un po’ tonale, che riesce a variare sufficientemente il ridottissimo materiale di base.
Insomma, è il principio del successo del Pop, Rock, Funk ecc.: pochissimo materiale ripetuto tantissimo, ma con qualche minimo accorgimento per modificarlo quel che basta per non risultare troppo monotono.
Littlemore Tractus*** il brano che apre il disco Tractus, contiene molti dei fattori che abbiamo appena incontrato: il bordone e l’arpeggio iniziali, campana che dà lo slancio per il coro polifonico isoritmico che espone la linea melodica, variazioni, climax.
** Nella musica medievale non si impiegava l’arpeggio albertino, nel barocco non era uso il contrappunto retto o parallelo né isoritmico.
*** Originariamente era un brano per organo e coro, si può trovarlo anche col titolo alternativo di Swansong.