Lo swing è una globale dimensione musicale di sbarramento per il rocker che approccia il Jazz, egli non riesce a entrare in sintonia con il procedere ritmico di un pezzo di questo genere (che peraltro nella stragrande maggioranza dei casi è nel comunissimo metro di 4/4): fa fatica anche solo a stargli dietro accompagnando, gli sfugge, va fuori tempo… e questo a prescindere dalla complessità accordale.
L'ostacolo armonico è nell’estrema difficoltà del rocker di tessere delle linee melodiche a fronte di intricati telai accordali dei brani che comunemente sono presenti nel repertorio jazz, giacché deve fare molta attenzione a che le linee siano “giuste” rispetto al flusso delle armonie.
Spesso nei pezzi rock la tonalità è una sola, a volte con qualche minima alterazione di passaggio, pertanto la scala da impiegare è solo una; in quelli jazz sono molteplici e variano in maniera veloce. Sovente il rocker non ha le competenze teorico-pratiche per risolvere questi problemi armonico-melodici dei pezzi jazz, e pure allorquando le abbia, non ha il debito addestramento per operare adeguatamente in tempo reale (o quasi).
Tanto per fornire un dato, a rigore il celebre Lover Man ha oltre 10 differenti modulazioni di tonalità.
Perché è necessario esser capaci di specifici stilemi tecnici di controllo del micro inviluppo sonoro che si sovrappongono al macro modello ritmico base e alla neutra scansione dei battiti di riferimento.
Dunque l’articolazione del suo fraseggio musicale (suonare accordi o linee melodiche) deve avere simultaneamente un doppio asse ritmico: la conduzione sonica non strettamente binaria (pertanto tendente al terzinato) mediante il governo dell’inviluppo dinamico attacco-decadimento-sostegno-rilascio (ADSR) di ogni singolo suono emesso con accenti variamente dislocati rispetto ai tempi forti nella tanto basilare (quanto comune solo nel Jazz) struttura del ritmo swing (figura sotto).
Tanto che pure un altro fattore peculiare del Jazz ovvero il walkin’bass, che supinamente o quasi marca tutti i movimenti e perciò sarebbe una continua manifestazione di quarti (od ottavi), non è gretto e meccanico come lo sarebbe se non gli si infondesse un micro swing attinente a quell’unica e rapidissima singola nota che forma con le altre quella serie che fa procedere la sua parte così caratterizzante il Jazz.
Due invece sono le dimensioni per le quali i musicisti del mondo Jazz sono a disagio nell’entrare in sintonia col mondo Rock: la capacità di esprimersi con suoni più sofisticati, elettrici e quindi non naturali, e soprattutto avere l’abilità di essere efficaci in poche battute: non esprimersi in profluvi di note e quindi di tempo per trovare la “strada giusta”, ma essere concisi: saper affermare cose importanti non con romanzi, ma con racconti brevi. I rocker son capaci (seppur tramite molti tentativi e fabbricazioni in studio) di ottimi brevi interventi, è inerente al loro generale linguaggio di estrema sintesi; i jazzisti molto meno giacché abituati ad avere molto tempo a disposizione per sviluppare discorsi di ampio respiro, talvolta piuttosto verbosi.
È scontato ma lo diciamo lo stesso: seppur qua e là sono presenti incursioni l’uno nell’altro spazio, i musicisti dei pianeti Jazz-rock e Fusion sono quelli che hanno connesso i due mondi e pertanto generato un terzo; questi distinti linguaggi sempre più in congiunzione hanno naturale potenza di creare ulteriori spazi musicali. Nel frattempo potremmo andare in ricognizione a visitare quegli originari abitanti di pianeti diversi per scoprire dove siano i nessi e le distinzioni tra loro, è un gran bel viaggio!
Una delle più celebri e riuscite fusioni musicali è il magnifico Zanzibar di Billy Joel con il breve assolo centrale (e finale) del colosso Freddie Hubbard.