Le convergenze tra le musiche folcloristico-tradizionali e quelle minimali (anche new age), da discoteca-rave (house, techno ecc.) e metallare si avverano perché condividono le stesse configurazioni strutturali: pochi (o pochissimi) e brevi (o brevissimi) moduli sonici che si succedono e sovrappongono, realizzando composizioni con pochissime macrosezioni che si avvicendano.
Pertanto sono musiche ritmicamente incisive e modali a livello armonico-melodico; fortemente caratterizzate sul piano timbrico e senza il blocco delle comuni mini sezioni AABA che, dopo una Intro, si ripete alcune volte inframezzate da uno Special, per poi concludere con una Coda.
Dunque il carattere quasi ossessivo di queste forme compositive è basato sull’accumulo della figura musicale dell’ostinato in macrosezioni: iterazioni ritmico-percussive e brevi cellule melodiche (mediamente di un paio di battute); ci possono essere variazioni e varianti rapsodiche o prestabilite.
Insomma, groove e riff continuamente ripresentati.
La pedissequa ripetizione con minime variazioni e lente stratificazioni rende del tutto circolare la percezione temporale, quasi ipnotizzante: potente confluenza a-dialettica priva della convenzionale (europea) narrazione musicale in configurazioni a capitoletti discorsivi.
Così il naturale e asettico fluire del tempo reale è trasmutato in tempo virtuale attraverso il ritmo musicale; e tanto più è breve la porzione “catturata” e presentata quanto più facilmente gli ascoltatori si sincronizzano, conseguendo così un’evasione da quell’inesorabilità del vivere quotidiano che trasporta tutto e tutti.
Coloro che si immettono in questa dimensione iperciclica del tempo, lasciandosi persuadere dalle tanto semplici e incisive quanto brevi scansioni ritmiche**, vivono i differenti momenti temporali come unità ripetibili, una sorta di congelamento del tempo: un ipercosciente e permanente presente.
E se si semplificano i fattori costituenti la musica, reiterandoli continuamente, si aumenta potentemente la sua prodigiosa vitalità data dalla capacità di congiungere immediatamente chiunque ne sia “colpito” giacché tutti facilmente si sincronizzano vibrando insieme.
La giustapposizione di questi moduli aggancia cognitivamente gli ascoltatori, riducendo la loro attenzione al particolare, al dettaglio, rendendoli più facilmente partecipi della diffusa energia pulsante: divengono un tutt’uno con l’evento sonico.
D’altra parte siccome la musica è per sua natura aritmetica quando sussiste si realizza immediatamente uno specifico ordine, e allora, stabilite pochissime note, si può puntare sulla pura energia sonica, esasperando i caratteri dinamico-timbrici dei suoni impiegati mediante alterazioni a volte lievi e continue altre dirompenti e improvvise, eludendo ancor più la normale sintassi musicale narrante.
E allora ecco che questa tipologia di brani si caratterizza innanzitutto mediante i parametri di velocità, quantità, intensità, registri frequenziali e colori timbrici dei suoni, pertanto la musica si organizza per fasce soniche che si dispongono nel tempo come pannelli.
Sollecitano una percezione globale neutralizzando, quando presenti, le convenzionali figure musicali (motivi melodici e cadenze accordali) giacché assorbite dallo scenario che emerge dallo sfondo: uno stupefacente teatro che avanza verso gli ascoltatori, rendendoli più attivi partecipanti al rituale.
Ricapitolando, questa sorta di trance è indotta dalla limitatissima narratività e sviluppo musicale, effetto dell’inesorabile ripetizione di moduli costituenti macrosezioni e dall’energia timbrico-sonica che colpisce il corpo (sovente queste musiche si ascoltano a volumi più alti della norma e virate in tessiture basse); Minimal, Dance e Metal, più degli altri generi, inducono un movimento coreutico, anche solo mentale: così è più facile partecipare al rituale catartico.
Ciò non significa che non si possano conseguire immersive liturgie psicofisiche anche con musiche convenzionali, tuttavia è facilmente riscontrabile l’enorme diversità tra queste forme anche in stessi autori***: una più magnetica ed estroversa, l’altra più riflessiva e nostalgico-malinconica.
E recentemente in Italia ha una rilevante diffusione la Taranta: etno-trance derivata da alcune pratiche folcloristiche dell’Italia Meridionale: un successo popolare e duraturo di un'arcaica e arcana fenomenologia assolutamente umana.
* Ci sarebbe anche il Blues, ma è un discorso un po' differente.
** Per converso alcune musiche etniche, come quelle balcaniche e dell’India, hanno cicli ritmici asimmetrici, lunghi e complicati, che però proprio per questo, paradossalmente, fanno sì che il normale ascoltatore percepisca il fluire del tempo in modo piuttosto lineare seppur esternamente sincopato.
*** Moltissimi e chiari casi di diversità si riscontrano nelle discografie di un po’ tutti gli artisti grandemente stimati, per esempio Carlos Santana e Robert Fripp: del primo Singing winds, crying beasts / Samba Pa Ti (un pezzo con 2 note su 2 accordi, lineare e costante ritmo 2/4 con suoni vari e interventi rapsodici / convenzionale canzone tonale con alcuni accordi, melodia, strofa e ritornello ecc.), del secondo Exposure / Moonchild (continuamente riff in 5/4 con batteria in 2/4, trama armolodica minimale e voce rapsodica / convenzionale canzone tonale con alcuni accordi, melodia, strofa e ritornello ecc).