Tuttavia nei tardi anni Quaranta del ‘900, in piena era jazz-bebop, fu registrato un pezzo chiamato Donna Lee, a firma di Charlie Parker (in verità era di Miles Davis...): un lungo e sinuoso tema melodico (esposto in unisono da tromba e sax), rapido e serrato, si dipana in modo alquanto complesso, appoggiandosi su una struttura simile a quella di una canzone con una coerente successione di accordi modulante. Poi gli assoli.
La differenza con una qualsiasi sequenza scalare di molte note affastellate, al netto di accorgimenti ritmici, è che ha delle precise direzioni costituenti nuclei melodici dotati di più senso compiuto di quelli meramente scalari perché spesso suscitano armonie accordali o traiettorie tensive/distensive non corrispondenti alle abusate formule diatoniche. E meno il tema è sincopato ritmicamente e articolato espressivamente, quindi è più lineare e neutro, più deve avere forza cognitivo-compositiva per "stare in piedi".
L’essenza non è dissimile da alcune cose composte in special modo nel periodo barocco, per esempio da Bach nelle sue sonate per flauto. Comunque è direttamente parente di alcuni "special" delle più famose big band dell'era Swing (tra i più noti quello presente in Swinging Uptown di Jimmie Lunceford a circa 1'10” e in Cotton Tail a circa 2'05” di Duke Ellington).
In quegli anni, nel Jazz, qualche altro brano simile c'è stato (Milestones e Confirmation), comunque non così radicale e famoso come Donna Lee; a mano a mano questo tipo di pezzi è divenuta merce sempre più rara.
Probabilmente ciò è avvenuto perché le composizioni di questo tipo hanno necessità di un grande dispendio di energia creativa (banalmente pensando anche solo al numero di note impiegate) e ripagate con scarso successo, anche perché sempre più si stavano imponendo il Rithm&Blues, il Rock’n’Roll e i loro discendenti, che si basavano addirittura su una riduzione degli stilemi delle canzoni e dei Riff jazz-blues. Erano fuori moda e fruttavano poco.
| |
Evviva Donna Lee e i suoi figli!