Come spesso accade, l’”incontro” fu a casa di un mio amico dell’epoca (primi anni Ottanta); era uno dei dischi della sorella (più grande di noi).
Non a caso Coltrane, che dopo qualche anno registra A Love Supreme che esplora ancor più orizzonti di semplicità, è in assoluto dei musicisti jazz tra più “conosciuti” e apprezzati da chi frequenta il Rock e dintorni, sia a livello di meri ascoltatori sia di chi suona.
La sua versione, Coltrane la registra a fine ottobre del 1960, per un disco che intitolerà proprio My Favorite Things, pubblicato nel 1961.
Lo farà col sax soprano, che sarà sempre più uno strumento che userà al posto del sax tenore.
Fu registrato in pochissimi giorni insieme con McCoy Tyner al pianoforte, Steve Davis al contrabbasso ed Elvin Jones alla batteria. Da quelle sessioni scaturì materiale discografico per altri due dischi che saranno pubblicati in seguito: Coltrane Plays The Blues (’62), Coltrane’s Sound (’64); due pezzi saranno inseriti in un disco postumo The Coltrane Legacy (1970).
My Favorite Things ebbe un grande successo, il pezzo in particolare per gli anni a seguire sarà un notevolissimo cavallo di battaglia, è proprio il caso di dirlo, andando in alcune occasioni a durare oltre il doppio la sua già rilevantissima durata pubblicata nel disco di quasi 14 minuti: infinite, ipnotiche improvvisazioni che fecero epoca.
Ciò che è interessante notare sono le differenze della versione di Coltrane con l’originale; senza entrare granché nel dettaglio, andiamo a vedere quelle più evidenti.
Il breve pezzo, originariamente cantato da Mary Martin (e dalla soprano Patricia Neway), in 3/4 (molto valzer), è più rapido, e ha una semplicissima struttura a blocchi: (minimale Intro) A1 A2 A3 B, che si ripete, per poi terminare riprendendo il B fino alla Coda finale.
Le differenze tra A1 e A2 sono perlopiù date dalle parti orchestrali in contrappunto, mentre A3 ha la stessa melodia ma esposta (inizialmente) con armonie di MI maggiore in luogo di MI minore delle prime due A. Una grande idea.
La B riprende il MI minore, con l’accordo conclusivo in gloria maggiore.
D'altronde il brano lo è anche a livello armonico-melodico, ondeggiando tra minore e maggiore, qui si oscilla tra tempo binario e l’originale ternario. Ciò è dato dal fatto che le prime due note forti del pianoforte (se intese con la scansione binaria) danno un netto battere-levare, per poi essere seguite da alcune terzinate e poi ancora binarie e terzinate in un alternarsi ambiguo e ammaliante. La pulsazione che si manifesta (col contrabbasso e piatti che marcano i battere ogni 2/4) è 4/4 a circa 100 bpm*.
Dopo questi 10 secondi, si va verso l’originale ritmo in 3/4 sottolineato dalla batteria, in rilevante rallentamento della pulsazione metronomica (circa 84 bpm).
Oltre a ciò, ci sono molti interludi modali, pertanto tra le varie sezioni tematiche e dei soli piuttosto statici a livello armonico, ma non melodico giacché ci sono sempre interventi da parte di Coltrane e McCoy Tyner; peraltro la parte A3, cioè quella che vira al maggiore, è improvvisata dal sassofonista; altresì il B del tema è solo al termine esposto da Coltrane (12’33”).
Buon ascolto a tutti.
* Se invece si sentisse la pulsazione di questa introduzione nel convenzionale modo in 3/4 sarebbe a circa 75 bpm, dunque alquanto più lenta rispetto all'immediato proseguimento più rapido (84 bpm).