Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Welcome to the Machine, il caos organizzato dei Pink Floyd

15/2/2015

1 Comment

 
Il testo che segue è un estratto dal mio libro Pink Floyd - Wish You Were Here: Guida all'ascolto.
Ti consiglio di ascoltare il brano (più sotto c'è il link youtube) di pari passo con la lettura.
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Welcome to the Machine inizia con una veloce pulsazione in bassa frequenza: inquieta. Dopo qualche secondo, sulla destra, rumori di vario tipo; si spostano nel panorama, la pulsazione cresce, anche l’inquietudine. Si ripetono, si aggiungono, s’intensificano nel trascorrere; pulsazioni si sovrappongono. Sembra camminino, si sdoppiano sincronizzate. Attività industriale, pale di elicotteri, robot? Regola meccanica di una vitalità comunque militante ordine ed efficienza. Assenza di umanità, suono alieno e implacabile. Oscurità. Congegno temporale in uno spazio buio. Fabbrica senza luce: un luogo solo con macchine non ha bisogno di luce.
Ma a 47” (Intro) sorprendentemente fende l’oscurità, e il tempo meccanico, un accordo (Mi minore) di chitarra acustica (12 corde) suonato quasi arpeggiato dalle note alte a quelle basse, posto sul centro-sinistra dello scenario. Dopo 12 pulsazioni, che potremo considerare scansioni temporali di ottavi, quindi 6/4, ne arriva un altro (Do magg.7) ma sul centro-destra. C’è pure un accordo di sinth che si espande e sviluppa lentamente con effetto “phasing” quasi una nota per volta nello scenario stereofonico: vedremo che le tastiere continueranno a essere le protagoniste. (Ora ci si accorge più facilmente che le pulsazioni avevano un’intonazione: Mi, la fondamentale del primo sorprendente accordo di chitarra.)

Questo è il brano più sperimentale dell’album Wish You Were Here, e che davvero riporta i Pink Floyd ai creativi e gloriosi primi dischi, ma senza ripetere gli stilemi precedenti

(1’04”) Entrano le voci (A1) tese e quasi strozzate che intonano una melodia: una alta quasi grida, l’altra che doppia un’ottava più bassa; e la linea è formata da pochissime note tutte contigue. Il cantato è opera di Gilmour. Niente chitarre, ancora sinth: in particolare uno sottolinea a centro-destra (inizia a 1’07”) le fondamentali degli accordi prima esposti dalla chitarra, il suo suono spesso, cupo e ottuso conferisce drammaticità. Nelle due battute di pausa s’innesta un altro suono di frequenza medio-alta, specie di vento che viaggia con il tempo delle pulsazioni (in ottavi) andando a sinistra e destra.
(1’18”) Si ripete tutto in modo simile (A2) ma la linea è un po’ variata, la modificazione più importante accade con la seconda frase (1’22”) che è “squadrata”: è lunga 7/8, e arriva a una nota prima mai presa e sottolineata appena dopo da un accordo di sinth. Oltre a ciò la frase è più serrata, sincopata e ritmica di tutte.
Dopo ancora due battute di pausa del cantato, riprende a 1’32” (A3) sempre in modo simile ma sempre cambiato, senza “squadratura”, e con un’altra variazione formale: dopo una battuta di cantato, battuta strumentale.
A 2’06” (Ponte) inizia la “liberazione” con tre misure di 4/4 nelle quali rientra la chitarra acustica che prende un semplicissimo ritmo di un accordo e le voci intonano pochissime note ma sostenute. Si continua strumentalmente, però la chitarra è raddoppiata (pure dalla 6 corde) e cominciano a muoversi a sinistra e a destra, a 2’34” bella frasetta del basso a preludio della nuova sezione strumentale.
(2‘42”) Quest’altra sezione (B), sempre sulla medesima base pulsante, suddivide in 3/4 la semplicissima salita scalare della linea melodica suonata dalla chitarra acustica e rinforzata dal sinth con suono di violino: quattro battute così e quattro battute di risposta del sinth, offre in questo modo una nuova percezione di una base monotona e meccanica sin dall'inizio sempre uguale. Si ripete, e a mano a mano inserti di suoni sempre più sintetizzati, e in lontananza i timpani e i piatti di Mason; qui si raddoppiano le misure che diventano quelle di risposta del sinth alla linea ascendente. Ancora un’altra volta, linea melodica e risposte sinth simmetriche nella lunghezza come all'inizio. 

Riprende il cantato (3’58”) ripetendo come dal principio (1’04”) in modo simile ma non uguale… E il Ponte che porta alla Coda strumentale è di quattro misure di 4/4.

Sempre con la medesima base arriviamo alla sezione Coda (5’09”) lunga 23 battute: un imperioso sinth tutto a sinistra con un effetto eco reso stereofonico (tutto a destra) esegue una semplice e lunga linea melodica solistica, “sotto” la trama di suoni s’infittisce (anche il basso di Waters). Entrando nelle ultime due battute (6’25”) s’innesta una semplice ma efficace parte di tastiere di tempo dispari 15/8 (7+8) che decreta la fine del brano, che in velocissimo fade out è missato con rumori vari e successivamente con vociare festaiolo…

Questo è il brano più sperimentale dell’album Wish You Were Here, e che davvero riporta i Pink Floyd ai creativi e gloriosi primi dischi, ma senza ripetere gli stilemi precedenti: hanno approfittato della tecnologia e delle esperienze fino allora fatte sia da loro stessi sia dall'importantissima avanguardia tedesca (Kraftwerk e Can in testa), che però in un bellissimo cortocircuito, proprio ai Pink Floyd sono parzialmente debitori anch'essi. 
La prima facciata del disco si chiude con questo magnifico brano di musica del ’900; ma Welcome To The Machine non è solo importante per il tema di fondo, i suoni, la suggestione ecc., è che tutto concorre affinché questa musica sia speciale: il gusto usato per spazializzare lo scenario sonico, le variazioni, raddoppiare, togliere, l’interpretazione vocale e la forma, sia la struttura dell’intero pezzo sia delle parti che lo compongono. Da notare questa specie di caos organizzato: l’intera struttura del pezzo è simmetrica e proporzionata (con la sezione B, l’unica non ripetuta, che divide il brano), ma che all'interno ci sono le varianti e asimmetrie, e i tantissimi suoni che vanno e che vengono su una pulsazione di base però costante, creata senza suoni percussivi, tuttavia non si sente la mancanza della batteria: equilibrio aureo di fondo.
Questo brano non è solo qualche trovata di suoni e quant'altro, altrimenti di gruppi come i Pink Floyd e di pezzi come questo ne avremmo avuti molti di più.

Trovi l'analisi completa del brano e di tutto il disco nel mio libro Pink Floyd - Wish You Were Here: Guida all'ascolto.
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1 Comment
Luca
13/3/2015 08:40:07

Il concetto di caos organizzato è un' entità che mi ha sempre affascinato. Qui regna la tematica del clangore, che spesso ho fatto presente nelle nostre galeotte conversazioni telefoniche. Dimenticarsi l' assenza di un fatto percussivo fisico, tangibile e vedibile non è cosa da tutti i giorni, e la pulsazione incessante e non tuttavia ossessiva pompa vita per tutto il brano, quel pulsare. Qui il mezzo tecnologico di registrazione, l' ambienza, notevoli per l' epoca, coronano il tutto creando un paesaggio cibermeccanico da antologia. Infine il testo, minimale, fin rarefatto, prima della grande schiavitù Watersiana della musica sotto il giogo del testo.
Ad maiora, ma è vano dirlo, con te, Carlo!

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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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