Fu registrato e pubblicato nel 1954 da Miles Davis nel disco Miles Davis Quintet (poi ancora stessa versione nel ‘57 nel disco Walkin’), di cui pure è autore.
E qui il primo e più prosaico arcano: che Davis fosse piuttosto disinvolto nell’appropriazione di idee altrui è cosa risaputa, com’è ormai risaputo che il chitarrista Chuck Wayne suonava un pezzo del tutto simile già nel 1946: ma non fu mai pubblicato, e non si sa come Davis sarebbe venuto a conoscenza del brano (conosciuto poi come Sonny).
La sua sequenza armonica è diversa e in assoluto abbastanza peculiare: a rigore ha ben 4 centri tonali, ossia non ha soltanto una scala di riferimento; inizia in DO minore, ma già dopo 2 misure modula in FA maggiore (per 4), poi in MIb maggiore (per 3), segue REb maggiore (per 3) per concludere ritornando in DO minore (per 2); quindi si riparte e così ciclicamente, senza interruzioni.
Il tema è riccamente melodico, sinuoso, peraltro con un tempo medio-veloce; non ha motivi incisivi a riff, come quasi sempre hanno i brani bluesy.
Il solo di Davis è magnifico; gli interventi a seguire dell’altosassofonista “parkeriano” (Dave Schildkraut) e del pianista (Horace Silver), pur non raggiungendo la vetta del leader, sono all’altezza della situazione (Kenny Clarke alla batteria).
Proprietà che, in modo progressivo fino a oggi, genericamente si sono sempre più intensificate e diffuse nel Jazz: si privilegia l’affastellamento di frasi ad effetto che, pur avendo dei ragguardevoli contenuti, diminuiscono di molto l’armoniosità delle architetture generali e le strutture melodiche. Insomma viene meno una sorta di logica del racconto articolato a favore di un’aggressiva incisività esposta a slogan.
Rammarica che di Davis non si conoscono altre versioni di Solar, ed è parecchio strano pure considerando il “successo” musicale che ebbe; comunque per qualche motivo sulla sua lapide sono incise le prime due misure dello spartito.
* Evans nel ’61 nel suo famosissimo Sunday at the Village Vanguard, e Metheny nel ’90 in Question and Answer.