Carlo Pasceri
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Pubblicazioni > Riviste musicali
Articolo pubblicato su Axe Magazine n.19 febbraio 1998

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Morire di (chitarra) rock?

di Carlo Pasceri
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​​Recentemente sull'importante rivista americana "Guitar Player" è stata decretata la morte del rock o meglio dei chitarristi rock. Sembra che da quelle parti lo strumento beneamato lo sia sempre meno e che l'età media dei chitarristi sia notevolmente cresciuta. La constatazione si basa su un calcolo più affaristico e statistico che altro: quante chitarre sono state vendute, quanti nuovi iscritti nelle scuole, ecc.. Non so quanto questo possa essere attendibile, ma vorrei prendere spunto da questa considerazione per cercare almeno di misurare la temperatura al presunto moribondo.
Il medio chitarrista rock (l'agonizzante) è cambiato, o almeno così sembrerebbe: si è "acculturato", conosce scale diverse dalla solita abusata pentatonica, sa prendere accordi più raffinati dei semplici maggiori-minori e di settima, conosce un po' la teoria e magari sa anche leggere la musica.
Tutto questo è bello e sempre più auspicabile; sembrerebbe una vera e propria evoluzione della specie! Altro che moribondo potrebbe pensare qualcuno! Ma è proprio così? O più semplicemente il chitarrista, tanto per rimanere nella metafora, sta cambiando pelle? Per desumerlo basterebbe rispondere alla semplice domanda: come mette in pratica il medio chitarrista rock tutti gli stimoli e le nozioni che haormai ha acquisito? Quel potenziale è sfruttato veramente?
L'evoluzione tecnica degli illimi 20 anni è indiscutibile: da Van Halen (uno spartiacque tra il vecchio mondo e il nuovo) in poi, con i vari Malmsteen, Satriani, Morse, Vai, i turbolenti anni '80, si è approdati, dopo una vera e propria corsa agli armamenti, agli anni '90 con veri e propri "mostri meccanici", R. Kotzen, B. Garsed, J. Batten, S. Lane, T. J. Helmerich, P. Gilbert, G. Howe sono i più rappresentativi cyborg della chitarra, sparanote senza macchia e senza paura, che ci hanno fatto impazzire stordendoci con le loro mazzate chitarristiche. Soprattutto per questi ultimi c'è da rilevare, oltre alle soluzioni tecniche impiegate, una ricerca di nuove vie musicali da percorrere, testimoniate dall'introduzione sempre più massiccia di scale diminuite, minori melodiche, esatonali e arpeggi fuori dal comune senso del rock, armonie con accordi estesi e alterati, progressioni meno scontate e ritmi e tempi bizzarri e intriganti, a volte dispari. Questa fusione di elementi tende a rinnovare il linguaggio rock e a renderlo più contemporaneo e vitale; e ben vengano tutte quelle soluzioni tecniche (sweep, tapping, string skipping) e tecnologiche (harmonizer e whammy pedal) che ci permettono di allargare i nostri orizzonti espressivi.
Tutto bene, quindi? Avanti tutta? Uhm... La ricerca armonico-melodica-ritmica è quasi interamente virata sull'aspetto virtuosistico; le armonie e i ritmi su cui poggia il "santificato" assolo sono a volte sofisticate e raffinate, alcune frasi obbligate e temi sono anch'essi più elaborati, ma le vere idee sono... Rare! Dopo la passata influenza blues e grunge dei primi anni '90, che aveva riportato un po' di semplicità e respiro nelle composizioni e nel fraseggio, potrebbe ora riemergere prepotente lo shredding, forsennato e agguerrito come non mai. Ascoltando i CD Inner Galactic Fusion di Kotzen, Five di Howe e Tilt dove i due sono in coppia, si ha l'impressione che una nota di più nei temi e nei soli non sarebbe potuta entrare tant'è fitto l'eloquio. Qualche vocabolo è cambiato, ma le cose dette non sono poi così diverse dagli anni '80; e anche la maniera di dirle! 
Greg Howe
Brett Garsed

 

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Solo Garsed ed Helmerich, pur essendo strumentisti ipertecnici, sembrano in possesso di un equilibrio e di un gusto maturi! Anche ascoltandoli duellare nei due CD Quid Pro Quo e Exempt non si ha l'impressione di assistere, come ad esempio in Centrifugai Funk presenti Lane, Garsed, Gambale, a uno scontro all'ultimo sangue.
Qualche responsabilità devono pure averla i fratelli Mike e Mark Varney, che con le loro etichette hanno sì promosso e incoraggiato una moltitudine di chitarristi e progetti, ma forse ne hanno anche influenzato scelte e finalità. Spesso è il sensazionalismo a prendere il sopravvento, basti ascoltare l'impiego in molte produzioni della chitarra acustica: Tutto il colore, calore e dinamica di cui è capace non vengono sfruttati, mentre la si mortifica e declassa a puro attrezzo da palestra, a dimostrazione che lui, il "Santo'', riesce a sbalordire e intimidire anche con quell'arma apparentemente innocua e non solo con l'ascia elettrica ultra distorta. E parlando di acustiche, è curioso annotare come storicamente il via allo shredding lo abbia forse dato un disco insospettabile di tre signori con la chitarra acustica, Al Di Meola, Paco De Lucia, John McLaughlin, registrato in un lontano venerdì notte del 1980, indovinate dove? A San Francisco.
Jazz-rock e fusion forniscono ora nuove armi da usare; non è un caso che i chitarristi più emulati o saccheggiati siano Di Meola, McLaughlin, Holdsworth, Gambale ovvero i più scintillanti tecnicamente; mentre non sono quasi presi in considerazione Frisell, Scofield, Ford, Carlton più eleganti e misurati. Schiere di chitarristi terreni e più quotidiani a loro volta girano con in tasca l'icona del "santo" cui sono votati, in perenne ricerca di trascrizioni o video per onorare e avvicinarsi il più possibile al "messia".Per non morire (noi chitarristi rock), come paventava quella rivista americana, conviene metabolizzare la carica vitaminica ingollata in questi ultimi anni insieme alla sapienza acquisita e fare tesoro della classe e della creatività espressa nel passato.  Altrimenti  più che una semplice morte per cause naturali, andremo incontro a un vero … Suicidio!
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