Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Infinite possibilità, ma scarse idee: un paradosso musicale

11/2/2024

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Sin dalle scuole elementari tutti conosciamo la proprietà commutativa dell’addizione (e della moltiplicazione): cambiando l’ordine dei fattori (o addendi) il risultato non cambia.
E similarmente, in modo diffuso (anche tra sin troppi musicisti e insegnanti professionisti), si ritiene che la cosa decisiva delle note sia quali sono presenti indipendentemente dal loro ordine di successione.
Cioè, scelta una scala di base p.e. Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do, poco importa come saranno disposte le note (al netto di qualche minima variazione): la cosa fondamentale, a fronte dei secolari precetti del Sistema Tonale, è che siano quelle e non altre. E qui un paradosso.  
I più, se coerenti a ciò, essendoci così tantissime possibilità combinatorie, potrebbero lasciar a briglia sciolta immaginazione e fantasia per generare molte idee creative. E invece no.
Sono invalse soluzioni schematiche, peraltro pochissime, sia a livello melodico sia armonico: passaggi scalari “spezzati”, arpeggi a intervalli di terze, progressioni; dominano gli accordi a intervalli di terze come dominano le sequenze accordali che si muovono per intervalli di quarte e quinte.
D’altronde, siccome non corrisponde al vero che (musicalmente) cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia, gli esiti delle esplorazioni che vadano al di là di quelle abusate combinazioni intervallatiche di note sarebbero molto interessanti di per sé in quanto ineluttabilmente nuovi.
​
Ciò dovrebbe esser chiaro pure mediante un banalissimo esempio, giacché perfettamente lineare e asettico sia come contenuti sia come espressività, dunque senza alcuna musicalità associata (che naturalmente avrebbe aumentato l’effetto), di ascoltare la differenza tra suonare tutte e 13 le note della scala Cromatica ascendente una appresso all’altra (come suonare i tasti bianchi e neri di un pianoforte nella successione che si presenta sulla tastiera in un’ottava, in questo caso di Do), e suonarla prima con tutti i tasti bianchi poi quelli neri. 
​

​​Si provi a immaginare quante significative diversità potenziali in situazioni musicali vere e proprie con le innumerabili combinazioni a disposizione.
E invece, soprattutto nei tempi moderni e contemporanei, con l’avvento dell’elettricità e dell’elettronica, i musicisti, per sopperire allo scarso coraggio esplorativo e conseguente scarsa originalità di contenuti, operano nell’ambito formale: ecco, pertanto, le spasmodiche applicazioni di tanti differenti timbri e portamenti sonori, effetti particolari ecc. che possano così, mascherando i contenuti, caratterizzare tramite un caleidoscopico impatto sonico questo o quel brano, assolo ecc.
​
Va menzionata un'altra specie di paradosso, in questo caso l’inconsapevolezza dei più è andata (e va) a loro vantaggio).
Rimanendo nell’alveo dell’analogia matematica, è pressoché da tutti assiomaticamente applicata l’idea che l’ottava musicale sia invariantiva; cioè che le note coi raddoppi/dimezzamenti di frequenze (ottave musicali) siano uguali, equivalenti*. Pertanto, quale che sia l’ottava musicale di ogni singola nota di un passaggio p.e. Do, Fa, Sol, Re, sarebbe funzionalmente la stessa cosa.
Dunque, avendo perfettamente assorbito questo postulato come una verità assoluta, i musicisti si sono mossi con disinvoltura in tal senso, perciò, benché inconsapevolmente, hanno ampliato di parecchio le loro possibilità musicali: non corrispondendo al vero che siano uguali** le note coi vari raddoppi/dimezzamenti delle frequenze, l’esito musicale è negli effetti pratici, fisici, differente, e non di poco.
​Hanno così almeno un minimo compensato le lacune precedenti, dando inconsapevolmente alla loro musica più “vita”, movimento e colore, di quanto credono.
Questa presunta proprietà invariante dell’ottava musicale è solo una comoda semplificazione, un’approssimazione funzionale a rendere più agevole il pensare ed eseguire musica; portandola così, probabilmente, su una specifica traiettoria, polarizzandola su quell’asse strategico-tattico di potente efficientamento del modello ripetitivo di alcuni efficaci schemi.
​
Si può comprendere la rilevante differenza con l’ascolto di un brano dei Santana, Canto de los Flores, in cui il basso in modo elementare suona per l’intero brano alternativamente La basso/La più alto di un’ottava: non dovrebbe esser difficile immaginare quanto rilevante sarebbe stato ai fini musicali la differenza pratica e funzionale se non avesse suonato il La alto; quindi, ripetuto il La basso per tutto il tempo (o viceversa).
​E ciò è stato possibile solo per una nota, si provi a pensare proiettato in tutto lo spettro delle circa 90 dell’intera tessitura musicale. 
Forse se i musicisti avessero per converso la certezza, peraltro di facile dimostrazione sia logica sia scientifica, che la questione delle ottave non è come hanno sempre creduto, sarebbero a tutta prima meno disinvolti, più problematici, e solo dopo con orizzonti musicali più vasti da abitare; chissà…
 

* Tanto che tutte le note distanti un’ottava sono state chiamate nello stesso modo.
** Le note distanti di ottava sono solo simili tra loro, non uguali; come può esserlo un cerchio con un’ellisse o un quadrato con un rombo.
​
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    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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