Pertanto fu un brano subito elaborato e suonato dai maggiori jazzisti (e da quelli alle prime armi), rendendo Autumn Leaves più nobile e davvero immortale nelle sue continue metamorfosi.
Era comune che i jazzisti, quando non componevano propri brani, attingessero dal repertorio popolare per veicolare la loro arte di rielaborazione musicale che, al netto delle improvvisazioni solistiche, fa uso di tutti i mezzi teorici e tecnici per alterare e quindi personalizzare le musiche che scelgono.
Le aree d'intervento, oltre naturalmente al ritmo, non sono tanto la ristrutturazione formale (il susseguirsi e le ampiezze di strofe, ritornelli ecc.), quanto le armonie e l'esposizione dei temi melodici.
Sì, ma perché scegliere un pezzo invece di un altro, e che avrebbe Autumn Leaves di tanto particolare da assurgere a brano tra i principali in assoluto?
Di là che ai jazzisti intriga molto mettersi alla prova nell’impresa di nobilitare un pezzo popolare, essi devono scorgere terreno fertile per sviluppare le loro idee e tecniche, e Autumn Leaves è dotata di quegli elementi chimici vitali, di quell’humus tanto caro ai jazzisti: è un brano fondato su una sorta di moto perpetuo stabilito dalla sequenza accordale, non lunga né complessa ed è molto lineare melodicamente. Gli spunti ci sono, ma per renderlo interessante bisogna faticare.
Seppur possa non sembrare in apparenza, gira continuamente sui medesimi sette accordi per l’intera struttura di ben 32 misure senza mischiarli, ossia proponendo sempre la stessa concatenazione armonica, è una ragguardevole peculiarità: DOm7-FA7-SIbM7-MIbM7-LAm7(b5)-RE7-SOLm, poi riprende da dove è iniziata la serie, DOm7.
(Con la rapida eccezione tra A e B: quest’ultima inizia ripetendo le ultime quattro battute di A.)
Senza addentrarci troppo in meandri di grammatica musicale, gli accordi, seppur armonizzati in modo convenzionale ossia per terze diatoniche, si muovono interamente per intervalli di quarta ascendente (o quinta discendente), pertanto l’intero apparato del moto armonico-melodico di Autumn Leaves taglia esattamente a metà il basilare Circolo delle Quinte (rappresentante lo spazio musicale), tracciando una sorta di triangolo equilatero: lo percorre con la cesura tritonica tra il MIb e il LA.
Parte A inizia dal DO cerchiato in rosso (prosegue col FA e SIb...), B dal LA in azzurro (prosegue col RE e SOL...)
Il MIb e il LA divengono così, insieme al vertice DO, gli altri due spigoli d’intersezione dell’intrinseca struttura musicale di Autumn Leaves.
Peraltro se è vero che abitualmente ci si riferisce alle rassicuranti tonalità di SIb (in A) e SOLm (in B), a rigore il brano principia in DO dorico e prosegue in LA locrio; inoltre verso la fine (undicesima e dodicesima battuta del B) ha due rapidi passaggi modulanti in SOL dorico e FA dorico. Tutto ciò è confermato dalla melodia.
Altresì la progressione melodica della parte A è basata su 4 moduli di 4 note in moto contrario tra loro, ovvero, le note in sé sono ascendenti ma i blocchi modulari si susseguono in maniera discendente.
Per contrasto la parte B è soprattutto ascendente, nondimeno prende slancio da note più basse, rendendo anche questa sezione una sorta di pendolo melodico.
Insomma, Autumn Leaves a tutta prima sembra una canzoncina tanto orecchiabile quanto ordinaria, tuttavia ha una morfologia di peculiare morbidezza armonico-melodica, che offre all’ascoltatore un’atmosfera di suadente tepore.
Il sentiero autunnale di questo brano è un flessuoso anello, un’impronta sonica che riconduce a una tanto sottile quanto inestinguibile nostalgia.
Tra le versioni più pregevoli, dopo le prime del 1955 dei bravissimi pianisti Erroll Garner e Ahmad Jamal e quelle più note di Bill Evans e Miles Davis, quella di Cannonball Adderley contenuta nel suo disco del 1958 Somethin‘ Else e quella di Wynton Marsalis nel suo Standard Time vol.1 (1987).
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