Siamo portati spesso a pensare che, a parte la musica Classica, il genere Jazz sia quello che ha le forme più strane, con tracciati ellittici se non iperbolici, ma non è proprio così… Di certo alcune volte ciò corrisponde al vero, ma nella stragrande maggioranza dei casi gli oggetti musicali Jazz sono piuttosto semplici; viceversa quelli più complessi o meno comuni li abbiamo nell'altro macrogenere, ossia il Rock, nelle sue molteplici declinazioni (naturalmente soprattutto nel Prog-Rock). Dunque a volte anche nel Pop-rock troviamo delle forme musicali piuttosto particolari.
Altra importante questione da chiarire è quella che se è vero come è vero che di solito i brani Jazz hanno un contenuto armonico più complesso di quelli Rock, quest’ultimi hanno un’elaborazione più sofisticata del loro seppur minimo materiale: le progressioni di accordi sono tonalmente più ellittiche, si basano meno su consumate formule cadenzali, pertanto sono meno prevedibili.
La maggiore complessità del contenuto armonico nei brani Jazz risiede nella quantità degli accordi e a volte delle note degli stessi, questa maggiore quantità di differenti accordi è determinata dalle tante e veloci modulazioni (cambiamenti temporanei di tonalità) che in questo genere è la regola. Viceversa i brani Pop-rock sono spesso monotonali (o giù di lì), tuttavia le connessioni armoniche sono a volte molto più raffinate, meno basate su soluzioni formulaiche vecchie di secoli come quelle cadenzali.
In fondo ciò non è molto sorprendente, si stabilisce un equilibrio tra la quantità e la qualità: il Pop-rock cura moltissimo l’importantissimo impianto armonico volto a far risaltare melodie che spesso sono di minimo contenuto, la struttura dei brani (forma) e le connotazioni timbriche ed espressive.
Insomma nel Pop-rock si bada ai minimi dettagli (a volte esageratamente) anche perché si tende a congelare l’opera su disco, che spesso rimarrà il punto di riferimento per anni (se non per sempre) dell’artista che nelle successive riproposizioni di solito concede poco spazio per interpretazioni più o meno libere da parte dei musicisti del brano stesso e avaro di profondi arrangiamenti.
Ma anche in questi brani-hit, il nostro caro Lucio non si appiattiva del tutto in convenzionali e ortodosse soluzioni. Infatti, anche nell'epoca più facile, disimpegnata e ballabile ossia dal ’76 in poi, inaugurata con il disco “Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera”, dal quale fu tratto “Ancora tu”, e di seguito con i successi “Amarsi un po'/ Sì, viaggiare” tratti da “Io tu noi tutti”, il grande Battisti ha cercato e trovato soluzioni di contenuti e forme assolutamente creative, davvero artistiche.
Il brano “Amarsi un po’”, qui proposto in una rara versione dal vivo chitarra e voce, ha una forma di una semplicità disarmante: un oggetto che è una specie di piccolo e levigato monolito... In sostanza è un pezzo di cinque minuti interamente basato su 2 accordi senza i classici ritornelli delle canzoni, ma anche senza variazione di tempo, di ritmo, senza pause, senza sussulti e impeti di qualsiasi tipo; solo nel divenire minimi ed eleganti accumuli di suoni che incidono la superficie del monolito, decorandolo.
Ci sono ulteriori elementi che lo rendono particolare e quindi interessante: l'introduzione traccia una melodia che non apparirà più, poi si prosegue basandosi su un riff molto sincopato esposto da basso e chitarra chiaramente ispirato dalla sequenza dei 2 soli accordi, scolpendoli. (A fine sezione se ne aggiungono velocemente altri 2 che fanno cadenza per ritornare al principio della sequenza.)
L’accordo fondamentale del brano è Lam modo Dorico, e questa è un’altra particolarità: di solito gli accordi tonali basilari sono costruiti sui modi Ionico ed Eolio; ciò dona una prospettiva e colori diversi della nostra percezione musicale all'intero pezzo.
La melodia è minimale e insistente, cambia poco; è divisa in due mini parti di 8 battute ciascuna, ma non è così scalare come di solito accade nelle canzoni, ci sono dei salti. Quando Battisti finisce di cantare il testo (3’27") e vocalizza, cambia la melodia (stavolta congiungendo di più i gradi della scala base); quando a 3’50" riprende le parole fonde le 2 mini parti melodiche, quella delle prime 8 battute e quella delle seguenti 8. Ancora a 4’16" vocalizza tracciando un’altra mini melodia (più scalare), e quando riprende per finire sfumando, di nuovo propone la melodia compendiata a 3’50".
Nella versione chitarra e voce è tutto ancora più minimo, da notare però che Lucio allunga la melodia iniziandola sempre un po’ prima e finendola appena dopo rispetto all'originale, rendendo il pezzo cantato più melodico e disteso (e non c’è il riff sincopato).