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Discorso sulla forma musicale: il "caso" del pop-rock di Lucio Battisti

9/9/2015

6 Comments

 
La forma musicale non esiste, essendo essa invisibile e intangibile. Tuttavia, in senso astratto, la forma musicale la possiamo intendere in riferimento all'ordinamento delle sue parti costituenti, l’articolazione del suo “discorrere” (riff, motivi, progressioni di accordi, melodie, arpeggi, ritmi ecc.). Questi assetti “perimetrali”, individuabili tramite ricorrenze e discontinuità dei suoni che si sovrappongono e susseguono, sono dunque come scatole (forma) di quegli stessi materiali (contenuto) che le generano, e comunemente sono chiamate intro, A (a volte strofa), B (a volte ritornello), ponte, assoli, coda ecc.
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Pertanto è il presentarsi di queste parti strutturali ciò che fa sì che la musica prenda forma, diventi come un oggetto; quasi… In questo modo un brano musicale con gli occhi della mente lo possiamo metafisicamente quasi rendere concreto; comunque un ente comunicabile.

Siamo portati spesso a pensare che, a parte la musica Classica, il genere Jazz sia quello che ha le forme più strane, con tracciati ellittici se non iperbolici, ma non è proprio così… Di certo alcune volte ciò corrisponde al vero, ma nella stragrande maggioranza dei casi gli oggetti musicali Jazz sono piuttosto semplici; viceversa quelli più complessi o meno comuni li abbiamo nell'altro macrogenere, ossia il Rock, nelle sue molteplici declinazioni (naturalmente soprattutto nel Prog-Rock). Dunque a volte anche nel Pop-rock troviamo delle forme musicali piuttosto particolari.

Altra importante questione da chiarire è quella che se è vero come è vero che di solito i brani Jazz hanno un contenuto armonico più complesso di quelli Rock, quest’ultimi hanno un’elaborazione più sofisticata del loro seppur minimo materiale: le progressioni di accordi sono tonalmente più ellittiche, si basano meno su consumate formule cadenzali, pertanto sono meno prevedibili.
La maggiore complessità del contenuto armonico nei brani Jazz risiede nella quantità degli accordi e a volte delle note degli stessi, questa maggiore quantità di differenti accordi è determinata dalle tante e veloci modulazioni (cambiamenti temporanei di tonalità) che in questo genere è la regola. Viceversa i brani Pop-rock sono spesso monotonali (o giù di lì), tuttavia le connessioni armoniche sono a volte molto più raffinate, meno basate su soluzioni formulaiche vecchie di secoli come quelle cadenzali.
In fondo ciò non è molto sorprendente, si stabilisce un equilibrio tra la quantità e la qualità: il Pop-rock cura moltissimo l’importantissimo impianto armonico volto a far risaltare melodie che spesso sono di minimo contenuto, la struttura dei brani (forma) e le connotazioni timbriche ed espressive.  

Insomma nel Pop-rock si bada ai minimi dettagli (a volte esageratamente) anche perché si tende a congelare l’opera su disco, che spesso rimarrà il punto di riferimento per anni (se non per sempre) dell’artista che nelle successive riproposizioni di solito concede poco spazio per interpretazioni più o meno libere da parte dei musicisti del brano stesso e avaro di profondi arrangiamenti.

Uno dei primi e maggiori esponenti del moderno e innovativo Pop-rock italiano è stato Lucio Battisti, che ci ha donato molte composizioni eccezionali, alcune passate inascoltate poiché complesse e sperimentali (p.es. “7 agosto di pomeriggio…” e “Anonimo“), altre meno difficili e più ortodosse ma comunque poco conosciute (p.es. “Vento nel vento” e “Io gli ho detto no”), sicuramente perché offuscate dai pezzi che venivano scelti come singoli (45 giri) da “spingere” verso il successo di massa; e la stragrande maggioranza delle persone si faceva bastare quelli, si fermava lì…

Ma anche in questi brani-hit, il nostro caro Lucio non si appiattiva del tutto in convenzionali e ortodosse soluzioni. Infatti, anche nell'epoca più facile, disimpegnata e ballabile ossia dal ’76 in poi, inaugurata con il disco “Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera”, dal quale fu tratto “Ancora tu”, e di seguito con i successi “Amarsi un po'/ Sì, viaggiare” tratti da “Io tu noi tutti”, il grande Battisti ha cercato e trovato soluzioni di contenuti e forme assolutamente creative, davvero artistiche.

Il brano “Amarsi un po’”, qui proposto in una rara versione dal vivo chitarra e voce, ha una forma di una semplicità disarmante: un oggetto che è una specie di piccolo e levigato monolito... In sostanza è un pezzo di cinque minuti interamente basato su 2 accordi senza i classici ritornelli delle canzoni, ma anche senza variazione di tempo, di ritmo, senza pause, senza sussulti e impeti di qualsiasi tipo; solo nel divenire minimi ed eleganti accumuli di suoni che incidono la superficie del monolito, decorandolo.
Ci sono ulteriori elementi che lo rendono particolare e quindi interessante: l'introduzione traccia una melodia che non apparirà più, poi si prosegue basandosi su un riff molto sincopato esposto da basso e chitarra chiaramente ispirato dalla sequenza dei 2 soli accordi, scolpendoli. (A fine sezione se ne aggiungono velocemente altri 2 che fanno cadenza per ritornare al principio della sequenza.)
L’accordo fondamentale del brano è Lam modo Dorico, e questa è un’altra particolarità: di solito gli accordi tonali basilari sono costruiti sui modi Ionico ed Eolio; ciò dona una prospettiva e colori diversi della nostra percezione musicale all'intero pezzo.
La melodia è minimale e insistente, cambia poco; è divisa in due mini parti di 8 battute ciascuna, ma non è così scalare come di solito accade nelle canzoni, ci sono dei salti. Quando Battisti finisce di cantare il testo (3’27") e vocalizza, cambia la melodia (stavolta congiungendo di più i gradi della scala base); quando a 3’50" riprende le parole fonde le 2 mini parti melodiche, quella delle prime 8 battute e quella delle seguenti 8. Ancora a 4’16" vocalizza tracciando un’altra mini melodia (più scalare), e quando riprende per finire sfumando, di nuovo propone la melodia compendiata a 3’50".

Nella versione chitarra e voce è tutto ancora più minimo, da notare però che Lucio allunga la melodia iniziandola sempre un po’ prima e finendola appena dopo rispetto all'originale, rendendo il pezzo cantato più melodico e disteso (e non c’è il riff sincopato).

6 Comments
Enrico
31/3/2018 18:20:19

Ottima analisi. Lucida e precisa, comunica per immagini una necessità di attenzione tecnica verso l’apparente semplicità.
La causa del passaggio in sordina di “7 agosto di pomeriggio” e di “Anonimo” è la stessa, a mio avviso, che sorprendentemente vede 0 commenti a questo articolo.

Reply
carlo pasceri
1/4/2018 00:08:52

Benvenuto Enrico,
ritengo, per quanto riguarda la causa del passaggio in sordina di quei brani, tu abbia perfettamente ragione...
Grazie dell'intervento.

Reply
auleia
6/2/2019 07:39:59

mi scuso per la domanda poco tecnica, solo una curiosità, ricordo male , oppure c'è una canzone di Lucio Battisti con un solo accordo? grazie

Reply
carlo pasceri
6/2/2019 08:35:15

Buongiorno, non ricordi male, è "Dio Mio No" (un MI con "scivolamento" MIsus4). Ciao.

Reply
auleia
6/2/2019 10:22:53

grazie

Benny
9/9/2019 14:34:10

Bravo, molto ben scritto!!

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    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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