Esercizio: qualsiasi atto con cui si addestri il corpo o si applichi la mente con lo scopo di svilupparne o conservarne le forze, l’agilità, l’efficienza.
Così il vocabolario Treccani.
Quindi anche la musica (verrebbe da dire soprattutto la musica) può esser sede e vettore di esercizi spirituali; e non solo facendola, ma pure semplicemente ascoltandola.
Il costante sforzo di mutare se stessi per migliorarsi, con la consapevolezza che non vi è mai fine in questa trasformazione verso un’ideale perfezione; anzi, pure solo mantenere lo stato raggiunto implica esercizio incessante.
Ma per la musica bisogna fare molta attenzione, per la sua peculiare ed estrema dualità: è tanto intellettuale quanto fisica; mentale e carnale al contempo. Per fare musica è necessario compiere (in modo massimamente preciso) dei gesti, altrimenti la musica nel mondo non esiste*.
Pertanto non va confuso l’addestramento pratico per produrre suoni musicali (analogo addirittura all’attività sportiva) con quello astratto nel cercare nuove visioni del mondo (in questo caso musicale) tramite la continua mutazione di se stessi; insomma, l’esser creativi. Vanno tanto separati quanto poi connessi.
L’esercizio spirituale in musica consiste nel percorso esplorativo dei confini e del loro perpetuo ampliamento nel tempo, quindi della libertà di superamento dei limiti raggiunti di volta in volta ed esprimersi di conseguenza.
Dunque l’improvvisazione è un vettore assai importante per la pratica musicale.
“Affinché un ambito di azione o un comportamento entri nel campo del pensiero, bisogna che alcuni fattori l’abbiano reso incerto, l’abbiano privato della sua familiarità o abbiano provocato numerose difficoltà intorno a esso.” Così Michel Foucault.
Perciò è la costante inquietudine, il non consolarsi nelle (magari torreggianti) acquisizioni conseguite, che stimola il diritto-dovere di esercitare un pensiero critico verso sé, per mutarlo verso ciò che è estraneo, e mediante quest’azione manifestare la propria identità che così si valorizza in modo originale di volta in volta.
Naturalmente tutto questo potrebbe esser così quando si fa musica, ma in parte e in misura ovviamente minore anche quando semplicemente la si ascolta.
* Fino a un secolo e mezzo fa era esattamente così, poi con l’avvento dell’elettricità e le tecniche di registrazione e riproduzione si può fare a meno dell’azione dal vivo dei musicisti; in ogni caso ci vuole dell’energia (elettrica e meccanica) applicata per far rivivere quei gesti e quindi la musica, altrimenti può esistere solo nella mente.