Carlo Pasceri
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Saper suonare la "nota giusta": il rifugio dell'incompetenza

26/12/2023

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A volte mi è capitato di ascoltare o leggere da parte di qualcuno che vuole affermare il valore musicale dei suoi beniamini (spesso in contrapposizione a giudizi altrui, di solito ben argomentati), che l’unica discriminante sia suonare la note giuste (o i colpi nel caso di batteristi-percussionisti) nei momenti giusti e con le giuste tecniche, il resto non conta.
Questo tipo di espressione non ha alcuna sostanza, nessun fondamento né pratico né teorico. È usata da chi non sa argomentare musicalmente per obiettare.
​
Ciò anche per tre logici, decisivi, motivi.
​Chi sa stabilire quali sono le note (o i colpi) giusti nei momenti giusti e con le giuste tecniche?
O nessuno o tutti o soltanto gli esperti.
Dall'ultimo caso consegue che se chi ha proferito una frase del genere non è un esperto, un professionista del settore, magari in contrapposizione al giudizio di un esperto, si è fatto un autogol.
L’argomento non ha alcun valore pure se possono stabilirlo tutti, per l’ovvio motivo che quindi o non c’è alcuna scala di valori assoluta (pertanto non ha alcun senso: tutti indiscriminatamente possono essere bravi o meno allo stesso modo), o la qualità è decisa dalla quantità: chi ha più successo vale più di chi ha meno successo. Totalmente aberrante.
E va da sé che ancora l’affermazione ha valore pari a zero se nessuno può decidere quale nota sia quella giusta al momento giusto e con la giusta tecnica.

Ed è questo il punto; perché nemmeno un esperto può stabilire quale nota (o colpo) sia giusta e quale no, perché è innanzitutto il termine “giusto” che assolutamente non va bene.
A cominciare dal fatto che giusto presuppone che ci sia qualcosa di sbagliato, e non esistono in assoluto note giuste e note sbagliate, momenti giusti e sbagliati e tecniche giuste e sbagliate*.
Pure perché se così fosse ci sarebbe un unico e universale manuale musicale, e studiato questo dall’intera umanità, tutti più o meno a fare le stesse monotone musiche nei secoli dei secoli fino alla fine dei tempi.
No, la cosa è ben diversa, l’esperto stabilisce la qualità musicale artistico-esecutiva mediante un singolo parametro che però è particolarmente complicato da vagliare: il quoziente di creatività ossia di originalità.
E questo vale sia in generale per le composizioni sia per le singole esecuzioni.

La competenza è data da un’approfondita conoscenza musicale sia teorico-pratica sia storica, che permette comparazioni tecnico-storiche delle espressioni musicali che sono accadute nel tempo al fine di statuirne il grado di originalità, dunque la qualità.
A supporto di ciò per quanto concerne le stime di singole esecuzioni, se il musicista esegue una parte in modo corretto ma impersonale rispetto a quel che gli viene indicato (oralmente e/o tramite pentagramma), tipica azione degli orchestrali di musica Classica o sezioni di Big Band, turnisti di sala di registrazione e simili, potrà essere sicuramente un buon professionista, non di più.
​
Ci si eleva mediante la personalità che si esprime, e ciò è data dalla peculiarità delle esecuzioni, tramite tutta una serie di note (o colpi) che poi costituiscono un’intera perfomance musicale, e non la genericissima e famigerata nota giusta al giusto momento con la giusta tecnica; concetto prima evidenziato quanto sia privo di significato, di contenuti.
Se è vero che tutti sono liberi di emozionarsi e farsi piacere quel che vogliono a fronte delle proprie soggettive percezioni, ricordi, affetti specifici o suggestioni collettive, è altrettanto vero che la qualità musicale di un disco, brano, musicista, esecuzione ecc. non potrà mai essere stabilita da questo.

Sarebbe bene che il pubblico comprendesse di più e meglio questa semplicissima cosa.

*Facendo la tara a clamorose “stecche”, a patenti errori di intonazione o formidabili fuori tempo (pure perché, se così fosse, non arriverebbero all’orecchio dell’ascoltare perché non sarebbero pubblicati).
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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