E chissà se è un caso che le due canzoni italiane più famose nel mondo sono quella di Domenico Modugno Nel Blu dipinto di Blu (Volare) e quella di Bruno Martino (poi chiamata) Estate.
Dunque, di solito, un pezzo interessante per un jazzista deve avere modulazioni armoniche, ossia cambi di tonalità e quindi di scale (il che metterebbe in seria difficoltà qualsiasi musicista non jazzista, anche quelli bravissimi nel loro genere), cosicché può tessere le sue linee musicali in un campo di azione più ampio e profondo.
Nella versione originale Estate è un brano in tempo medio di forma AABA di 32 misure con una breve coda di 4, perciò in totale un pezzo di 36 misure.
Basilarmente in RE minore (Dm), ma dopo appena tre misure modula nel relativo maggiore ovvero FA (F), e nella parte B modula nella tonalità parallela cioè RE maggiore (D), per tornare (anche qui dopo appena tre misure) in FA maggiore (F).
Storiche versioni quelle di Joao Gilberto, Michel Petrucciani e Chet Baker.
Ma a ben vedere Estate regala altro, è meno convenzionale di quanto a prima vista sembri…
Ha una struttura modulare che prevede 3 segmenti, che chiameremo a, b e c; endemicamente ciò la rende da una parte ancor più flessuosa dall’altra ancor più compatta: una dimensione ancor più interessante per un jazzista.
Dalla partitura si evince chiaramente che dopo 3 misure del segmento a (in verde) c’è una transizione per modulare nel segmento b (in rosso), e che questo b è lo stesso modulo che Martino innesta nella parte successiva convenzionalmente considerata B, e che qui è segnata come c (in azzurro).
Insomma la forma è più prismatica e interessante: abab cb ab, in luogo di AABA.
Sono tutte superfici d’intervento che un jazzista predilige, giacché la sua prevalente dimensione di lavoro è quella di osservare alquanto rapidamente una partitura e ancor più rapidamente interagire col brano che si concreta suonando con gli altri musicisti; ed Estate è un pezzo italiano che è entrato a far parte del repertorio internazionale, l’unico.
Non stupisce più di tanto che fu Joao Gilberto nel 1977 a riscoprire Estate inserendola nel suo disco “Amoroso”, giacché la versione originale era alquanto permeata di brasilianità.
Nel 1982 un giovane Petrucciani in trio ha dato vita a una versione particolarmente lirica, con il respiro delle spazzole del naturalizzato francese Aldo Romano e il grave ma agile contrabbasso del nostro Furio Di Castri: fu il pezzo forte del suo disco che intitolò proprio Estate, e che rese tutti noi più orgogliosi.
L’anno seguente Estate fu ancor più elevata di rango: il grande Chet Baker la suonò anch’egli in trio (con l’ottimo chitarrista belga Philip Catherine e il contrabbassista J.L. Rassinfosse) nel disco “Crystal Bells”, consacrandola definitivamente.
Estate quindi fu da loro, e da altri, riattualizzata strumentalmente, trasformando una bella canzone a ulteriore terreno fertile per talentuose reinvenzioni di grandi musicisti: la magia del Jazz è rendere immortale una musica non fossilizzandola tramite pedisseque ripetizioni, ma mutandola continuamente.
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