Le note alte sono più alte e le note basse più basse di quanto debbono essere nella scala del nostro sistema musicale ossia del Temperamento equabile*.
È un fatto che sorprenderà molti, tuttavia per gli specialisti è cosa nota; inesorabile.
Senza scendere troppo in particolari tecnico-scientifici, proviamo a comprendere il motivo della questione.
Se è vero come è vero che già il Temperamento equabile (o Sistema temperato) è l’esito di secolari studi matematici e di compromessi scientifico-frequenziali (ossia le frequenze assegnate alle note non generano esattamente gli intervalli naturali dati dalle vibrazioni armoniche cioè esatti multipli della fondamentale, né quelle dei rigorosi e semplici rapporti aritmetici dei sistemi scalari pitagorico e zarliniano), il pianoforte viola ancor più la naturale armonicità musicale.
Questa deviazione è data dall’effetto combinato di molti fattori, determinati dall’elevato numero di note-tasti (88) e conseguente numero di corde (oltre 200)**: pertanto ogni tasto fa vibrare più corde (cori); solo le note estreme della parte bassa hanno una sola corda, da lì in poi si hanno progressivamente coppie e triadi di corde (accordate all’unisono).
Altresì la massiccia struttura dello strumento, cassa, tavola armonica e ponticello, contribuisce a rendere ulteriormente complicata l’esatta intonazione delle note.
Dunque l’accordatura, che è la taratura della tensione delle corde, necessita di un approfondito e lungo lavoro di definizione degli intervalli: è la ricerca dell’equilibrio fra le frequenze delle 88 note (e dei loro cori). D’altronde va considerato che il pianoforte è uno strumento polifonico, ossia può fare più note contemporaneamente.
Posto che una corda meno è snella e corta e più produce inarmonicità, ovvero i suoi “ipertoni” (addizionali suoni di frequenze superiori alla fondamentale) si allontanano da quelli della serie naturale armonica (eccedendo progressivamente in frequenza), e che le corde del pianoforte rispetto alla zona mediana sono più spesse e corte andando verso gli estremi gravi e acuti (perciò gli ipertoni differiscono sensibilmente in tutta la grandissima estensione), le note delle ottave estreme non sono accordate in perfetto rapporto di raddoppio 2:1 (o dimezzamento 1:2), ma sono aumentate, affinché le prime armoniche delle fondamentali corrispondano.
Quindi, due note a un'ottava di distanza, le cui frequenze fondamentali dovrebbero avere un rigoroso rapporto di 2:1, sono lievemente più distanti l'una dall'altra.
Va da sé che più ci sono ottave di intervallo, più le frequenze delle note fondamentali si allontanano; verso l’acuto per le note più alte, verso il grave per quelle più basse. (Curva di Railsback, figura)
Insomma, è comune sapere che il pianoforte (diversamente da altri strumenti come il violino, chitarra o strumenti a fiato) ha un’intonazione fissa delle note, perciò non si possono fare glissati, vibrati ecc., le note sono quelle e basta.
Forse molti intuiscono pure che una volta fornita l’energia alle corde tramite i tasti (quindi indirettamente) non si può variarne la dinamica né il timbro.
Ma forse pochi hanno intuito che la grande piacevolezza dei suoni di un ottimo pianoforte è data da stonature fornite anche da una “scordatura” eseguita a regola d’arte.
*Partizione di altezze progressive che corrisponde alla Scala Cromatica, che è la base fondamentale giacché è l’intero spettro di suoni “fissi” possibili dell’organizzazione e sviluppo della musica occidentale, dalla quale sono ottenute perciò tutte le altre scale e gli accordi.
** Il pianoforte è lo strumento acustico con maggiore estensione frequenziale, va da circa 30 Hz a oltre 4000 Hz.