Dopo l’esperienza con i Doobie Brothers, e varie collaborazioni come corista super lusso nell’ambito della musica cantata di livello assoluto (Steely Dan, Rickie Lee Jones e Cristopher Cross), negli anni Ottanta ha iniziato un’ottima carriera solista, rifuggendo il Rock con cui era diventato famoso, rintracciando altre vie musicali, evidentemente a lui più affini, contaminandosi con la Fusion.
Take It to Heart del 1990 è il suo terzo disco che, al netto della modesta traccia di apertura (All We Got), prosegue l’ottima produzione di Pop venato di elettronica compensato dal suo gran soul. Infatti, già con Get the Word Started, le cose si mettono bene: meno elettronica e più espressiva e varia in termini di contenuti.
Ben si continua con Love Can Break Your Heart, di carattere più teso, con armonie di organo che amalgamano, chitarra ritmica che puntella con una bella figura ritmica, e assolo di sax che impreziosisce.
Take It to Heart medium tempo e mediocre canzone; nel finale un assolo di tastiere con suono campionato di tromba sordinata alla Miles Davis: solo vagamente il suono...
Meglio la più allegra Tear It Up (anche questa con “stupida” batteria elettronica), con simpatico ritornello e modulazioni.
Lonely Talk ha la batteria vera: ritmo iniziale sincopato, poi si linearizza, chitarra alla Andy Summers (Police), si accumulano strumenti e tensione espressiva. Bella canzone.
Ritmo in “quattro” per Searchin' for Understanding, il pezzo più “rockeggiante”, un po’ più rapido degli altri, comunque smussato dal sax e coretti. Bene.
Ancora molto bene e ancora un po’ di grinta con Homeboy con la chitarra elettrica in bell’evidenza; pure con breve assolo finale di Michael Landau che ricalca lo stile dell’ottimo Steve Lukather dei Toto (Landau è sempre stato sorta di suo “fratello minore”).
No Amount of Reason nulla di particolare, si continua con un medium tempo per chitarra-tastiere e voce, senza alcun sussulto. Discorso simile per la successiva canzone One Step Away.
Giunge l’elevazione con You Show Me: notevole ballad, vagamente bossa-nova, armonie e interpretazione magnifiche, con assolo finale di sax addirittura di Stan Getz.
Take It to Heart termina con questo colpo di coda di gran classe che preconizza il disco successivo, Blink Of An Eye, con cui McDonald, grazie ad alcuni brani particolarmente lirici e creativi, raggiungerà le sue vette artistiche.
Oggi un disco come questo può facilmente apparire superato, soprattutto a causa dei suoni (campionati ed elettronici), dalla pletora di dischi Pop che sono susseguiti: ma è proprio questo artista (insieme con altri: C. Cross, Steely Dan, Sting ecc.) che ha influenzato il Pop del ventennio successivo. Infatti, nelle grandi produzioni internazionali, si trovano tracce di molte delle soluzioni indicate da McDonald, e non solo quelle ancor più ballerecce e stravendute di Michael Jackson e Madonna.