Ebbene, no, non si può fare musica solo col rumore; almeno non del tutto. E vedremo meglio più avanti perché e cosa si può fare col rumore, anche perché prima occorre comprendere cosa è una nota e cosa un rumore.
Rumore e nota sono tutti e due suoni complessi* ossia che, seppur li avvertiamo come singoli eventi, non sono costituiti da una singola onda sinusoidale, ma infinite.
Tuttavia ciò che li contraddistingue è che il rumore ha indistintamente tutte le sinusoidi di frequenze, quindi è aperiodico, casuale, caotico, mentre la nota è definita da una precisa selezione interna di frequenze tra loro aritmeticamente correlate chiamate armoniche, partendo da quella più bassa chiamata fondamentale. Perciò diversamente dal rumore è un suono periodico, non casuale, con una precisa concatenazione interna.
I rapporti in progressione delle armoniche costituenti una nota dopo la prima, la fondamentale, sono sempre gli stessi e semplicissimi, per esempio delle prime 4 sono: (1), 2/1, 3/2, 4/3, 5/4... Quindi una nota è rappresentabile con un’elegantissima serie di numeri naturali che, data la frequenza matrice 1, si sviluppa così: (1) + 1/2 + 1/3 +1/4 + 1/5 + … Infatti, in matematica questa successione è chiamata serie armonica.
Quindi una nota è un iperfiltraggio dell’intero spettro frequenziale ossia del rumore; d’altronde i primi sinth analogici, come i gloriosi Moog, Arp e Oberheim, erano processori con la tecnica di sintesi sottrattiva: si potevano creare timbri anche dal rumore mediante opportuni filtraggi.
(Una frequenza pura, priva di armoniche, è comunque una nota, seppur “piatta”, senza alcuna colorazione timbrica, che è data dalle differenze di intensità delle armoniche, il suo spettro.)
Dunque una nota ha un’altezza definita, calcolata, intonabile; un rumore no.
Pertanto tutti i suoni complessi che non hanno quella caratteristica interna “armonica” di distinte frequenze correlate aritmeticamente rientrano nella denominazione di rumori.
Con le note si possono fare melodie e accordi, coi rumori no. Coi rumori si possono fare, organizzandoli in schemi ricorsivi, solo dei ritmi. Dunque i rumori possono essere musicali.
Insomma, solo coi rumori non si può fare compiutamente musica come la conosciamo da millenni, però si possono usare inserendoli in tutti i tipi di musiche, come con la batteria e le percussioni** (o con rumori “concreti”***).
Da ultimo comunque va considerato un aspetto importante, la durata dei suoni.
Qualsiasi nota ha necessità di un determinato tempo per potersi manifestare, 10-15 millisecondi, altrimenti è percepita come un rumore; viceversa qualsiasi rumore riprodotto con una rapidità periodica di circa 20 volte al secondo fino a 20.000 (ovvero una frequenza da 20 Hz a 20.000 Hz) genera una nota percepibile.
In altre parole un qualsiasi suono adeguatamente “manipolato” lo possiamo trasformare in qualsiasi nota, perché essa è sempre l’esito di vibrazioni di suoni con precise caratteristiche in termini di ricorsive velocità e frequenze (armoniche).
*Suoni semplici (cioè puri) né la nostra voce né strumenti acustici li emettono, ma si possono approssimare tramite oggetti appositi come il diapason o generarli elettronicamente in modo perfetto. Ci sono anche vari tipi di rumore generati elettronicamente, classificati con alcuni colori come il bianco (spettro uniforme), rosa, marrone a seconda del tipo di filtraggio delle frequenze.
** C’è il caso, oltre ai timpani orchestrali, degli strumenti a percussione idiofoni come marimba e glockenspiel che sviluppano armoniche non precisi multipli di numeri naturali della fondamentale, tuttavia sono intonabili (infatti denominati a suono determinato), giacché sia lo scarto frequenziale sia l’intensità ridotta di queste armoniche lo permettono.
*** Qualunque suono o gruppo di suoni che non siano note.