Il britannico Peter Frampton, ottimo, ma sottovalutato, chitarrista rock (e discreto cantante), andrebbe riscoperto.
Dopo la breve ma fruttuosa esperienza con il gruppo hard-rock degli Humble Pie insieme con Steve Marriott (ex Small Faces) sin dal 1972 ha iniziato una produzione di dischi come leader. Autore di accattivanti brani rock dal sapore Pop per la loro spiccata melodicità e suoni certamente meno hard di molti suoi colleghi dell’epoca. A dispetto del suo viso d’angelo è un grande performer: mai difettati grinta e precisione, sa tenere il palco come pochi; celebre anche il suo efficacissimo impiego del talk-box, dispositivo che permette di modulare il suono della chitarra con la voce, facendo letteralmente cantare la chitarra.
La sua stella è brillata al massimo del suo fulgore nel firmamento Rock nel 1976 con la pubblicazione di Frampton Comes Alive (uscito in UK proprio il 13 febbraio), derivato da registrazioni di alcuni suoi trionfali concerti. L’album, doppio, fu un immediato, clamoroso successo. Dopo di che ebbe una veloce parabola discendente. Tuttavia una quindicina di anni fa, dopo l’esperienza con David Bowie sul finire degli ottanta, si è ripresentato in grande forma, proponendo soprattutto i suoi vecchi successi, ma anche offrendo uno stile chitarristico ancor più gustoso e maturo rispetto ai suoi anni di gloria.
La sua stella è brillata al massimo del suo fulgore nel firmamento Rock nel 1976 con la pubblicazione di Frampton Comes Alive (uscito in UK proprio il 13 febbraio), derivato da registrazioni di alcuni suoi trionfali concerti. L’album, doppio, fu un immediato, clamoroso successo. Dopo di che ebbe una veloce parabola discendente. Tuttavia una quindicina di anni fa, dopo l’esperienza con David Bowie sul finire degli ottanta, si è ripresentato in grande forma, proponendo soprattutto i suoi vecchi successi, ma anche offrendo uno stile chitarristico ancor più gustoso e maturo rispetto ai suoi anni di gloria.
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