Anzi, basterebbe pensare alle nostre esperienze per addivenire che non è semplicemente un concetto possibile, potenziale in termini teorici, ma reale.
Va da sé che i cicli della natura ci portano a pensare di vivere il tempo ciclico; infatti lo abbiamo segmentato appositamente, in modo funzionale, in sempre più piccole, infinitesimali, frazioni.
L’ineffabilità della musica nel suo fluire, differentemente da immobili rappresentazioni figurative o esplicite narrazioni letterarie, ci astrae dal mondo e ci permette di conciliare questi due tipologie di tempi.
Certo, anche le altre arti, figurative e letterarie, lo possono fare, ma lo realizzano mediante simboli, allegorie, metafore o narrazioni esplicite di esperienze altrui. Statiche e impersonali.
La musica genera la vertiginosa sintesi totale del fenomeno sensoriale, affatto asemantico, scevro da “volgari” espressioni referenti figurative e verbali, peraltro coinvolgendoci direttamente in modo fisico: la musica è energia che ci fa vibrare.
Flusso vitale in cui noi, tramite anche un solo brevissimo brano di poche decine di secondi, possiamo metafisicamente in modo simultaneo esperire tutto ciò che trascorre, l’attimo mai uguale che ci cambia, con l’”eterno ritorno” tramite cicli più o meno espliciti, compreso financo quello di rivivere da capo quello stesso brano tutte le volte che vogliamo.
Una fenomenologia delle dimensioni ricorsive (sovente mediante cicli ritmici e ripetizioni di sezioni e sottosezioni melodiche e armoniche) e lineari (progressione verso uno o più punti differenti anche in termini di tensioni e aspettative, fino a quello terminale) che statuiscono dunque un percorso, un principio e una fine.
Nell’infiltrare il tempo ciclico in cui siamo sempre immersi, attraverso cui si dischiudono i misterici flussi del tempo lineare in cui assai più lentamente tutto trasmuta, ognuno a mano a mano che facciamo quest’esperienza apparentemente semplice, ormai comunissima, addirittura inflazionata e abusata, sceglierà di ascoltare musiche più o meno complicate o semplici, più esoteriche o palesi: sorta di sonica cosmologia grammaticale.
La musica con la sua pulsazione, scansione ritmica esplicita o implicita che sia, ci fa conseguire peculiari modalità del tempo che prescindono dal quello comunemente misurato o da quello della natura, ci fa entrare in una bolla temporale tutta sua.
Nulla come la musica può potentemente e semplicemente, direttamente, anche senza fare troppa attenzione a essa, permetterci di vivere ed esistere (spesso inconsciamente) i due tempi metafisici con cui si sono confrontate e tuttora si confrontano religioni e filosofie di tutto il mondo.