Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

La spinta innovativa dei Beatles "minori"

29/2/2016

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Che la spinta progressiva più importante del Rock sia iniziata dalla metà anni ’60 per opera di molti gruppi, soprattutto britannici, ma non solo, questo è indubbio. E che questa compatta e massiccia spinta abbia portato all'apogeo il Rock a cavallo tra la fine dei sessanta e i primi settanta, pure questo è acclarato. ​
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Ne discende che i Beatles, insieme con altri, hanno contribuito a questa evoluzione: ormai lo sanno pure i sassi… Direttamente hanno influenzato le band e i musicisti più importanti del Rock.
Volutamente qui non faremo riferimento ai loro brani più famosi, ma tenteremo di svelare qualche loro peculiarità mediante alcuni brani minori e giovanili, che per i più sono passati inosservati o quasi. Questo non solo per dare nuova luce a qualche piccola gemma, ma anche per sottolineare i loro congegni, criteri ed esiti che li hanno fatti giungere a essere riconosciuti assoluti maestri del Rock.
​

Nella produzione dei Beatles non è difficile riscontrare in modo compatto e massiccio elementi che rimandino a soluzioni musicali più avanzate del comune sviluppo rispetto al Soul e R&B. Tracce di questo iniziale sviluppo dei Beatles sono evidenti in moltissimi aspetti delle loro sequenze accordali, melodiche (e armonizzazioni vocali), insieme con la stesura delle strutture formali dei pezzi. Nel febbraio del 1964 (per l’album A Hard Day’s Night) registrano due brani interessanti: If I Fell e You Can’t Do That. Tutte e due i pezzi sono di matrice lennoniana, il primo è una breve ed ellittica canzone malinconica (a tempo rapido), il secondo è una specie di blues con sezione mediana a contrasto.
La particolarità di If I Fell è data da vari fattori, innanzitutto la sequenza armonica non è ortodossa, altresì ha numerosi punti in cui contraddice le “regole” tonali, con la melodia che sembra seguirla, e non viceversa come di solito accade… Peraltro da notare che il basso di McCartney marca semplicemente le fondamentali degli accordi, rinunciando, una volta tanto, a inventare le sue bellissime linee. E seppur molto breve (circa due minuti), la canzone ha modo di esprimere una forma non banale.
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Intro (8 mis.) – A (8) - ponte (2) – A (8) - B’ (7) – A (8) - B” (7) – A (8) - Coda (4)
​
Intro a sé stante, a mo’ di strana e complicata filastrocca cantata dal solo Lennon, ma che, con le ultime battute, in modo più conformista, lancia la parte A. La sezione A (in coro) è quella appunto più a blocchi armonici, che contrasta l’Intro, poco discorsiva e un po’ rigida. La sezione B (in coro), al contrario, s’inerpica in alto con un notevole arcata melodica. La Coda è affidata a un’esposizione con differente frasetta ascendente; la chiusa è assegnata alla chitarra.

You Can’t Do That, è una canzone blues, un po’ cromatica in Sol, a velocità media; comincia con un motivetto di chitarra elettrica (12 corde) che alterna le due terze (minore-maggiore) del Sol. Si prosegue con la melodia del cantato con ritmica tipicamente R&R, ma che, a differenza dei bluesman, a livello melodico si muove molto, ascendendo (con il motivetto che ogni tanto ritorna a mo’ di risposte). La sezione (B) che segna la differenza, è a 52” e, tramite una sequenza di accordi che sono fuori contesto Blues, iniziando in anticipo (intorno a 50”) rispetto la sezione B, traccia in modo ulteriormente dinamico una curva melodica ascendente; a 55” c’è la risposta con verso discendente. Si ripete l’ascesa, arrivando a 1’03” alla conclusione, che rilancia la sezione blues con un’ulteriore salita cromatica: salire di semitoni non è certamente comune al Blues, e nemmeno poi così tanto solito al Pop. Si ripete il segmento blues, breve assolo di chitarra elettrica (ma non a note singole), B e ancora sezione blues. La Coda è suonata dalla chitarra elettrica 12 corde che ripete il motivetto iniziale ma che aggiunge tre note cromatiche finali rinforzate dal basso che le raddoppia all’ottava bassa.​
Questi due brani minori, tra i tantissimi, come si accennava sopra, testimoniano quanto già a quel tempo ci fosse una precisa attenzione e una ricerca (pure crescenti come ben sappiamo) ai dettagli compositivi ed esecutivi che potessero offrire ai comunissimi fruitori dell’epoca una sorta di modernità, di novità all'esperienza di ascolto anche con pezzi come questi più piccini e marginali. Oltre mezzo secolo fa…
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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