Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Il "de gustibus" e la musica: una questione di conoscenza

14/2/2019

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Esistiamo, quindi siamo in contatto con gli eventi del mondo mediante i nostri cinque organi sensoriali; per mezzo di questi li decifriamo. E viviamo.
L’evento musica è più assimilabile al gustare sapori, annusare odori e tastare oggetti che a guardare immagini coi loro profili e colori (quindi ai loro diretti e immancabili significati rappresentativi).
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Ciò perché la musica è innanzitutto un ente fisico che è captato in modo elementare da un nostro preposto organo sensoriale. Tutto il resto, eventualmente, è dopo; molto dopo…
Ed è anche per questo che la musica è “problematica”, giacché evento di spessore enorme: in prima istanza semplicissima, sensazionalmente epidermica, dall’altro complicata, intellettuale, del tutto autoreferenziale, ha un linguaggio tutto suo: una stretta minoranza è alfabetizzata. 
​Guardare un’immagine (o leggere qualcosa) è immediatamente significativo, rimanda a una rete mastodontica di indicazioni, esperienze e pertanto di interconnessioni di relazioni eloquenti; sentire un odore, un sapore, toccare qualcosa, udire un suono no. (Perlomeno non necessariamente o subito.)
L’ordine (naturale o volontario) e il disordine (casualità) possono essere assimilabili ai concetti di informazione e assenza di essa; tra la comunicazione e il niente, tra l’espressione e l’afasia.
Il rumore è disordine ed è l’anti musica per antonomasia, ed è chiaro; infatti, quel che è interessante esplorare è tutto quel grigio che c’è tra il “mi piace” e il “non mi piace”, di una musica, di ciò che comunemente si ritiene più bello/meno bello, mi appassiona/mi annoia e via discorrendo.
La differenza tra ordine e caos è tra una certa sequenza di regolarità percepibile di un’ampia potenzialità di eventi e l’assoluta irregolarità.

Tanto minore è percepita la casualità, il disordine, quanto più si estrae informazione dall’evento e lo si "capisce", pertanto si è interessati… quindi ci sono molte probabilità che possa in qualche misura piacere.
Dunque le strutture musicali semplici, ossia brevi e alquanto uniformi configurazioni optate in un consueto alveo (pochissime tipologie di scale e scansioni temporali parificate), e ripetute, dal ritmo all’armonia, passando per riff e melodie, determinano maggiori potenzialità di esser accolte con favore: ci si sintonizza facilmente, si preconizza ciò che accadrà e si trae soddisfazione più o meno inconscia.
Ovviamente tutte queste “ordinatissime” musiche si somiglieranno tra loro.

Va da sé che ognuno ha tendenze di sonorità e volontà di applicarsi con più o meno attenzione che lo porta a generi e artisti diversi da altri; ad annoiarsi se ascolta una soluzione musicale che per lui è sin troppo preconizzabile, regolare: banale; a non accontentarsi dei conformismi imperanti e rivolgersi ad altro che necessiti più impegno e concentrazione per comprenderne l’endemico ordine, la “comunicazione”, ma che offre più probabilità di conseguire altrettanta soddisfazione.
​​
Perciò tentare di aumentare il quoziente di riconoscimento più o meno conscio di strutture e forme musicali meno periodiche e cicliche e che abbiano linguaggi melodico-armonici meno abituali, non può che ampliare il nostro generale grado di accoglimento del “bello” e quindi elevare il piacere musicale.
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    Carlo Pasceri
    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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