Carlo Pasceri
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Libro Eroi Elettrici

Da Lester Bangs in giù: i danni di una critica dilettantesca

13/12/2016

4 Comments

 
Negli anni ’70 si mise in luce uno scrittore, Lester Bangs, che contribuì a creare un gigantesco malinteso sulla musica, Rock in special modo, e tuttora dura, anzi peggio. Involontariamente contribuì non poco al discredito dell’attività artistica di molti gruppi e musicisti Rock e del pubblico di questi, poiché fece scuola. 
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Per essere buoni narratori si deve in qualche maniera riuscire ad avvincere il pubblico, e lui lo faceva: era molto bravo. Purtroppo però era fan della musica Rock, pur essendo un incompetente di musica, ne ha scritto fino allo sfinimento. 
Scriveva di dischi e riferiva dei protagonisti di questi, seguendoli nei concerti e tournée, sparando a zero e a mille su tutto e tutti. Pertanto, essendo un ottimo narratore, e siccome narrava di gesta musicali, Bangs fu scambiato per un critico musicale, divenne di culto, e molti si misero a imitarlo: chiunque cui piacesse la musica Rock e riteneva di saper scrivere e narrare, ha tentato di seguire le sue orme.
​
Alcuni, almeno in parte, sono riusciti a ricalcare qualche orma, fondando pure riviste; in Italia ne sorsero alcune. A compensazione nacquero riviste musicali specializzate, alquanto tecniche. E parallelamente scaturirono le cosiddette fanzine, ossia pubblicazioni private e diffuse alla buona per opera di fan dilettanti: seguivano passo passo le gesta dei loro adorati e “vangelizzavano”.
Da qualche anno l’industria editoriale musicale sa che prodotti alla Sorrisi e Canzoni si “spacciano” bene, vendono di gran lunga di più di qualsiasi pubblicazione non amena sull’argomento. Infatti, fatta salva la libertà di ognuno di esprimersi (rispettosamente) su qualunque argomento, della pubblicistica musicale Rock si rimane sgomenti del crinale declinante un rasoterra, che sta arrivando a perforare anche la crosta del pianeta.

È incontestabile che la stragrande maggioranza di chi scrive di Rock e dintorni è pressoché un analfabeta musicale e quindi sostanzialmente inabile a scrivere di musica, se non riportare storie gradevoli appunto tipo “sorrisi e canzoni”, dunque tutto quello che c’è intorno alla musica, ma non di musica. E laddove non riporta analisi (che sarebbero per forza di cose scorrette), la logica e il buon senso dovrebbero frenare pure il fare sintesi, ossia emettere valutazioni in merito alla musica: il genere, lo stile, se suonata bene/male e, naturalmente, sulla qualità totale del disco.
Invece è invalso che chiunque scriva gli equivalenti di “sorrisi e canzoni” Rock, non si limiti all'aneddotica ed evidentemente avverta come diritto/dovere l’emettere sommarie stime di generi e stili, di qualità del suonato di questo o di quello, finanche a trancianti giudizi e stellette. Ovviamente è legittimo esprimere un giudizio del tutto soggettivo e paritetico rispetto al comune ascoltatore/lettore: a me piace tanto/poco, con tutte le eventuali sfumature.

A conferma di tutto questo inasprirsi verso il declinante perforare la crosta terrestre c’è la recentissima uscita di un libro sui King Crimson incentrato sul loro primo disco “In The Court Of The Crimson King” pubblicato nell'autunno del 1969: un disco diffusamente sopravvalutato, ma questo è un altro discorso… Di 180 pagine, solo una dozzina sono dedicate alla descrizione (appena un po’) musicale e dei testi del disco in oggetto. Tralasciando le pochissime, quanto approssimative e scorrette, asserzioni appena più specificamente musicali, facendola breve, tra le altre cose, l’autore afferma del disco ITCOTCK che è un’opera d’arte totale (musica + poesia + pittura) tipo Wagner, di “Moonchild” che ha una melodia inconsueta, del testo di “Epitaph” che raggiunge vette di lirismo degne della più grande letteratura inglese. 
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Qui, con meno di tre quarti d’ora di musica di ITCOTCK, i dipinti di Barry Godber per la copertina, e qualche riga di testo si tira in ballo Wagner (e, indirettamente almeno, il sig. Shakespeare). Bontà dell’autore del libro ce la riporta pure questa altissima letteratura che tanto ha toccato il suo cuore e la sua mente: “Confusione sarà il mio epitaffio, mentre striscio su un sentiero impervio e sconnesso. Se ce la facciamo, possiamo tornare tutti a sederci e ridere, ma io temo che domani piangerò”.
Il fuori misura e registro sono così esagerati che si va ben oltre lo scorretto, si giunge al ridicolo e al grottesco, e non aggiungiungo altro, lasciando ai lettori riflessioni su ciò (e che mi piacerebbe conoscere).

Rammarica il fatto che Lester Bangs, considerato il suo talento di scrittore, non si sia dedicato ad altro e si sia concentrato sulla musica, indirettamente favorendo simili pubblicazioni, però, almeno in virtù del suo estro e della sua capacità narrativa, era avvincente: basta non dare retta alle sue stime sulla musica che se ne ricevono dei buoni racconti che divertono e fanno passare alla grande il tempo.


P.S. Infine segnalo un’eccellente collana di libri di storia del Jazz di Gunther Schuller degli anni ’60, ripubblicata a cura dell’ottimo critico musicale Marcello Piras (Il Jazz, EDT edizioni). Piras, in un giusto rapporto di relazioni, in un altro testo si lamenta del suo mondo, che pure è molto meno umiliante di quello Rock. Della storiografia Jazz afferma che “è scritta per lo più da appassionati dilettanti, digiuni di teoria, che un po’ a orecchio riescono a seguire gli assolo, e si lasciano ipnotizzare dal carisma del performer, ma nulla sanno di cosa vi sia dietro. Come zingari incantati di fronte al Duomo di Milano, vedono solo una facciata meravigliosa, e non immaginano che essa nasconda solide travi e campate: una struttura matematica, invisibile ma indispensabile.”
4 Comments
Carlo
15/12/2016 16:29:20

Lester Bangs ha fatto danni enormi, In the Court of the Crimson King è sopravvalutato, e tralascio di riportare tutte la altre roboanti affermazioni lette in questo blog screditanti di chi ha fatto la storia...

Boh, a me sembri tanto uno che prova a spararla grossa per creare clamore intorno a sé. Se ti basta così poco per gratificare il tuo ego, non invidio l'angustia della tua anima.

Reply
carlo pasceri
18/12/2016 00:03:43

Fai bene a non invidiare perché l’invidia è cosa davvero brutta… però tranquillo, per gratificare il mio ego non mi basta affermare cose così lampanti, facilmente sostenibili come tutte quelle riportate nell’articolo; roboanti solo per chi ha orecchie piccole piccole.
Boh, altrove mirato molto più in alto, ma tu non ti sei accorto di nulla, chissà perché…

Reply
antonio
13/12/2019 17:50:31

per essere uno che ha fatto danni enormi, direi che Bangs apprezzava e ha scritto cose bellissime su musica meravigliosa, Charles Mingus a Wayne Shorter, Ray Charles, Van Morrison... conoscere la teoria musicale è utile relativamente (se devi comporre, se vuoi entrare nel dettaglio di qualche particolare "tecnico" come un'analisi dell'armonia), ma certo non indispensabile per recensire musica (specie il rock, che analizzato guardando a progressioni armoniche o dettagli formali e per la maggior parte una musica da trogloditi). Come non è necessario essere cuochi per dare un giudizio valido sulla qualità e il gusto di una pietanza. Anche perchè la qualità della musica solitamente dipende da dettagli che hanno poco a che fare con le analisi formali tipo quelle dei volumi di Schuller (che rimangono comunque testi di grandissimo valore per comprendere la storia del primo jazz).

Reply
carlo pasceri
14/12/2019 20:15:41

Caro Antonio,
è il contrario: che a Bangs (come a chiunque altro ascoltatore) piacesse musica di gran qualità, esprimendosi in modo "bellissimo", non fa di lui un critico musicale attendibile.
Non lo è perché non avendo un’approfondita istruzione musicale (e storica) non comprende cognitivamente il linguaggio della musica, le sue cause, quindi non è in grado di fornire giudizi oggettivi sulle opere e sui musicisti; è solo un fruitore della superficie, degli effetti su di lui, e quindi col proprio orecchio e gusto può solo informare del suo soggettivo "mi piace/non mi piace", in modo più o meno letterario.
Che fondamentalmente corrisponde a mi emoziona/non mi emoziona (forse sono questi i dettagli cui ti riferisci quando scrivi “la qualità della musica solitamente dipende da dettagli che hanno poco a che fare con le analisi formali”): nulla di peggio per fornire un giudizio su opere artistiche o su musicisti.
Conoscere la teoria musicale (e la sua storia) non è come dici tu utile solo “se vuoi entrare nel dettaglio di qualche particolare "tecnico…”, perché è quello che un esperto fa (che lo esponga o meno) per comprendere e quindi recensire, che significa descrivere ed emettere dei giudizi.
Benvenuto e grazie dell'intervento.
P.S. L’analogia tra la musica e un piatto di fettuccine conferma i danni enormi fatti da Bangs e compagnia bella…

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    Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore.


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