Articolo pubblicato su Axe Magazine n.45 giugno 2000
La conoscenza delle frequenze che riproduciamo con la nostra chitarra, e di conseguenza quella specie di ricerca del Sacro Graal che è il suono della chitarra elettrica distorta, diventa una vera e propria missione, speriamo non impossibile! Siamo pronti?
Quanti di noi hanno cominciato cercando di emulare i suoni dei nostri eroi preferiti? Anche successivamente, cercando un nostro suono più personale, siamo rimasti basiti senza riuscire di ricavare un granché, anche a fronte di tutto quel bendiddio che la tecnologia e l’industria di oggi mette a disposizione Sarebbe molto utile sapere che, quando noi suoniamo una singola nota, in realtà ne riproduciamo moltissime di più attraverso le armoniche che si sviluppano immediatamente dopo, soprattutto con suoni alterati dalla distorsione, enfatizzandone molte di quelle superiori. In pratica le armoniche non sono altro che multipli della frequenza fondamentale: se suoniamo una nota cui corrisponde una frequenza determinata, per esempio 100 Hz (è un SOL1 un po’ crescente, per comodità di calcolo ho arrotondato), la sua seconda armonica sarà il doppio a 200 Hz (SOL2), la terza il triplo a 300 Hz (RE3) e così via. Quindi è il multiplo matematico che determina la serie d’armoniche che si sviluppano successivamente e che vedremo nel dettaglio in seguito. Questa consapevolezza e successiva conoscenza più specifica, viste le numerose implicazioni di carattere fisico, ci permetteranno di “disegnare” meglio il suono della nostra chitarra (ma in realtà vale in senso assoluto e per tutti gli strumenti). È bene ricordare che in natura il suono puro (sinusoidale) senza armoniche non esiste, tutti gli strumenti ne producono, chi più chi meno; solo con apparecchiature elettroniche si riesce a generare un suono puro. La differenza timbrica tra uno strumento e un altro risiede semplicemente nel differente sviluppo e rinforzo d'alcune armoniche, chiamate formanti, di quello specifico strumento. Un altro fattore fondamentale è l’attacco della nota; in pratica se noi potessimo (magari con dei suoni campionati) togliere l’attacco del suono di un tamburo, di un violino, di un sassofono, di un pianoforte o di una chitarra, potremmo rimanere molto sorpresi dalla somiglianza di tutti questi timbri. Un esempio piuttosto clamoroso lo registrarono in duetto Chick Corea e Al Di Meola nel disco “Splendido Hotel”, infatti, nel brano “Two for Tango” la chitarra acustica di Di Meola e il piano acustico stoppato di Corea si somigliano in maniera incredibile.
Anche la durata ha la sua importanza, il periodo transitorio d’estinzione del suono, insieme al suo periodo transitorio d’attacco, influisce sulla nostra percezione psicoacustica. Se priviamo al suono di una campana, il suo naturale transitorio d’attacco e lo prolunghiamo artificialmente, può somigliare così a un trombone! Se per ipotesi e per semplificare, abbiamo solo un’unica banda di frequenza che possiamo governare, (nel senso che abbiamo solo un controllo di tono) ed enfatizziamo di molti decibel una frequenza di 660 Hz, avremo come risultato che qualsiasi nota inferiore a questa d esempio di 100Hz, nella sua fondamentale sarà percepita in misura minore come volume, e quindi con un colore timbrico più chiaro, quasi come se venisse risucchiata da quell’imbuto sonico ora rappresentato dai 660 Hz; in pratica abbiamo alterato la sua composizione timbrica. Quest’effetto dipende appunto dalle armoniche: se noi suoniamo quindi una nota che corrisponde a questa frequenza, (MI4 del dodicesimo tasto del mi cantino) ovviamente sarà molto presente e con un volume superiore alle altre. La cosa meno ovvia è che tutte le note, d’intonazione inferiore al MI4 che suoniamo, hanno all’interno, per le armoniche superiori, questa frequenza artificialmente enfatizzata: quindi il nostro suono generale tenderà verso quella specifica frequenza.
Tanto per capirci e orientarci, diamo qualche coordinata: i suoni di Van Halen e Joe Satriani sono sicuramente più armonici, quindi più colorati e complessi di quelli di Malmsteen e Steve Vai, che risultano più semplici e solidi.
Dobbiamo educare il nostro orecchio a riconoscere, anche con forti approssimazioni almeno all’inizio, le frequenze importanti su cui “girano” alcuni suoni. Buon orecchio. |
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