Articolo pubblicato su Axe Magazine n.93 novembre 2004
L’equalizzatore può rivelarsi uno strumento prezioso in moltissime occasioni, basti pensare che se messo tra chitarra e ampli o alla fine della catena di preamplificazione (con il send e return), ci permetterà un controllo diverso ma lo stesso sofisticato e raffinato della nostra timbrica, aumentando così a dismisura la tavolozza tonale da cui possiamo attingere.
D’altronde questo strumento va inteso come un amplificatore (o attenuatore) di frequenze! Se l’EQ viene messo tra chitarra e ampli concede al musico di caricare convenientemente sia in guadagno generale sia in quello di ogni singola fascia di frequenze qualsiasi apparato di amplificazione, magari dando grinta ad una saturazione non molto spinta ed enfatizzando ad arte alcune frequenze, apponendo lo stampo timbrico dominante del nostro suono. Se è inserito alla fine della catena d’amplificazione (o di preamplificazione, a buon bisogno quella di un pedale di distorsione) dando la rifinitura timbrica finale al nostro suono e regolare il livello d’uscita equiparandolo (o no) al suono emesso senza l’utilizzo del pedale. Non è difficile ricavare dei suoni piuttosto incredibili mettendo a monte, cioè prima dello stadio di preamplificazione, il nostro EQ e, partendo magari da un timbro con qualche accenno di saturazione del nostro ampli (o pedale) e, settando l’EQ con un certo tipo di guadagno di frequenze, raggiungere dei suoni (anche molto) distorti di grande bellezza e peculiarità, difficilmente conseguibili con qualsiasi ampli o distorsore in commercio poiché non in grado questi ultimi di emettere suoni così sofisticati con curve timbriche particolari ed estreme e con le complessità insite nelle saturazioni a più stadi. Ed è una soluzione tanto economica quanto definitiva (è come avere canali aggiuntivi) se solo ci applicheremo un poco a tale divertente, istruttiva e (speriamo) soddisfacente disciplina. Così la ricerca del Sacro Graal (la nostra voce chitarristica) potrà iniziare, poiché di norma i “suoni in vendita” sono più semplici e lineari, quindi il grande fascino di tale pratica è la possibilità di costruire dei timbri a nostra immagine e somiglianza. Inserendo invece un EQ a valle della preamplificazione, abbiamo la possibilità di rifinire perfettamente i profili dei timbri precedentemente forgiati con preamplificatore ed EQ vari: l’artefatto (il suono) in 3 dimensioni plasmato a monte potrebbe aver bisogno di una modifica di frequenze, giacché per ottenere un determinato timbro abbiamo magari variato frequenze che successivamente potrebbero essere in eccesso o in difetto, ed ecco che la correzione in 2 dimensioni con un EQ a valle si rivela vincente. Dico 2 dimensioni perché non è assolutamente la stessa cosa se (per esempio) enfatizziamo di 6dB i 1000Hz a monte e poi facciamo la stessa operazione a valle (togliendo), perché “iniettando” attivamente a monte, considerando i molti fattori ad essa interdipendente, questa operazione concorre a modellare un timbro, viceversa quando la togliamo a valle sottraiamo più l’effetto generale di quella frequenza, come accade quando ritocchiamo le frequenze con il nostro impianto Hi-Fi! La controprova è variare di X decibel Y frequenza a monte e poi fare esattamente la stessa cosa a valle: il risultato sarà diverso. Anche per questo i costruttori sono restii di dare la possibilità di formare a monte i suoni. A fronte di tutto ciò abbiamo deciso di fare una breve e non esauriente panoramica di alcuni equalizzatori a pedale presenti sul mercato: speriamo stimoli almeno la curiosità e quindi la voglia di fare qualche esperimento lasciando quindi perdere (almeno per un po’) i suoni facili e soddisfacenti presettati dalle case costruttrici: è la stessa differenza che c’è tra un sugo pronto ed uno fatto in casa! Ma non solo saturazioni e distorsioni, gli equalizzatori potremo utilizzarli semplicemente per preamplificare una chitarra pulita o una chitarra acustica in diretta nel mixer rendendole tonalmente più robuste; oppure un basso… Carl Martin 3 Band Parametric Pre-Amp
Iniziamo con un pedale di una casa che abbiamo conosciuto qualche numero addietro: Carl Martin.
Quello proposto è un EQ parametrico, ci permette cioè d’impostare i parametri a nostro piacimento (le frequenze) per poi manipolarle (enfatizzandole o no). I parametrici non sono equalizzatori semplici e intuitivi poiché mancano di quel riferimento visuale che invece hanno appunto quelli cosiddetti grafici, tuttavia una volta fatta l’esperienza necessaria questo tipo di equalizzatore si rivela uno strumento molto efficiente per correggere le timbriche di qualsiasi strumento in maniera molto precisa. Il pedale ospita i controlli di Level (+-15 dB), Bass, Middle e Treble (+-15 dB) nella sezione superiore mentre in quella inferiore troviamo i potenziometri per la scelta delle frequenze: 20-500 (per i bassi), 220-5100 (per i medi) e 1500-16000 (per gli alti). Avrete notato che le bande di frequenze s’intersecano, così potremo disegnare curve di alterazione timbrica più sofisticate e precise. Oltre al consueto footswitch e led connesso e alle prese Input e Output, troviamo un’uscita Line-Out bilanciata per il collegamento diretto a un mixer; il pedale non prevede l’uso delle batterie ed ha la presa per l’alimentazione diretta da rete. Misura 12x9,5x6 cm e pesa circa 0,6 kg. L’utilizzo di un pedale del genere è assolutamente variegato, anzi è progettato proprio per aiutare l’amplificazione (sia live sia in studio) degli strumenti acustici come la nostra chitarra, violini, sax, trombe eccetera, interfacciandoli direttamente a un mixer con un’equalizzazione timbrica ed un livello volumetrico adeguati, senza passare attraverso amplificatori o rack. Il Carl Martin lavora in maniera pulita e abbastanza neutrale, silenziosa ed efficace, le frequenze sono ben centrate e il livello di attenuazione e di enfasi è notevole seppur la tipologia di un equalizzatore parametrico è apprezzata con il tempo; insomma va fatta un po’ di pratica. Mancando la regolazione della campana di risonanza denominata in elettronica Q (cioè la larghezza della banda d’intervento +o- stretta dei filtri), questo Carl Martin non è un EQ parametrico ma semiparametrico; in ogni caso seppur non molto stretta, la campana d’intervento dei filtri ci permette degli interventi accurati. La dotazione di un’uscita bilanciata consente al musicista un interfacciamento tranquillo e sereno in qualsiasi occasione, pure tramite il controllo del livello di volume (in grado d’innalzarlo di 15db) cui è dotato il pedale. Giustamente la denominazione di questo Carl Martin richiama la sua funzione importantissima di preamplificatore, che d’altra parte è comune alla stragrande maggioranza d’unità del genere, pure a pedale. Boss GE-7
Il classico EQ grafico Boss GE-7 sta in circolo da almeno venti anni ed è stato visto su moltissimi palchi, pure importantissimi, ad esempio come compagno d’avventure di David Gilmour e Santana tanto per citarne solo due; in particolare il chitarrista dei Pink Floyd nelle sue enormi pedaliere ne aveva cablati quattro o cinque!
Le dimensioni e i pesi sono quelli comuni con tutti i pedali Boss di questa serie (12 x 5,5 x 6,5 cm per meno di mezzo chilo di peso), quindi il pedale è molto pratico, ben progettato e realizzato a fronte del footswitch silenzioso e il vano della batteria facilmente raggiungibile. Ha pure la presa per l’alimentatore esterno (non in dotazione). Le bande d’intervento sono 7 con aggiunto il controllo di guadagno generale: 100Hz, 200Hz, 400Hz, 800Hz, 1.6KHz, 3.2KHz, 6.4KHz per un’enfasi o un’attenuazione di 15 decibel; pure il Gain ha +- 15 dB. Quindi partendo dai 100 Hz (che corrisponde circa al Sol preso al terzo tasto sesta corda) si va per ottave; pure gli EQ più raffinati e costosi (sia grafici sia parametrici sia semplicemente il singolo controllo tonale) non intervengono di certo solo ed esclusivamente sulla frequenza (quindi su quella specifica nota) predeterminata ma anche su quelle appena adiacenti (nel contempo sia quelle basse sia quelle alte) con una curva che appunto in un EQ parametrico possiamo stringere o allargare ma che in ogni caso non riesce ad isolare del tutto una frequenza (o nota) singola. D’altronde eccettuato qualche caso particolare d’intervento correttivo, non è poi così interessante avere isolata una frequenza soprattutto a fronte dei nostri esperimenti timbrici; viceversa una campana d’intervento troppo ampia potrebbe procurare variazioni tonali grossolane. La corsa dei fader (i potenziometri a slitta) di controllo di questo EQ Boss non è lunga quindi non possiamo permetterci accuratissime impostazioni ma è sufficientemente comoda e precisa. I rametti che ci permettono di comandare i fader sono ben sporgenti quindi di facile controllo ma allo stesso tempo protetti dal profilo a due piani del pedale; c’è un led rosso indicante la messa in servizio dell’EQ. Il GE-7 è un equalizzatore onesto, abbastanza silenzioso e con una capacità d’intervento ottima su frequenze che ben coprono lo spettro timbrico della chitarra elettrica pure in presenza di suoni distorti. Non è del tutto neutrale, in altre parole se lo attiviamo e posizioniamo i fader tutti a zero, il timbro cambia un poco velando appena il suono; ma è una variazione del tutto accettabile. Se aiutato appena con un barbaglio di saturazione è in grado di distorcere completamente lo stadio di preamplificazione successivo quindi di produrre timbri molto interessanti; e seppur le frequenze alte sono limitate a 6.4 KHz (un’altra ottava faceva comodo) è comunque capace di saturare quelle frequenze molto alte tanto care a chi brama un timbro più armonico e rock. MXR (M-109)
Il glorioso sei bande MXR (M-109) è di nuovo tra noi in una rinnovata veste assolutamente azzeccata a parere di chi scrive: è aggressivo ed elegante al contempo.
Non possiamo che rimanere un po’ infantilmente ammirati dallo spettacolo suggestivo che produce questo pedale con quei sei led rossi incastonati negli altrettanti fader di controllo che s’illuminano quando attiviamo il pedale; ma sono anche utilissimi per controllare con un colpo d’occhio su un palco poco illuminato l’impostazione delle frequenze del pedale! La corsa dei fader è ben proporzionata all’enorme profondità d’intervento (18dB). Sono poco sporgenti (viceversa sarebbero stati a rischio) ma sufficientemente azionabili. È dotato di footswitch e presa per alimentatore esterno oltre alle ovvie prese In e Out; per accedere alla batteria bisogna svitare 4 viti e smontare il fondello inferiore di pesante metallo opportunatamente ricoperto di gomma antiscivolo. Le dimensioni sono particolarmente contenute: 11 x 5,5 x 6 cm. Le frequenze d’intervento sono 100Hz, 200Hz, 400Hz, 800Hz, 1.6KHz e 3.2KHz (quindi come quelle del Boss), ma essendo 6 bande non ha quella dell’ottava successiva di 6.4KHz; l’altra cosa che manca è il controllo generale di guadagno (per chi volesse di più, c’è un M-108 a 10 bande-controllo generale del guadagno). Ma l’intervento, come detto, è enorme: 18dB. Sembrano pochi 3 dB in più, ma vi ricordo (ed è sempre valido per tutte le misurazioni con i decibel) che un incremento di 3 dB corrisponde al doppio, vale a dire che questo MXR ha circa il doppio di efficienza d’intervento rispetto agli altri EQ presi in esame. In pratica, considerato l’enorme guadagno dato dai 18dB delle varie bande, non sentiamo la mancanza del controllo di livello per quanto riguarda l’uso come preamplificatore distorcente; il controllo di livello è in ogni caso utile soprattutto se vogliamo mettere l’EQ dopo lo stadio di preamp per avere (o non avere) un salto di volume a fronte delle impostazioni. Inoltre pur essendo un true bypass, questo MXR, messo in flat, è timbricamente ancor meno neutrale del Boss, colorando piuttosto evidentemente il suono. In questa nuova edizione (denominato M-109) rispetto all’originale prodotto negli anni settanta oltre l’estetica rinnovata, troviamo aggiunti i led e il footswitch. Boss EQ-20
Passiamo all’equalizzatore più avanzato del lotto: Boss EQ-20.
Si tratta di un equalizzatore grafico digitale (con frequenza di campionamento 44,1KHz e conversione AD/DA 24 bit) a 10 bande con 9 memorie visualizzabili attraverso un piccolo display a cristalli liquidi rappresentante il classico pannello a fader pure retroilluminato. Abbiamo due footswitch e vari tastini e led di stato. Quindi in circa un chilo di peso e 18x15x5,5 centimetri di dimensioni abbiamo un vero campione di duttilità. Nel pannello inferiore c’è il vano batterie (ci vogliono 6 stilo da 1,5v) ma conviene utilizzare un alimentatore che purtroppo non è fornito di serie. Le prese sono quelle per l’alimentazione, In e Out; è presente un commutatore Guitar/Bass (-20dB) Guitar Amp Send/Return (+4dB), che determina il livello d’ingresso del segnale per meglio adattare questo EQ-20 alle varie connessioni, che sia quella in serie tra chitarra ed ampli o che sia tra il send e return dello stesso ampli o un mixer/registratore. Sul pannello superiore troviamo i consueti fader delle frequenze (30-60-120-200-400-800-1600-3200-6400-12800 Hertz) e quello del livello +/- 15dB con led indicante i picchi di saturazione. Uno dei pedali serve per l’attivazione dell’EQ (con led), l’altro per passare dal modo Manual a quello Memory (sempre con led). Spieghiamolo bene poiché è una singolare scelta operativa: se scegliamo Manual l’EQ si mette nello stato impostato sul pannello dei vari cursori; viceversa nel modo Memory siamo nella condizione di richiamare le memorie tramite il tastino Select (si possono scorrere solo in avanti), quindi sul display abbiamo il pannello virtuale delle 9 impostazioni possibili e memorizzabili. Pertanto non possiamo selezionare una delle 9 memorie mentre stiamo suonando: per premere il tastino Select dobbiamo inevitabilmente chinarci e smettere di suonare! Bastava invertire le funzioni del tastino e del pedale e avremmo avuto la vita più facile dal vivo o in sala prove; ovviamente in studio di registrazione la cosa non ha più peso. Si può supporre che tale scelta sia stata fatta per avere dal vivo due equalizzazioni immediatamente richiamabili; tuttavia sarebbe bastato dotare questo EQ di un altro footswitch e il tutto acquisiva una connotazione veramente vincente nell’uso dal vivo, ma forse sarebbe costato molto di più quindi... In ogni caso questo Boss è progettato e realizzato veramente bene: bello, funzionale e robusto. Quando vogliamo memorizzare una regolazione dobbiamo stare nel modo Memory e premere contemporaneamente il tasto Light (quello che attiva permanentemente la luce del display) e Select, sul display ci appare la scritta Write Sure?, quindi sceglieremo tramite il Select la posizione da 1 a 9 dove desideriamo avere questa determinata equalizzazione e premendo di nuovo e contemporaneamente Light e Select, il gioco sarà fatto. Questo EQ-20 è un piccolo sogno che si avvera e pure con una spesa limitata: 10 bande e 9 memorie di locazione, con un’eccellente realizzazione generale (led, corsa dei fader, display illuminato e vari tastini) e, da non dimenticare, con un ottimo suono. Sì, perché, anche se si tratta di sfumature appena percettibili dal nostro orecchio, ogni equalizzatore ha un proprio timbro di base dato dai componenti elettronici usati. L’EQ-20 Boss funziona molto bene, silenzioso e praticamente neutro in posizione azzerata. Le bande ricoprono tutta l’estensione delle nostre chitarre elettriche (pure quelle a 7 corde o baritone che scendono fino a circa 62 Hz) e qualcosa in più, potendo essere utilizzato con soddisfazione pure dal basso ed altri strumenti. Il fatto di avere ben 10 bande e 9 memorie permette una programmazione sofisticata dei nostri suoni, consentendoci quindi di memorizzare impostazioni molto diverse tra loro; considerata la premessa a questi test, ciò vale a dire possedere molte tipologie timbriche tra loro, magari alcune in netto contrasto, quindi avere virtualmente (ma tutto sommato meno virtualmente di quelli a modelli fisici) molti preamplificatori in uno richiamabili con un semplice tastino, anche se era preferibile un footswitch! Poi il commutatore per l’adeguamento del livello del segnale ci mette al riparo da qualsiasi sconveniente occasione d’interfaccia. In conclusione possiamo affermare che questa piccola carrellata di equalizzatori è stata incoraggiante, nel senso che tutti i prodotti sono di qualità medio-alta. Preferire un EQ parametrico significa avere un maggior controllo (precisione nella scelta e nell’intervento delle frequenze) a scapito della minor capacità di pilotare molte bande di frequenze contemporaneamente (2, 3, al massimo 4 bande). D’altra parte un equalizzatore grafico offre un accesso a un numero superiore di bande di frequenze contemporaneamente, ma con il limite che le frequenze sono quelle e rimarranno sempre quelle, non potendo oltretutto concentrarsi magari su una porzione di frequenze specifica e “lavorarla”; proprio per questo le campane d’intervento (fattore Q) degli EQ grafici sono in genere più ampie quindi di solito questi EQ sono meno precisi. A voi la preferenza, ma forse averne due, magari uno parametrico e uno grafico, può essere una scelta felice che ci permetterà forse di raggiungere (o almeno avvicinare) quella serenità sempre minata dalle frequenti quanto violente brame soniche che tutti noi chitarristi ben conosciamo. Strumenti usati: PRS Custom, ESP replica Stratocaster, Yamaha SG 2000, Mesa/Boogie Mark I Reissue, Marshall JCM 900, Roland Jazz Chorus 55. |
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