_Articolo pubblicato su Jazzitalia.net il 16/11/2013
Lezione 5 I gradini delle scale
di Carlo Pasceri
PREAMBOLO MERAVIGLIOSO Vi siete mai accorti che dopo aver emesso una singola nota siamo come costretti a emetterne un'altra? No? Provateci! Fate bene attenzione, non abbiate fretta e concentratevi sulle vostre percezioni e sensazioni.
Prima delle concatenazioni in stringhe scalari è bene chiarire che una singola nota ha un'energia insita; è come un'essenza dinamica, un centro energetico che determina l'obbligo di irradiarsi. Dentro una nota subito si configura (mediante gli armonici) un accordo tensivo che determina una forza potenziale particolare, che suscita la necessità di far seguire a esso ancora altre note, e ancora, e ancora, e così via fino alla costruzione di qualche cosa che abbia in qualche modo un ordine soddisfacente.
Una nota ha un potenziale di energia attiva sospensiva che dunque genera un'attesa di un susseguente flusso musicale.
Una singola nota è una sorta di accordo e precisamente di dominante 7 (appunto si forma l'intervallo di trìtono tra il quinto e il settimo armonico) e pertanto trova riposo nell'approdo intervallatico ascendente-discendente di quarta (e in parte di quinta) e di semitono: ad esempio un DO ha quindi come "risoluzioni" FA, SI e REb (e parzialmente SOL). Risoluzioni che secondo la tessitura frequenziale saranno percepite un po' più chiaramente: in tessiture basse/medio-basse quelle di quarta (e un po' di quinta), in tessiture medio-alte/alte quelle di semitono.
PREMESSA CRITICA Le scale musicali sono da millenni le stringhe generatrici dei sistemi di fare musica: Il codice genetico delle scale è determinato dagli intervalli, e la scelta e l'ordine delle note di tutte le diverse scale sono come il materiale genetico delle strutture delle sequenze di DNA contenenti appunto i peculiari dati informativi necessari per organizzare e quindi concretare la vita musicale. Nel nostro sistema temperato (non includendo appunto la coincidente e sistemica scala Cromatica) ci sono molte tipologie di scale "genitrici" possibili: 792 pentatoniche, 924 esatoniche, 792 eptatoniche e 495 octotoniche: di solito ne usiamo rispettivamente solo 1 (+4 traslate modali), 1 (toni interi), 4 (+17 traslate modali) e 2 (diminuite).
Dunque pur calcolando le traslazioni modali (sono spesso usate solo di passaggio come semplici trasposizioni tattiche strumentali della scala di origine e non organicamente costituenti strutture musicali indipendenti *), ne abbiamo 29 contro 3003! E se includiamo pure la scala Cromatica 30 (contro 3004).
Inoltre la scala Maggiore non è la nostra scala naturale e quindi non è la madre di tutte scale in senso naturale, ma solo adottivo. E non è composta di 7 note (altezze frequenziali)! Non è la scala naturale perché nulla sta a indicarlo, anzi: George Russell (musicista, compositore e teorico) a metà del secolo scorso ha cercato di comunicare questa scoperta con pure tutte le implicazioni e notevoli sviluppi che lui ne ha tratto. Per Russell è la scala Lidia la scala madre; ben più naturale di quella Ionica.
Questo deriva da un semplicissimo calcolo con il metodo di quinte ascendenti sovrapposte che decine di secoli fa avrebbe dovuto fare emergere la scala Lidia come genitrice, invece all'epoca, con un trucchetto, è diventata la Ionica. Un'altra eventuale scala madre emerge dalla semplicissima visura dei primi armonici "utili" per costituire una scala eptatonica di 7 note: la cosiddetta Lidia Settima Minore. Ma le cosiddette scale eptatoniche sono di fatto costituite da 8 NOTE (altezze) e 7 INTERVALLI: la struttura per esempio della magnifica Ionica è TTSTTTS, pertanto 7 intervalli, ma se non la chiudiamo con l'ultimo semitono (S), è incompleta e pertanto è costituita di 8 note. E poco importa che la nota che la completa ha lo stesso nome della prima e che sia il raddoppio della frequenza: è un'altra altezza e quindi un'altra nota. Questo non è puntiglio ma rigore che offre precise indicazioni "tecnologiche" per concepire e fare musica più consapevolmente: saremo pregni di più potenzialità.
CHE COS'E' UNA SCALA? Una scala musicale è una serie di suoni d'altezza progressiva determinata da una successione qualsiasi d'intervalli nell'ambito della scala Cromatica. Ne consegue che potremo avere scale di 4, 5, 6, 7, 8, note, insomma di quante note vogliamo (fino a 11 nel nostro sistema, in questo caso non considerando la ripetizione dell'ottava). Sono partito da una quantità minima di quattro note (tetratonica o tetrafonica), poiché una scala di sole tre note (tritonica) distanziate in maniera abbastanza costante, la percepiremo più come un arpeggio melodico (vedere più avanti) che come scala: una scala la associamo a un fluire uniforme senza troppi sobbalzi di altezze tra una nota e l'altra, e ovviamente se scegliamo di dividere un'ottava con solo tre note, pure alquanto vicine, ci sarà almeno un salto di frequenza sproporzionato.
Oltre a questo poiché una delle proprietà principali delle scale è di "generare" accordi, se coaguliamo le note simultaneamente scegliendole attraverso schemi intervallatici, una scala di sole quattro note è in grado di fornire un'armonia povera per l'insita limitatezza di suoni permutabili e possibilità combinatorie. Una scala è innanzitutto una successione ascendente/discendente d'intervalli (distanze), infatti, si può far partire una scala da qualsiasi punto frequenziale (nota x) e determinare attraverso l'ordine intervallatico tutte le altre altezze (note).
Nella stragrande maggioranza dei casi abbiamo scale costruite nello spazio di un'ottava: sia nelle ottave successive sia nelle precedenti ripetono la stessa struttura intervallatica quindi le stesse distanze proporzionali, conseguendo le stesse note con frequenze raddoppiate e dimezzate. Pertanto una scala va sempre considerata come un segmento spaziale con un'origine e un punto di arrivo che di solito coincide con una nota di frequenza doppia (se si ascende) rispetto a quella di partenza (mentre è dimezzata se si discende).
Proprio per questo di solito non si concepisce correttamente quindi che una comune scala detta eptatonica (formata da 7 note) è di fatto compiuta con l'ottava nota. In una qualsiasi successione melodica è improprio definire consonante o dissonante il rapporto tra quelle stesse note, ma sarà possibile definirlo eventualmente riguardo alle simultanee note suonanti in quel momento: non esistono scale o melodie intrinsecamente dissonanti o consonanti.
Faccio notare pure che (semplificando pure la questione) una semplice scala Ionica sovrapposta su una basilare triade maggiore produce delle fortissime tensioni: la quarta nota dista un semitono dalla terza, e la settima nota un semitono dalla fondamentale dell'accordo (considerando una scala di almeno due ottave perciò in questo caso inferiore alla triade in oggetto). Di fatto se suoniamo una scala Dorica, che ha rispetto alla Ionica la terza e la settima minori, otteniamo una tensione in più sulla terza ma un forte alleggerimento di tensione sulla settima che dista dalla tonica un tono: praticamente pari e patta! Di queste relazioni ce ne sono innumerevoli, quindi attenzione: gli schemi vanno bene per funzionalizzare alcune procedure però approfondendo ci accorgiamo che le cose stanno in maniera diversa, più complessa ma anche più stimolante: gli schemi dovrebbero essere molti di più. Infatti, a fronte di questa scoperta, secondo che "colore" vogliamo ottenere, possiamo scegliere questa o quella scala senza andare contro la veralegge musicale!
Un'altra importante rivelazione è che una scala ascendente NON ha il medesimo senso musicale quando sarà discendente, infatti se per esempio consideriamo una scala Ionica ascendente quando arrivati all'ottava "torneremo indietro" la struttura intervallatica muta e diventa come una frigia ascendente; e viceversa.
SCALE MAGGIORI E SCALE MINORI?! Dobbiamo partire dall'assunto che convenzionalmente una scala, che nel nostro sistema tonale è la principale risorsa per realizzare melodie e improvvisazioni, è qualificata maggiore o minore (o altro) vagliando la distanza della terza nota rispetto alla prima: se è distante due toni è maggiore, se è distante un tono e mezzo è minore. Ma la cosa ha un senso limitato per vari ordini di motivi (considerando pure che di solito una scala è suonata sin troppo scalarmente come poco sopra ho evidenziato). Il primo motivo è che una scala pur avendo una relazione privilegiata con la tonica (la prima nota) proprio perché è una scala ha nelle note contigue i rapporti determinanti: è importante di una nota da quale è preceduta e da quale è seguita. La struttura intervallatica generale nel suo insieme della scala e percorso ritengo sia più rilevante del semplice rapporto delle terze con la tonica. È in ogni caso più che opportuno (oltre che doveroso) sapere di una scala i vari e relativi rapporti delle terze e di tutte le altre note rispetto la tonica, giacché la cognizione di suonare delle scale sovrapposte ad accordi o note è utile per creare consapevoli schemi di sonorità. Tuttavia quando consideriamo una scala come struttura melodica pura non ha molto senso pensare in termini di sonorità maggiore o minore rispetto alla tonica, perché è ben più importante sapere se la scala ha eventualmente delle assolute terze insite e non relative nella sua struttura sequenziale: queste assolute terze daranno sicuramente un formidabile carattere alla scala. Difatti la scala Minore Armonica e la scala Pentatonica hanno delle terze minori, e sono scale davvero peculiari! Anche per comodità di pensiero possiamo in ogni caso considerare gli agglomerati armonici di ogni scala come sintesi vaga ma utile per le applicazioni d'improvvisazione, composizione o quant'altro: ad esempio una scala Ionica si può coagulare come un accordo M7(2/4/6-8), oppure una scala Frigia come un accordo m7(b2/4/b6-8), o ancora una scala Minore Armonica come un accordo mM7(2/4/b6-8), o una Esatonale come aum.7(2/#4-8), e così via. Per avere queste corrispondenze armoniche-modali basterà semplicemente disporre in maniera verticale tutte le note delle scale in questione.
Va da sé che per ottenere davvero una seppur vaga percezione di questo o quell'accordo sia quantomeno preferibile suonare in maniera rapida e contigua (senza salti d'intervalli) le note delle scale. Nella nomenclatura di queste verticalizzazioni scalari ho pure tenuto conto dell'ultima nota (chiamata ottava), che di conseguenza ho redatto nella sigla degli accordi, seppur più piccola.
SCALE NON SCALARI Un importantissimo concetto è che se è vero com'è vero che una scala è una stringa intervallatica determinante delle precise altezze (note), una scala possiamo/dobbiamo considerarla come un contenitore di note, pertanto è possibile suonare esse non necessariamente in maniera sequenziale-scalare. Vale a dire che una semplice scala Maggiore possiamo suonarla in modo che non abbia quei rapporti intervallari che siamo abituati di ascoltare.
In questo esempio abbiamo la sequenza: 2m, 4, 2, 2, 3m, 2, 4 (ascendenti), 3m discendente, 2m, 3, 2, 3m, 3m (ascendenti), 4 aumentata, 3 discendenti. Tanto è vero che compositori e improvvisatori si servono degli arpeggi melodici per spezzare quella monotonia scalare che a volte accade… Questo non è certo male ed è il benvenuto, tuttavia è un sistema diverso da quello che voglio indicare poiché gli arpeggi sono di solito pensati schematicamente e quindi schematicamente eseguiti: sono in qualche modo non omogeneizzati con la scala ma frutto di una "verticalizzazione melodica", tanto efficace e affascinante quanto prevedibile nello svolgimento improvvisativo poiché sembra comunque una soluzione di continuità per la scala.
Insomma le note di una scala sono lì che aspettano di esser suonate in tutta libertà con qualsiasi combinazione, infatti, non dobbiamo eseguirle necessariamente con la successione di altezze che la scala istituisce facendoci suonare appunto pedissequamente scalari.
Il procedimento usato dalla maggior parte dei musicisti per imparare a emettere delle note che abbiano un senso musicale, da un qualsiasi strumento, è di apprendere delle scale ed esercitarsi per anni su e giù e giù e su, con percorsi predefiniti per memorizzarle ed eseguirle tecnicamente con sicurezza e compiacimento trascurando però altri percorsi. In seguito è naturale che faremo molta fatica ad affrancarci da quella pratica, pertanto per non sembrare elementari e manifestare più avvincente e ricco il nostro fraseggio (di là delle urgenze di ricerca ed espressive sempre ben accette) ricorreremo a degli espedienti: affastelleremo più scale per avere delle varianti soniche, e affabuleremo più note suonando di conseguenza sempre più rapidamente.
* Nella pratica musicale, soprattutto con l'avvento delle improvvisazioni Jazz, sin dalla metà del secolo scorso abbiamo interessantissime sperimentazioni per mezzo di libere e creative sovrapposizioni modali mediante linee melodiche tratte da varie scale messe in sequenza pure con toniche differenti dal tono di partenza (sfondo che può essere una nota, un riff, un accordo e finanche una sequenza di accordi tonale) pertanto immerse nel totale cromatico. Dunque le possibilità aumentano: da 29/30 (con le toniche corrispondenti il fondamentale sfondo armonico/melodico) si arriva così a un massimo di 321 stringhe di scale alle quali attingere per conseguire delle linee melodiche, quindi con le toniche delle scale che non corrispondono al tono fondamentale dello sfondo (variazioni cromatiche delle toniche scalari da qui in poi VCTS). Perciò considerando le scale più utilizzate summenzionate con tutte le loro traslazioni modali possibili e le VCTS, avremo molte scelte per poter configurare fraseggi interessanti e un po' ellittici rispetto alla classicità; anche se sempre, per la natura del metodo, tendenti alla scalarità. Non sono comprese le VCTS delle scale simmetriche ovvero la Cromatica, a Toni interi o Esatonale (esatonica) e quella Diminuita (octotonica) giacché sarebbe stato improprio calcolarle: avendo solo una classe d'intervallo (quindi naturalmente non varia il colore e senso nella formulazione prettamente scalare da qualunque parte s'inizia), se pur cambiassimo cromaticamente la tonica matrice di queste scale, le altezze in sé (le note vere e proprie) non cambiano, insomma suonano sempre appunto allo stesso modo (solo la Diminuita avendo un'alterità intervallatica in effetti ha 2 modi). I calcoli di fatto sono questi: 1 scala pentatonica cioè 1scalax5modix12toniche + 3 eptatoniche 3x7x12 + 2 esatoniche + 3 octotoniche 3x2 + 1 cromatica = 321. (420 se volessimo forzare con le improprie VCTS.) Quindi anche per questo motivo ci si è accontentati e ci si contenta tuttora di quelle pochissime scale a disposizione senza troppo cercarne altre. In pratica funziona come le trottole colorate: su un punto armonico/melodico (sfondo modale) si fa ruotare la trottola con molti (possibili) colori dipinti (scale e sequenze melodiche connesse), magari pure velocemente, ecco che appare un fantasmagorico arcobaleno (melodico). Si fa insomma l'inverso di quello che accade nel sistema tonale, dove la percezione melodica è arricchita anche se sono molto statiche sia la stringa melodica scalare (i pochi colori dipinti) sia ciò che spesso ne consegue ovvero le sequenze melodiche (il punto di rotazione), facendo piroettare la trottola con su però dipinti i vari e cangianti colori armonici accordali (sfondo tonale).