Se è vero come è vero che la qualità di un’opera è genericamente data dal suo tasso di originalità, Frank Zappa è riuscito a nobilitare il Rock attraverso quella procedura compositiva che questo genere, anche e soprattutto tramite lui, dalla metà dei ’60 ha applicato: la totale assenza di limiti (se non quelli dati dalle conoscenze, spessore e gusto dei musicisti) nell’andare a usare qualsiasi fonte per produrre musica. Dunque Zappa ha realizzato opere creative mediante un’intelligente decomposizione-composizione. E questo era talmente manifesto, che lo hanno subito capito tutti: non c’era bisogno di conoscere profondamente la musica e analizzare la sua, per cogliere l’enorme diversità tra lui e il resto del Rock.
0 Commenti
Jeff Beck ha iniziato verso la metà degli anni ’60 a farsi notare come chitarrista elettrico con spiccate doti tecniche e di fantasia, grintoso e sorprendente, sostituendo nel 1965 Eric Clapton negli Yardibirds: era il più moderno. Con l’avvento di Jimi Hendrix fece un passo indietro, si ripresentò nel biennio ’68/’69 con due dischi a suo nome, Truth e Beck-Ola, non così importanti, in ritardo rispetto a quello che stava accadendo: rock-blues cantato alquanto scontato con esigue impennate chitarristiche di livello...
David Crosby, Stephen Stills, Graham Nash e Neil Young, i CSN&Y, sono stati una tanto breve quanto strepitosa avventura musicale. Tutti chitarristi-cantanti e autori, hanno debuttato, senza Young, l’anno precedente con l’ottimo Crosby, Stills & Nash poi con Déjà vu, hanno assestato un gran colpo anche in termini di vendite: fu un successo; meritato. Loro arricchiti, ma pure il Rock con loro...
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Per vari motivi e circostanze la stima chitarristica di David Gilmour è un po’ sbilanciata: per circa trent’anni parecchio sottovalutato, da una ventina a questa parte un po’ sovrastimato… Un bravissimo chitarrista rock, tra i più completi perché in grado di destreggiarsi con perfetta efficacia nei tanti ruoli che di solito richiede un gruppo rock che non sia meramente immerso nella solidificazione hard, irrigidito nel Metal o conformato nel Pop.
Astronavi, propellenti speciali, rampe di lancio, sogni, visioni cosmiche… gli anni Sessanta ci hanno portato nello Spazio; chissà perché fu anche l’epoca della messa in orbita del Rock. Ci furono costellazioni di gruppi e movimenti, stili con stelle, meteore e comete, pletore di pianeti e satelliti; alcuni sparirono quasi subito, altri durarono molto; alcuni tuttora in orbita, ci girano intorno… Patto è stata una cometa inglese di tre dischi per tre anni (’70 - ’72): Patto (‘70), Hold Your Fire (‘71), Roll 'em, Smoke 'em, Put Another Line Out (‘72); pubblicato postumo a metà dei ’90 Monkey's Bum del ‘73.
Frank Zappa è stato uno dei geni della musica Rock; è una cosa risaputa, meno conosciuti i reali motivi. I suoi primi dieci anni di attività furono densi di opere innovative. L’iniziale periodo (debuttò discograficamente nel 1966) fu accompagnato dal gruppo delle Mothers of Invention; dopo qualche tempo proseguì anche parallelamente come “solista”, assoldando abilissimi esecutori per le sue complicate partiture musicali (occasionalmente ci fu qualche fuoriclasse come Jean Luc Ponty, George Duke e i fratelli Brecker).
Neil Young da mezzo secolo il cantautore-chitarrista dalla voce infantile e dalla chitarra, sia acustica sia elettrica, sempre colorata di grande rock. Questo artista scarmigliato (in tutti i sensi) è il precursore del grunge (ed estimatore del punk). Sempre piuttosto prolifico e attivo. Sembra un paradosso, ma Young, seppur fortemente ancorato alla tradizione, è ed è sempre stato un iconoclasta. Ciò ha fatto sì che le sue opere siano sempre state ben accette da alcuni, ma pure criticate da altri.
Ascoltai i Rush per la prima volta proprio all’indomani della pubblicazione di Moving Pictures (12 febbraio 1981). Mi piacque immediatamente la loro particolare miscela di netto hard rock con tracce di potenti e virtuosi innesti strumentali di matrice Prog e dintorni, quella strana e acuta voce del cantante bassista Geddy Lee, e che a suonare fossero solo in tre (il chitarrista Alex Lifeson e il batterista Neil Peart, oltre al già citato Lee); mi conquistò. Nel tempo mi persuasi che erano un gruppo notevole, e non solo un felice episodio musicale.
Gary Moore il chitarrista rock camaleonte per eccellenza; nel corso della sua lunga carriera, iniziata nei ’70 e continuata fino alla sua prematura morte avvenuta nel 2011, in tutti i generi e gli stili che ha affrontato, è sempre riuscito a ritagliarsi vaste porzioni di successo sia tra gli specialisti (i chitarristi) che di pubblico. Seppur impegnato a confrontarsi con bravissimi chitarristi, Moore è riuscito a emergere perché lui era una sorta di prototipo del potente chitarrista rock.
Il chitarrista-cantante-autore di origine scozzese John Martyn è stato un grande artista. Lo è stato non perché emozionava, comunicava ecc., quelli sono effetti collaterali. John Martyn è stato un grande artista perché è stato capace di scavarsi un’importante nicchia di creatività musicale sia come cantante sia come chitarrista sia, soprattutto, come autore di brani notevolissimi.
Tratto dal libro 📙 Eroi elettrici - I grandi solisti della chitarra Eddie Van Halen è sempre stato considerato il chitarrista che ha traghettato la chitarra rock dalla vecchia terra alla nuova, l’unico dopo Hendrix che sia riuscito a imprimere un’accelerazione, anche nel senso letterale del termine, alla crescita e maturazione del neorocker. In effetti l’arrivo improvviso e tumultuoso di Eddie nel 1978 con il primo LP dei Van Halen ha dato veramente uno scossone al vetusto e inaridito circo rock.
La grande famiglia del Rock si è nobilitata mediante alcuni artisti soprattutto all’inizio della sua grande avventura e quindi tra gli anni ’60 e ’70. Il florilegio di grande qualità realizzato in quegli anni è straordinario: la creatività sembrava inesauribile, e invece… Successivamente, negli anni ‘80/’90, di musicalmente rilevante è accaduto poco, qualcosa nell’ambito “elettronico”, la seconda ondata inglese, l’Heavy Metal, qualche isolato bagliore, impulso, e… basta. Dopo molte cose che, seppur gradevoli e ben realizzate, sono confezionamenti industriali di piccoli bocconi del luculliano banchetto passato.
I Grails sono un gruppo americano degli anni Duemila di Rock postmoderno ma di natura arcaica, poiché modali e dilatati, non basati sul fitto contrappunto medieval-rinascimentale né sul giroscopico e “moderno” sistema tonale: è la più rilevante proposta di questo decennio. I Can, nei primissimi anni ’70, hanno espresso in modo più completo di altri gruppi le caratteristiche del cosiddetto cosmic rock tedesco (o krautrock) che in quel tempo stava emergendo. Sperimentali e accattivanti, ottimi musicisti e capaci intrattenitori dal vivo, gli unici con strabico sguardo: un occhio in direzione dell’avanguardia stockhauseniana, mentre l’altro verso il dark magus Miles Davis; al centro un semplice e modale Rock cantato, perlopiù privo dei convenzionali giri di accordi. Qua e là hanno raggiunto alcuni esiti estetici non dissimili ai Pink Floyd.
I Gong sono un validissimo gruppo il cui periodo d’oro è legato agli anni ’70 ma che, al contrario di altri gruppi dello stesso periodo, è meno conosciuto e apprezzato profondamente. Il suo fondatore, Daevid Allen, cantante-chitarrista membro originale dei Soft Machine ma uscito dal gruppo prima dell’incisione dell’album d’esordio, ha ripreso la lezione zappiana (spirito freak e accostamenti pazzi) infarcendola e acidificandola con motivi psichedelici-orientaleggianti-fantascientifici pinkfloydiani (senza la paranoia dei Floyd ma con ironia) alternandoli a melodie infantili. Ipnotici e asimmetrici.
Il 12 gennaio 1969 esce per la Atlantic Records l'album di debutto dei Led Zeppelin. Siamo sul finire degli anni ’60, era il tempo in cui stava emergendo uno stile di musica più duro, che coniugava canzoni pop, ballate acustiche folk, R‘n’R e Blues. E i Led Zeppelin hanno fondato e sviluppato, insieme con altri, uno stile di Rock chiamato “hard”; successivamente faranno e saranno ben di più. I primi due dischi (tutti e due del 1969) sono orientati in rielaborazioni personali e un po’ sperimentali di hard R‘n’R e Blues: furono delle bombe.
Darmstadt, Germania, 1946, alcune persone stanno posando la pietra tombale sull’avvenuta tumulazione del secolare Sistema Tonale. In seguito, avrebbero ucciso e seppellito la giovanissima Dodecafonia… Le conseguenze dei loro "delitti" sono giunti fino a noi, nell’era Rock. Quella del Gruppo di Darmstadt fu una fucina musicale che segnò, nel bene e nel male, molto di ciò che avvenne poco dopo nel mondo della musica: dall’agonia della musica convenzionale prese vita un movimento di giovani compositori (Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, Henri Pousseur, Luciano Berio, Bruno Maderna e Luigi Nono) che, coagulatosi intorno ai corsi della “nuova musica”, cercarono moderne vie partendo dalle esperienze di Messiaen e Webern, dalla serializzazione integrale, proseguirono (ognuno per sé) con rigorose e complesse procedure per tentare di pervenire a una nuova strutturazione dello spazio e del tempo musicale, eliminando residui di discorsività propri della musica precedente. Parallelamente ci furono le esperienze della musica concreta (Parigi) ed elettronica (Colonia).
Il 9 dicembre 1966 la Polydor Records pubblica "Fresh Cream" album d'esordio dei Cream: Jack Bruce (basso, armonica e voce), Eric Clapton (chitarre e voce) e Ginger Baker (batteria). E’ stato il primo e più importante gruppo (in termini di qualità e successo) a coniugare la forma canzone (anche con asimmetrie metriche), il Blues e moduli improvvisativi differenti da quelli sino allora frequentati, ovvero più slegati dalle formule bluesy e del Pop, più vicini a quelli Jazz: tutti, pure basso e batteria, nel costante dialogo tra loro e non limitati a fare da statico fondale per la figura principale.
5 dicembre 1974, gli Yes, dopo i fasti del precedente anno con il tanto magniloquente quanto valido Tales From Topographic Oceans, e il poderoso triplo live Yessongs (che però nulla ha aggiunto), pubblicano negli Stati Uniti (era già uscito qualche giorno prima in UK) un disco che in modo alquanto diffuso è considerato ottimo, parente stretto di Close To The Edge. Rispetto al precedente hanno cambiato il tastierista: Patrick Moraz ha preso il posto di Rick Wakeman. Perciò Jon Anderson (voce), Steve Howe (chitarre), Chris Squire (basso) e Alan White, che aveva rimpiazzato il fuoriclasse Bill Bruford migrato nei King Crimson.
Il secondo disco della Jimi Hendrix Experience, Axis: Bold As Love, dei tre registrati in studio e pubblicati quando lui ancora in vita e quindi interamente legittimi, è forse quello meno celebrato; comunque amato e splendido. Siamo alla fine del 1967, e segue quello di esordio (Are You Experienced), a questo seguirà il più ambizioso Electric Ladyland; in circa due anni Hendrix ha gettato le basi della sua leggenda (certamente insieme con i suoi i suoi straordinari, trascinanti concerti).
Ogni tanto conviene tentare di fare chiarezza, aggirandosi tra le varie leggende che circolano da decenni nel mondo del Rock; saghe che alimentano mal comprensioni di cosa è il Rock, da cosa è formato, musicalmente intendendo. In special modo ne soffre il Progressive e dintorni… In passato abbiamo già affrontato il concetto di psichedelia, e mostrato come sia scorretto correlare questo termine a un genere o a un qualcosa di endemico del Rock; eventualmente da associarlo a un connotativo stilema inter-genere definito da alcune caratteristiche soniche.
|
Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
Archivio
Maggio 2024
Categorie
Tutti
|