Capolavoro! Oggigiorno si fa troppo presto a dirlo; spesso impropriamente e a tutti i livelli, a cominciare da quello lessicale. Un perfetto abuso: proferire questa parola in modo così frequente, che è diventato un modo di dire, è quasi sempre una totale contraddizione, svilendone così il suo importante significato*. Revolver (1966) e The Piper at the Gates of Dawn (1967) sono due dei capolavori realizzati da Beatles e Pink Floyd nel corso della loro attività. Dunque anche capolavori assoluti nel loro ambito. E nel sostenerlo, di là dell’inflazionato termine, sappiamo di essere ben poco eccentrici. È cosa conclamata.
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Love Devotion Surrender dei due chitarristi John McLaughlin e Carlos Santana da quando fu pubblicato (luglio 1973*, registrato autunno '72) è stato un disco controverso, chi lo ha inneggiato e chi ne è rimasto deluso; io sono stato tra quelli più insoddisfatti che entusiasti.
Ma Love Devotion Surrender è un gran disco, e vi dirò perché. Santana (I) 1969, Abraxas (II) 1970, Third (III) 1971; oggi, aprile 2016, Santana IV. Questo disco, realizzato 44 dopo la sua eventuale naturale nascita, si può “leggere” e giudicare in tre modi diversi:
Il 26 Marzo 1976 esce l'album Amigos di Carlos Santana. Ecco la storia di questo disco tratta dal mio libro Musica '70. Dopo l’insuccesso commerciale del disco “Illuminations”, ma soprattutto dopo quello parziale di “Borboletta” (album molto venduto in Europa e soprattutto in Italia, poco in America), Carlos era fortemente pressato dalla casa discografica; d'altronde intorno al ’75 faceva dei tour come spalla agli Earth Wind & Fire e a Eric Clapton!
Il 15 febbraio 1974 esce "Burn", ottavo album in studio dei Deep Purple e primo disco della cosiddetta Mark III (con il nuovo cantante David Coverdale ed il nuovo bassista/cantante Glenn Hughes).
Il Jazz è un genere unico. È diverso dalla Classica, dal Rock, dal Funk ecc. per una precisa caratteristica: la grande differenza che esiste nelle proporzioni di variazioni estemporanee (improvvisazione) del prestabilito brano da eseguire. E non solo per quanto concerne gli assoli, la loro presenza e quantità, ma anche per gli apporti dei singoli “accompagnatori” il solo o il tema.
Bowie il grande; straordinario “visual” personaggio, cantante-autore con una dozzina di brani famosissimi sparsi nei quattro angoli del globo nei (quasi) cinque decenni di attività. Del suo resto, la massa distratta conosce poco. La massa del suo resto è pregiato Rock cantato, affascinante ambiente sonico che andrebbe conosciuto meglio. Lui è sempre stato personaggio “celeste”, ellittico, legato a orbite straniate e stranianti. E’ sempre stato di superficie curva e cupa e abissi non proprio lucenti.
Il 2 Febbraio 1976 esce "A Trick of the Tail". Da più parti considerato un disco minore dei Genesis e del Prog in generale, in realtà “A Trick of the Tail” è un'opera di grande pregio.
L’autorevolezza, in qualsiasi disciplina, è data da un’evidente competenza che a sua volta è frutto di studi, percorsi e quindi esperienze specifiche attinenti alla grammatica, al linguaggio e alla storia di quella data disciplina. Analisi e sintesi di realtà sia del micro sia del macro, che conducono ad appropriate disamine in cui ci sono necessariamente dei giudizi: la differenza tra opinioni, dettate da limitate esperienze percettive, e valutazioni oggettive risiede in questo. Non comprendo il perché molte persone facciano una strenua resistenza nel riconoscere l’autorevolezza di altre.
Quando ascolta musica, il fruitore comunemente si avvale di questi parametri:
Tanto per capirci, ciò corrisponde ad ascoltare qualcuno che parla con un personale timbro di voce, piano-forte, veloce–lento, insomma con un caratteristico ritmo e articolazione, quindi a percepirne inflessioni e intonazioni, ma in una lingua che non si conosce e pertanto non capirne il contenuto.
Prima di iniziare la lettura di questo articolo, ci sono delle doverose premesse da fare, oggettive e soggettive, ma che metto in fondo per andare subito alla ciccia… Ma credo pure che sia interessante andarsele a leggere. Però un preambolo lo faccio: Stefano Bollani come musicista lo stimo senza riserve. Il suo libro “Parliamo di musica” (con la collaborazione di Alberto Riva) pubblicato dalla Mondadori (collana Ingrandimenti) è infestato da affermazioni contraddittorie, talvolta incomplete o inesatte. Bollani, che molti conoscono come un ottimo pianista e conduttore-divulgatore di ”musica e dintorni”, si cimenta come scrittore per tentare di spiegarci come lui intende la musica… Purtroppo la sua esposizione è piena di dati scorretti e lacune di pensiero, diffusi svarioni grammaticali, negligenze logiche e sintattiche; c’è pure un disordine strutturale che pervade tutto il libro. Il testo credo che sia soprattutto rivolto ai lettori meno esperti di musica, e speriamo che anch’essi si affranchino e non si lascino abbindolare dalla simpatia di alcuni temi di fondo e dallo stile “di strada”, amichevole e colloquiale dello scritto dell’autore. Without a Net è il nuovo disco di Wayne Shorter: quest'anno compie 80 anni e si dimostra capace di intendere e di volere di musica molto, ma molto di più, di un qualsiasi giovane, seppur bravo. Sia la forza nelle perfomance sia la capacità di progettare e di dirigere gli altri 3 grandi musicisti (Danilo Perez al pianoforte, John Patitucci al contrabbasso e Brian Blade alla batteria, che nel tempo di una dozzina di anni hanno registrato con lui altri 3 dischi), dimostrano la grande salute di questo gigante della musica del '900. Without a Net è un disco, registrato dal vivo, di prezioso e moderno jazz; vivo in tutti i sensi. Gran disco questo; ma relativisticamente parlando (per dirla alla Ratzinger). Fatto salvo (parzialmente) il brano Pegasus, nulla aggiunge; anzi toglie a se stesso e in senso assoluto alle potenzialità di composizione e ricomposizione (arrangiamento) dei brani che ha riproposto. Insomma, classica, jazz e rock hanno tutte e 3 delle fantastiche peculiarità, ma Shorter del rock, e quindi ai ritmi, timbri e sintesi formale ed espressiva, vi ha qui affatto rinunciato. A differenza di altre arti, in musica si possono produrre nuove opere partendo da quelle preesistenti senza che questo sia tacciabile di scorrettezza, anzi, non di rado, si sono concretati degli arrangiamenti molto interessanti, rasentando delle artistiche realizzazioni. Avendo a disposizione una moltitudine di fattori ed elementi musicali, si possono attuare tantissime variazioni della matrice originale, operando cambiamenti anche radicali e, di fatto, reinventando il brano giacché in sostanza (parzialmente) ricomposto. Colgo l’occasione per segnalarvi un eccellente artista e in particolare un suo straordinario CD: lui è il chitarrista franco-vietnamita Nguyèn Lè, e il CD si chiama “SONGS OF FREEDOM”.
Quest’opera è stata registrata e pubblicata dalla casa discografica tedesca Act nel 2011, e contiene arrangiamenti che sono delle vere e proprie ricomposizioni di classici della musica Rock e Pop: Eleanor Rigby, I Wish, Black Dog, Pastime Paradise, Mercedes Benz, Move Over. Whole Lotta Love, Redemption Song, Sunshine of your Love, In A Gadda da Vida, Come Together. |
Carlo Pasceri
Chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore. TEORIA MUSICALE
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Aprile 2024
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